La protezione delle navi mercantili dalla pirateria: modernizzare la legislazione italiana sulla security

Il ministro Terzi al Senato ammette l’impotenza. Europa, la grande assente

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Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono i due fucilieri di marina del Battaglione San Marco agli arresti in India perché accusati di aver ucciso due inermi pescatori, nel corso dell’azione di respingimento di un arrembaggio alla petroliera “Enrica Lexie”. Dalla posizione della nave sui sistemi di posizionamento satellitare, sembrerebbe evidente che (ammesso e non concesso lo scontro abbia davvero coinvolto la nave italiana) i fatti siano avvenuti in acque internazionali. Ne conseguirebbe la competenza dello Stato di bandiera della nave, ossia l’Italia, secondo le norme del diritto internazionale e specificamente della Convenzione delle nazioni Unite sul diritto del mare sottoscritta a Montego Bay nel 1982, entrata in vigore nel 1994, firmata e ratificata da India e Italia.

Il governo dello Stato indiano del Kerala sta dunque violando il diritto internazionale deliberatamente e sta mettendo in difficoltà il governo federale di New Delhi (soggetto di diritto internazionale potenzialmente parte di una controversia legale di fronte al Tribunale dell’Aja o di una disputa diplomatica in ambito di Nazioni Unite), ma è evidente un uso strumentale dei fatti in un’ottica di lotta politica interna (sono vicine le elezioni), anche con l’obiettivo di colpire una nota italiana d’India, Sonia Gandhi.

L’inganno con cui il comandante della “Enrica Lexie”, Umberto Vitelli, è stato convinto a entrare nelle acque territoriali indiane e ad aderire alla richiesta di cooperazione formulata dalla Guardia Costiera; il successivo “assalto” di trenta uomini armati per prelevare, con forza soverchiante, i nostri due marines impossibilitati a resistere in modo non violento, attesa l’impraticabilità dell’uso della forza; le irrilevanti rimostranze opposte dai diplomatici italiani presenti sul terreno: in altri tempi fatti del genere si sarebbero chiamati con termini precisi (e così sono qualificati dal diritto internazionale): atti ostili o di aggressione. La cooperazione economica internazionale e transnazionale impone oggi di cambiare la terminologia, ma i fatti restano tali anche se li chiamiamo in modo diverso. Comunque, ci sono due figli d’Italia (non due pupazzetti…) ingiustamente trattenuti in India. E non si tratta di propugnare un nazionalismo fuori dalla storia, ma di obiettività.

Ma c’è un’altra preoccupante circostanza che si desume dalla relazione del ministro degli esteri italiano, Giulio Terzi di Santagata, resa ieri di fronte all’aula del Senato e confermata oggi alla Camera (doppia audizione, tempo inutilmente perso: bicameralismo perfetto da riformare subito). Il ministro Terzi ha affermato chiaramente che, ”come ministro degli Esteri non avevo titolo, né autorità, né influenza per modificare le decisioni del comandante della Enrica Lexie”. Dichiarazione che fa emergere drammaticamente il cortocircuito giuridico innescato dalla Legge 130 del 2011, istitutiva dei Nuclei Militari di Protezione deputati alla scorta del naviglio mercantile operante in zone a rischio pirateria. I militari presenti a bordo delle navi italiane sono coordinati dalla Marina Militare, quindi dal governo della Repubblica, ma il comando dell’imbarcazione rimane del comandante (che risponde all’armatore) anche in situazioni di crisi.

Non si può peraltro biasimare la società armatrice della “Lexie”, che con una certa consuetudine fa scalo nei porti indiani, perché se non avesse adempiuto alle richieste della Guardia Costiera indiana, avrebbe certamente aperto le porte a future ritorsioni di ogni ordine e grado. Con pesantissime conseguenze economiche.

La petroliera italiana "Enrica Lexie"
La petroliera italiana “Enrica Lexie”

La questione di fondo è che la legislazione italiana in materia di security non è adatta al mondo odierno, ma si è fermata a un sistema internazionale e transnazionale che non esiste più. In Italia è ammessa la scorta di beni, non di persone, e da questo dipende che sul territorio nazionale – quale è anche una nave mercantile all’estero – nessun civile potrà mai utilizzare armi pesanti (in Italia classificate “da guerra”) per scortare e difendere navi ed equipaggio dall’attacco di pirati. Contrariamente a quanto avviene in altri Paesi dell’Unione Europea, dove la legislazione ammette il ricorso alle società private di security ovvero non norma, lasciando liberi gli armatori di organizzarsi come credono (in base ai principi generali di ciascun ordinamento).

La legge 130 del 2011 ha creato una situazione paradossale, perché impone un monopolio di fatto a favore della Marina Militare, incompatibile con le norme europee, perché la Marina Militare agisce come impresa commerciale. Ma i militari, latu sensu, esprimono la politica militare e fanno parte degli strumenti di politica estera dello Stato, non possono essere soggetti attivi nelle politiche commerciali delle imprese private. Tutto fila liscio finché non si verifica uno scontro, si complica in modo assurdo in caso di incidente mortale.

Ancora, la convenzione stipulata tra Marina Militare e Confitarma, stipulata nell’ottobre dello scorso anno,  conferma che il comandante del NMP (Nucleo Militare di Protezione) in servizio di scorta ha la guida operativa nell’organizzazione delle misure di sicurezza e difesa della nave, ma il Comandante della nave mantiene il governo generale. Nulla è detto per i casi di emergenza. Agli armatori è prescritto un dovere informativo verso la Marina Militare, ma con ampia autonomia decisionale.

