Lo strano caso del MUOS, devastante in Sicilia, ma non in Australia, alle Hawaii e in Virginia

Una campagna di disinformazione contro gli USA, la NATO e la sicurezza nazionale. Come ai bei tempi dei Pershing a Comiso, la “meglio gioventù” in campo…

Gela – “Il MUOS uccide in silenzio a Niscemi” ha titolato ‘Giornalettismo’ il 1° febbraio scorso. ‘Il Fatto Quotidiano” invece ha appaltato la materia a una testata on line di Catania, CZen, titolando significativamente “Muos di Niscemi, Crocetta blocca i lavori. Ma gli americani vanno avanti lo stesso”, mentre il giorno dopo LinkSicilia si è affidato all’ironia: “Il Muos? Lo ha voluto il Governo italiano e non gli americani”.

Un crescendo rossiniano, fino all’epilogo semicomico, nel caso ci fosse da ridere, di ieri mattina quando il funzionario della Regione Pasquale Calamia, collaboratore dell’assessore regionale al Territorio e Ambiente Mariella Lo Bello, si è presentato ai cancelli della base di Sigonella, sede del 41° Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana e Naval Air Station della US Navy, per consegnare il plico contenente la revoca delle autorizzazioni per proseguire i lavori di realizzazione del radar Usa Muos di Niscemi. Non lo hanno neanche fatto entrare, come era immaginabile succedesse.

Nella prima serata di ieri, uno spiraglio di saggezza: dal Consolato Generale di Napoli i collaboratori del console, Donald L. Moore, hanno contattato la presidenza della Regione Sicilia, invitando il presidente Rosario Crocetta a un colloquio. Facile immaginare che non ci andrà e, semmai, convocherà il console, reclamando le proprie prerogative presidenziali della Trinacria Felix.

Cos’è il MUOS – Il Mobile User Objective System  (MUOS) è un sistema ad altissima frequenza costituito da quattro satelliti e da quattro stazioni di trasmissione terrestri: l’Australian Defence Satellite Communications Station a Kojarena (a circa 30 km a est di Geraldton, Australia occidentale); il Naval Radio Transmitter Facility (NRTF) di Niscemi, a circa 60 km dalla Naval Air Station di Sigonella, in Sicilia; in una zona imprecisata del Sud-Est della Virginia, presumibilmente nei pressi di Norfolk, sede della Seconda Flotta della marina statunitense; infine, il “Naval Computer and Telecommunications Area Master Station Pacific” nelle isole Hawaii, a Wahiawa (circa 20 km a nord-ovest di Honolulu). Zone ad elevata densità urbana, se si eccettua la base in Australia, posta a circa 30 km da Geraldton, città di circa 30.000 abitanti.

La base MUOS di Kojarena, Australia Occidentale (su Google Map)

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La base MUOS di Wahiawa, nelle Hawaii, a pochi chilometri da Honolulu (su Google Map)

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La zona del sud-est della Virginia, dove presumibilmente si trova la base MUOS in Nord-America. La zona di Norlfok (sede della Seconda Flotta dell’Atlantico) è ad alta densità abitativa e ad alto tasso di presenza militare e di impianti strategici (su Google Map)

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A che serve il MUOS? – Il MUOS serve a garantire sia la capacità di comunicazione tra i sistemi di comando e controllo e le truppe dispiegate sul terreno (o il naviglio impegnato in alto mare), con alto grado di precisione e velocità, anche nel trasferimento dati; sia per implementare la capacità di intercettazione delle comunicazioni, nell’ottica della prevenzione delle minacce derivanti da Stati o da gruppi terroristi sostenuti da Stati che supportano in modo occulto il terrorismo internazionale. È dunque un sistema che amplifica le potenzialità C4ISTAR (Comando, Controllo, Comunicazione, Computer in funzione dei dati di Intelligence raccolti attraverso la Sorveglianza, l’Acquisizione dei Target e il Riconoscimento delle minacce). A noi, normali cittadini, può dire poco, ma per i reparti schierati in Afghanistan (su mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, non per decisione del sindaco di Roccapalumba…) può fare la differenza tra la vita e la morte.

