Benedetto XVI, il Papa del Grande Esempio. Si apre il Secondo Umanesimo

Editoriale – La Chiesa di Roma nel XXI Secolo

Le annunciate dimissioni dal Soglio Pontificio aprono una nuova era storica: la persona umana è santa anche se umana

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L’11 febbraio del 2013 non sarà più una delle tante ricorrenze della sottoscrizione dei Patti Lateranensi tra Chiesa di Roma e Stato italiano, un fatto storico passato ieri in secondo piano. Questo giorno passerà alla Storia come il giorno delle dimissioni di un Pontefice romano, Benedetto XVI, di fronte alla platea globale. Un fatto ripetutosi poche volte – l’ultima nel 1415 ai tempi dello Scisma d’Occidente (Giovanni XII) – ma mai in “tempo reale”.

Joseph Ratzinger è stato considerato un cardinale conservatore, al limite del reazionario, fondamentalmente per la sua opposizione al relativismo imperante. Eppure, eletto Vescovo di Roma, ha saputo prendere su di sé il peso di molte delle accuse rivolte alla Chiesa, soprattutto quelle derivanti dallo scandalo pedofilia, una macchia di peccato nel clero e un tormento di dolore per chi ne è stato coinvolto. Peso che Benedetto XVI ha portato con pazienza, ma senza lesinare colpi ferali alle comunità ecclesiastiche colpite da questa piaga vergognosa, segno della presenza del male anche negli uomini che rappresentano – o meglio, dovrebbero rappresentare – l’espressione terrena dell’Amore di Dio.

Un conservatore di principi e un innovatore delle pratiche, forse assurto al soglio papale in età troppo avanzata per guidare con mano ancor più ferma la barca di Pietro fuori dalle secche etiche in cui il peccato sta per condurre un miliardo di cristiano-cattolici. Il male mette a repentaglio la vita della Chiesa.

La consapevolezza di questa inadeguatezza fisica ha spinto dunque Joseph Ratzinger (e al di là delle dichiarazioni ufficiali) a valutare l’unico atto rimasto a un uomo solo, decidere di lasciare il trono pontificio per limiti di età. E di farlo nel momento storico in cui le moderne tecnologie dell’informazione azzerano di fatto il gap temporale tra un fatto (quale che sia) e la divulgazione della notizia, a prescindere dal medium.

Un gesto di viltà, come quello attribuito a Celestino V, onorato e “riabilitato” proprio da Papa Ratzinger con la deposizione del pallio sulla tomba dell’eremita di Morrone il 28 aprile 2010? Ovvero un atto di grande responsabilità, assunto nel pieno possesso delle proprie facoltà fisiche e intellettuali, “per il bene della Chiesa”?

Malgrado il gesto di venerazione sulla tomba di San Pietro Celestino, noi crediamo che le annunciate dimissioni di Benedetto XVI siano un grande segno di coraggio e di esempio. Benedetto XVI ha compiuto un atto coraggioso, perché innova con forza serena la prassi plurisecolare della Chiesa, secondo cui un papa succede a un altro papa solo in caso di morte del predecessore; e un atto di grande esempio, perché implica un cambiamento di prospettiva antropologica del papato, lo rende più vicino agli uomini “ordinari” e alza l’asticella del possibile. Da ieri in poi, chiunque nella gestione del potere, in ogni ambito, si dovrà confrontare con Joseph Ratzinger e con la sua presa di coscienza che non si può – e forse non si deve – essere uomini per tutte le stagioni, che si deve accettare la limitatezza della vita umana e che in un mondo mutevole alla velocità impressa dalle tecnologie chiunque deve comportarsi in modo responsabile, perché le azioni di tutte sono interconnesse e influenzate reciprocamente.

Un insegnamento che non è rivolto solo ai politici italiani, i più immobili di tutto l’Occidente, ma è diretto al mondo intero e vuole rendere evidente la santità insita nella persona umana, degna del rispetto in quanto tale e in tutte le tappe della vita, dalla nascita all’inevitabile declino terreno.

Un nuovo umanesimo laico, ancorché proclamato da un dottore della Chiesa Cattolica, forse il più lucido e importante intellettuale contemporaneo. Un atto che rompe le certezze di tanti (significativo il turbamento del grande imam dell’università di al-Azhar, Ahmad el Tayyeb), avvicina le chiese cristiane sorelle (come dimostra la “comprensione” espressa dall’Arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, o l’omaggio del metropolita Ilarione, del patriarcato di Mosca, al “coraggio personale e all’umiltà” del pontefice uscente), evoca l’ammirazione espressa dai “fratelli maggiori ebrei” per il contributo impresso al dialogo interreligioso tra Cristianità, Ebraismo e Islam.

Un conservatore rivoluzionario, Joseph Ratzinger, una contraddizione in termini per tempi difficili vissuti dal mondo intero, squassato da diseguaglianze crescenti, declini apparentemente inevitabili, classi dirigenti cieche e ottuse nel perseguire finalità volte al miglioramento della vita dei cittadini, ma che si trasformano in strumenti di ulteriore impoverimento.

Dimettendosi con precisione teutonica – dalle ore 20 del 28 febbraio 2013 – Benedetto XVI ha inteso rivolgere al mondo un grande messaggio di umiltà: al mondo, tutti siamo utili, nessuno è indispensabile. Neanche un papa. Solo Dio, Padre Onnipotente, lo è.

Si aprono dunque scenari inediti, perché a rigor di diritto canonico, il papa dimissionario non perde la qualità di pontefice, ma perde solo i poteri di governo, che saranno assunti dal Papa Re eletto dal conclave. Servirà alla Chiesa di Roma un uomo giovane, ma non troppo, aperto alla modernità del mondo e in grado di assumerne la guida per riportare ordine e disciplina, azzerare quello spread etico che la divide in apparenza dalle genti più umili e più soggette al fascino delle nuove sette.

Il conclave prossimo venturo avrà il compito di consegnare alla Chiesa una guida forte e generosa, limpida e comprensiva, inattaccabile sotto il piano etico e in grado di ridurre il male a livello asintotico, comprimerlo in un ambito di inattività, per sedare i tanti dolori causati da uomini in abito talare.

Per la Chiesa di Roma, il XXI Secolo si aprirà a Roma alle ore 20.01 del prossimo 28 febbraio, dopo nulla sarà come prima. Che lo Spirito Santo illumini tutti e guidi il collegio cardinalizio su un nome santo, in grado di reggere la sfida storica cui sarà chiamato il prossimo Vescovo di Roma.

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