Questa inadeguatezza normativa è completata dalla generale ignoranza dei deputati nazionali sull’argomento, malgrado la legge 130 sia stata approvata proprio da loro. Si va dalla “originale” richiesta di  “fare chiarezza” del capogruppo dell’IdV al Senato, Felice Bellisario, alla puntuale analisi (sic) del responsabile sicurezza del PD, Emanuele Fiano, secondo il quale «il problema della catena di comando che deve gestire la presenza di nostri militari armati a bordo di navi italiane in acque a rischio di pirateria è questione che deve essere affrontata in Parlamento. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte ad una contraddizione esistente tra la funzione militare dei nostri soldati e il comando civile della nave a bordo della quale si trovano». Ottima osservazione, se non fosse stato il Parlamento ad approvare una legge (la 130) che non risolve la questione su chi comanda una nave mercantile in situazione di attacco pirata, con i nostri militari schierati a difesa del naviglio.

Difficile qualificare la dichiarazione di Francesco Rutelli, leader dell’API, secondo il quale il governo italiano  «deve valutare le azioni politiche, diplomatiche, economiche o di altra natura da prendere». E quali “azioni di altra natura” dovrebbe prendere il governo? Dichiarare guerra all’India? Ma non è migliore la posizione del capogruppo del PdL alla Camera, Fabrizio Cicchitto, che non sa o fa finta di non sapere cosa stabilisce la legge 130 e come non consenta di fatto agli armatori di stipulare contratti con operatori di sicurezza privata (intervento a Matrix, Canale 5, del 13 marzo 2012).

Il legislatore avrebbe dovuto, a nostro avviso, stabilire espressamente (1) o la preminenza del comando militare di teatro in situazioni di crisi e quindi la subordinazione del comandante della nave al comandante del NPM operante in loco; ovvero (2) la libertà degli armatori di richiedere la prestazione di servizi di sicurezza a società private, rendendo possibile l’utilizzo di tutte le armi e gli strumenti necessari alla difesa della nave (uso soggetto a semplici meccanismi di controllo a tutela della legalità e della sicurezza pubblica). Ci sarebbe stato un terzo modo per evitare malintesi o incidenti internazionali che lasciassero adito a interpretazioni discutibili: dichiarare con una legge apposita uno status militare provvisorio delle navi mercantili operanti in zone a rischio pirateria, ma è ovviamente un’iperbole.

Invece, il governo precedente ha inserito le norme sui NMP nel decreto di rifinanziamento delle operazioni di Peace Enforcing internazionali promosse dall’ONU, non dal Comune di Roccacannuccia, dimostrando di non avere neanche idea della complessità specifica del problema pirateria.

Insomma, ancora una volta la classe dirigente di questo Paese si sta distinguendo per incompetenza, approssimazione, incredibile faccia tosta. Un apparato che costa al contribuente una pressione fiscale asfissiante non riesce a formulare norme chiare e puntuali, in modo trasparente e responsabile. Se volete verificare come è scritta una legge, ve ne diamo la possibilità nel documento allegato. Sfidiamo i cittadini normali (ossia chi non ha studi giuridici alle spalle) a capirci qualcosa. Si potrebbe dire, per sintetizzare, tasse danesi, servizi da terzo o quarto mondo. Quanto potrà durare ancora?

C’è però una grande assente in questa storia: l’Europa. I cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea possono chiedere assistenza al di fuori del territorio dell’Unione alle autorità diplomatiche di uno dei Paesi membri, che hanno il dovere di assisterli. I cittadini degli Stati dell’Unione Europea viaggiano con un passaporto uguale. I cittadini dell’Unione Europea contribuiscono indirettamente al bilancio comunitario con le proprie tasse e mantengono un apparato burocratico elefantiaco, ormai quasi autoreferenziale, che si atteggia nei loro confronti peggio di uno Stato unitario di stampo napoleonico, non con la leggerezza, l’efficacia e l’efficienza di uno Stato quasi-federale eretto sul principio di sussidiarietà. I costituzionalisti europei sostengono che l’Unione Europea ha superato la forma confederale e si trova in mezzo a un guado, verso un sistema federale, assai pericoloso, perché lento e non chiaro.

Eppure, Lady Ashton, Alto rappresentante della politica estera dell’UE, al termine del recente incontro con il presidente del Consiglio Mario Monti ha dichiarato con saccenza: «questo incidente va inserito nel piu’ vasto contesto della cooperazione internazionale contro la pirateria e piu’ specificatamente nel quadro delle regole per la protezione a bordo della navi, che si tratti di distaccamenti militari o di guardie armate messe sotto contratto privatamente, attraverso le diverse discussioni attualmente in corso con i nostri partner internazionali». La scoperta dell’acqua calda. Ma di azione concreta, nothing under the sky…

Non sarà il caso, Lady Ashton, di razionalizzare il sistema europeo e di darci un governo vero, un parlamento vero e Forze Armate europee, per affrontare meglio le insidie e le minacce di un mondo che non ha più i confini definiti di una volta? Anche in questo caso, il quesito è lo stesso: quanto potrà durare ancora, prima che i cittadini reagiscano negativamente verso l’integrazione europea, l’unico processo politico serio, storicamente rilevante e pacifico avviato in Europa negli ultimi 100 anni?

Ultimo aggiornamento 15 Marzo 2012, ore 22.07 | © RIPRODUZIONE RISERVATA

Articolo pubblicato originariamente qui

Documenti

Legge 2 agosto 2011, n. 130: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonche’ delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia e disposizioni per l’attuazione delle Risoluzioni 1970 (2011) e 1973 (2011) adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Misure urgenti antipirateria. Scarica il testo in formato pdf

John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.