I pareri “scientifici” sul MUOS – Nella comunità scientifica non c’è unanimità di giudizio sulle conseguenze per la salute delle popolazioni residenti attorno alla base. In Sicilia, terra di colori forti, qualcuno ha perfino sostenuto che le emissioni radar delle antenne possano far friggere la pelle delle persone, mettere in pericolo le comunicazioni aeree (mettendo a repentaglio l’apertura dell’aeroporto di Comiso) e esporre 300.000 persone a rischi di neoplasie di ogni genere. Il comune di Niscemi, nel cui territorio sorge la base della US Navy in cui si stanno montando le antenne MUOS, ha dato mandato a due esperti in radiofrequenze del Politecnico di Torino, Massimo Coraddu e Massimo Zucchetti, secondo il quali“I valori di campo elettrico sono prossimi alla soglia di attenzione: i pochi dati sicuri emersi nel corso dei rilievi hanno mostrato un chiaro superamento dei livelli di sicurezza previsti per la popolazione, già con l’impianto nella sua configurazione attuale”, ha sostenuto Coraddu. “Se le emissioni, anche non intense, sono continue, è noto che a lungo andare possono esserci anche problemi sanitari, come l’insorgere di alcuni tumori” haconcluso.

La posizione di Coraddu non è sposata dalla comunità scientifica generale. Di particolare rilievo sembra la posizione di Alessandro Polichetti, direttore del reparto di radiazioni non ionizzanti dell’Istituto superiore di sanità, il quale ha messo in evidenza che con esposizioni tra 20 e 200 volt al metro non sono possibili gli effetti termici che determinerebbero un sensibile rischio per la popolazione. Del resto, la soglia di 6 volt al metro prevista dalla normativa vigente (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio 2003, consultabile a http://www.iss.it/binary/elet/cont/DPCM_1.1202383676.pdf) è significativamente bassa. “la normativa italiana è più cautelativa di quella internazionale perché tiene conto in qualche modo degli effetti a lungo termine che ancora non sono stati accertati” afferma Polichetti, secondo il quale “se si resta al di sotto del limite di esposizione di 20 Volt al metronon c’è alcun danno conosciuto dovuto all’esposizione ai campi elettromagnetici”.

Il pericolo di un fascio radar rivolto al cielo, in direzione dei satelliti della costellazione MUOS e dunque tutto da dimostrare. Ma non c’è dubbio che ogni pericolo per la popolazione debba essere escluso oltre ogni ragionevole dubbio.

La logica contro i NOMUOS e il pacifismo militante – Discutere con gli esponenti del movimento contrario all’istallazione delle antenne MUOS è quasi impossibile, perché la discussione è ad alto tasso ideologico. Però capita di imbattersi sui social network anche in qualche persona ragionevole, nel senso di “aperta al confronto su basi logiche”.

La prima contestazione possibile è quella che fa ricorso al principio di ripetizione dei dati scientifici. A parte Niscemi, le altre tre basi del sistema – Kojarena (a circa 30 km a est di Geraldton, Australia occidentale), Norfolk, in Virginia e Wahiawa, nelle Hawaii – sono collocate in zone altamente popolate. Non risulta dalla pubblicistica internazionale alcun aumento significativo delle malattie potenzialmente connesse all’esposizione da radiofrequenze. Inoltre, in due di queste basi – quella di Norfolk (Virginia) e quella di Wahiawa (Hawaii) – si trovano al centro di un intenso traffico aereo e non risultano disturbi di sorta alla navigazione aerea (anche militare).

Se dunque il MUOS fosse pericoloso per la popolazione di Niscemi, dovrebbe esserlo anche per quella australiana, quella statunitense della Virginia e delle Hawaii (peraltro zona ad alto flusso turistico).

Di fronte a questo ragionamento basato sulla logica, l’approccio dei NOMUOS cambia e valica la scienza, per poggiarsi sui più comodi fondali dell’ideologia. “Che ci guadagna la Sicilia ad avere il MUOS? Niente, anzi al contrario ci perde, perché diventa obiettivo militare ed espone tutta la popolazione al rischio di una ritorsione convenzionale e non convenzionale”.

Il che peggiora la posizione illogica di questo movimento, che si contraddice e non se ne rende conto: dunque, se una minaccia viene riversata sulla Sicilia per effetto dell’istallazione del MUOS, allora significa che la minaccia è pre-esistente e risulta velleitario pensare che la Sicilia non sia già nel mirino di qualcuno.

Scatta allora il “terzo stadio” della protesta, l’antiamericanismo militante, che assume però la forma del tafazzismo geopolitico: il MUOS serve tanto agli Stati Uniti quanto agli alleati della NATO.

Infine, qualcuno onesto intellettualmente si reperisce anche in rete. Franco Portelli, sulla testata on line “Ragusa Oggi” il 26 settembre scorso scrisse un articolo significativo fin dalla titolazione. Occhiello: Siamo e saremo sempre “Contro”. Titolo: MUOS AD HONOLULU: QUANTI MORTI CI SONO STATI?

È interessante tutto l’articolo, perché confuta le tesi catastrofiste, ma la chiusura dell’articolo è tanto significativa da meritare di essere riportata: “Ora a parte il fatto che ad Honolulu e Waiawa la mortalità è perfettamente identica a quella di tutte le isole Hawai che prove ci sono che il Muos di Niscemi ammazza le persone e fa cadere gli aerei e quello di Wahiawa no? Ed allora dichiaramoci contrari al Muos ma cerchiamo di non dire minchiate (fino a prova contraria che noi in atto non abbiamo); diciamo apertamente che siamo contrari al Muos perché la militarizzazione di una zona a ridosso delle nostre case non piace a nessuno. Non ci basta questo?” (per leggere l’articolo cliccare qui; per scaricarlo in pdf cliccare qui).

Le analogie con i missili di Comiso – In realtà, tutta l’operazione contro il MUOS ha tutti i crismi di una poderosa campagna di disinformazione, con qualche cenno di procurato allarme alla popolazione, perché non c’è alcun segnale serio dell’esistenza di pericoli per la salute della gente.

Al contrario, sono molte le analogie tra il movimento NOMUOS e il movimento che negli anni ’80 contrastò l’istallazione a Comiso dei missili Pershing II a testata nucleare, movimento guidato dal povero Pio La Torre, segretario regionale del PCI, poi assassinato dall’infame mano criminale della mafia.

Tuttavia, riguardo a quella storia, «alla luce del “senno del poi”, degli sviluppi che successivamente presero gli avvenimenti internazionali della cosiddetta guerra fredda, della confrontation campale tra blocco occidentale e universo comunista all’ insegna dell’ equilibrio del terrore nucleare, oggi possiamo affermare che quelle lotte, nelle quali molti profusero le loro migliori energie segnando il battesimo politico di una generazione, furono profondamente sbagliate» (Nino Blando, La Repubblica, 13 maggio 2007).

L’area ideologica che contrasta oggi il MUOS è uguale a quella che ieri contrastò il dispiegamento dei missili nucleari a medio raggio Pershing II. Sbagliarono allora, perché non pensare che stiano sbagliando anche oggi?

I risvolti istituzionali – I 15 deputati regionali del M5S, eletti alle regionali del 28 ottobre scorso, hanno bloccato l’approvazione del DPEF della Regione Sicilia per qualche giorno, come forma di protesta verso l’arrendevolezza mostrata dal presidente Rosario Crocetta sul MUOS.

In effetti, la minaccia di fare saltare il banco ha sortito gli effetti voluti, perché nei giorni scorsi Crocetta ha proceduto a firmare il decreto con cui revoca tutte le autorizzazioni alle autorità della US Navy per la costruzione del sistema radar. Con un risvolto semi-comico, allorché Il funzionario della regione Pasquale Calamia, collaboratore dell’assessore regionale al Territorio e Ambiente Mariella Lo Bello, si è presentato ai cancelli della base di Sigonella – una base NATO sede del sia 41° Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana che Naval Air Station della Marina Militare degli Stati Uniti – con l’intento di consegnare il plico con la revoca delle autorizzazioni alla costruzione della base radar MUOS di Niscemi.

Sorpresa tra le sorprese, a Calamia non è stato consentito perfino di entrare e non ha potuto far altro che chiamare l’assessore Lo Bello e chiedere le istruzioni. Retro-front obbligato, la missiva è rimasta nelle mani del mittente. Poi, nel tardo pomeriggio di ieri il colpo di scena (o mezzo): in una telefonata dal consolato generale degli Stati Uniti di Napoli alla presidenza della regione, Crocetta sarebbe stato convocato per un colloquio o il diplomatico avrebbe chiesto un incontro al presidente (le informazioni divergono).

Conclusioni – La storia del MUOS e dei comitati che vi si oppongono ha tutto il retrogusto dolce-amaro di una poderosa operazione di disinformazione, da fare impallidire ogni movimento (pseudo)pacifista di filosovietica memoria. I giovani che con tanto ardore si oppongono all’istallazione della base radar di Niscemi è probabile siano, nella stragrande maggioranza, mossi da autentici sentimenti pacifisti e dalla preoccupazione che la salute della cittadinanza possa essere sottoposta a rischi impropri, ma peccano quanto meno di ingenuità, visto che non considerano la collocazione delle altre basi, di cui almeno due (repetita juvant) collocate in zone altamente popolate e con denso traffico aereo, non risultando alcun incremento dei tassi ordinari di malattie neoplastiche o interferenze nefaste sul traffico aereo (anche militare).

L’obiezione che la Sicilia diventerebbe un obiettivo militare, nel caso dell’istallazione del MUOS a Niscemi è totalmente infondata, ma solo in un senso: la Sicilia è naturalmente un obiettivo strategico, un obiettivo militare. Chi lo nega denuncia al mondo profonde lacune di geopolitica e, dato più preoccupante (ma non sorprendente) in storia tout court.

La reazione istituzionale è invece più preoccupante, perché denota scarsa capacità analitica della realtà e un alto tasso di strumentalizzazione dei fatti. I deputati regionali del M5S hanno di fatto spinto il presidente della regione a revocare le autorizzazioni alla costruzione della base di Niscemi, pena il blocco istituzionale e il ricorso all’esercizio provvisorio di una regione in generale difficoltà finanziaria, fidando sul fatto che in piena campagna elettorale (e con una maggioranza parlamentare claudicante) il presidente Crocetta non avesse alternative che aderire alle richieste degli “Attivisti del Movimento a 5 Stelle” (i grillini, va…).

Crocetta non è uno sprovveduto e, senza ombra di dubbio, è più responsabile di quel che si potrebbe immaginare. I tempi di attuazione della revoca (30 giorni) lasciano tutto lo spazio per una marcia indietro, visto che non esistono reali motivazioni di allarme per la salute della popolazione, soprattutto in ragione della comparazione con la situazione delle altre basi del sistema MUOS. Passata la buriana elettorale (in cui ogni voto è importante), si ritornerà a una situazione di adesione al realismo e al pragmatismo istituzionale. Nel frattempo, in caso contrario, il nuovo governo (probabilmente di unità nazionale) potrebbe anche valutare il ricorso all’applicazione del comma 5 dell’articolo 8 dello Statuto della Regione Siciliana e revocare il presidente della regione (facendo decadere ipso facto anche l’Assemblea Regionale) per motivi di sicurezza nazionale. Ma siamo convinti che non si arriverà a questo atto grave, per senso di responsabilità di tutte le parti coinvolte.

Resta il precedente del movimento contrario al dispiegamento dei missili nucleari tattici a Comiso negli anni ’80. Fu l’atto decisivo per vincere la Guerra Fredda e aiutare l’Orso Sovietico ad andare in un definitivo letargo. Allora i “compagni” comunisti sbagliarono, così come oggi i NOMUOS sbagliano.

Ultima modifica 1 Settembre 2013, ore 18.53 (Credit photo: Mass Communication Specialist 2nd Class John W. Ciccarelli Jr./US Navy) |  © RIPRODUZIONE RISERVATA

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