Benedetto XVI: mi ritiro in preghiera per servire la Chiesa

La Santa Sede di fronte a un tornello della Storia

Nell’ultimo Angelus del proprio Pontificato, Joseph Ratzinger dà conto del proprio programma futuro.

Preghiera e contemplazione come presupposto per l’azione. Nascosto al mondo, ma non al futuro Pontefice?

20130225_benedetto-16-ultimo-angelus_760x418

L’attesa per l’ultimo Angelus del Pontificato di Benedetto XVI avrà deluso chi si aspettava dichiarazioni roboanti, rivelazioni o (ulteriori) denunzie della corruzione della curia, del clero. Ebbene, è stato deluso chi si attendeva prese di posizione sulle questioni spinose che impegnano – dal punto di vista etico e morale, prima che penale e giudiziario – alcuni cardinali e alti prelati del clero cattolico.

Chi invece si attendeva una fine disquisizione sul “programma futuro” di Joseph Ratzinger ha potuto gioire del fatto che il Vescovo Emerito di Roma (appellativo originale con cui lo si indicherà dalle 20.00 del prossimo 28 febbraio) non ha in mente di abbandonare la Chiesa, ma intende continuare a servirla. Egli intende dedicarsi «di più alla preghiera e alla meditazione», in modo che «possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze».

Ecco, dunque, il riferimento all’adeguatezza fisica e all’età, motivazione ufficiale per la rinuncia espressa pubblicamente e liberamente lo scorso 11 febbraio, di fronte al Concistoro. Una cesura storica che produce un fatto nuovo per la Chiesa e per le istituzioni politiche Occidentali.

Il cardinale Ratzinger, prima di salire sul soglio petrino, era considerato un esponente conservatore della Chiesa di Roma, al limite del reazionario, soprattutto in ragione di quella sua ferma opposizione al relativismo etico che ne è stato il tratto distintivo della sua vita. Una diga etica che non ha mostrato cedimento con l’elezione a Pontefice di Roma.

Man mano che il regno di Benedetto XVI si è sviluppato, il professor Ratzinger, ha disarticolato le convinzioni degli osservatori, smontando con facta concludenda ogni pregiudizio. “Non ama il contatto fisico” si disse prima del Conclave che lo avrebbe fatto succedere “all’amato predecessore, Giovanni Paolo II”. E invece, fin da subito fu una lunga sequela di abbracci, di sorrisi tanto paterni quanto imbarazzati, nel solco delle dichiarazioni rese all’esordio: da umile strumento al servizio della vigna del Signore.

Talaltri affermarono che non avrebbe potuto avvicinare Karol Wojtyla in capacità comunicativa e nel percorso di riavvicinamento con l’Ebraismo. E invece, quasi da subito il professor Ratzinger ha mostrato chiarezza comunicativa, incisività, e vicinanza con il popolo della Torah: mai nessun Papa ha bazzicato per sinagoghe come Benedetto XVI.

Nel percorso di avvicinamento alla propria uscita di scena, Joseph Ratzinger ha voluto salutare i fedeli riuniti in piazza San Pietro (più di 100.000 persone, secondo alcune stime) ispirandosi al vangelo di San Luca sulla Trasfigurazione di Cristo. La “salita al monte” per Ratzinger è la chiamata del Signore a continuare a svolgere un ruolo attivo nella Chiesa, per la Chiesa, ruolo che si concreterà nella preghiera e nella contemplazione, come presupposto dell’azione. Per tutti, infatti, «la preghiera non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni, come sul Tabor avrebbe voluto fare Pietro, ma l’orazione riconduce al cammino, all’azione». «L’esistenza cristiana […] consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio, per poi ridiscendere portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio».

Ecco il programma per il futuro: preghiera, contemplazione, servizio alla Chiesa e per la Chiesa. Joseph Ratzinger sarà nascosto agli occhi del mondo, ma non del Pontefice venturo, non dei cardinali, i quali potranno ben trovare nelle sue parole conforto, ispirazione, guida.

Si aprono dunque scenari inediti nella storia bimillenaria della Chiesa, non necessariamente negativi. A due passi dagli uffici del Pontefice, Joseph Ratzinger servirà il nuovo Vescovo di Roma con lealtà e fedeltà, ma potrà esserne un eccezionale interlocutore per affrontare i gravi problemi che la Chiesa di Roma vive in questo scorcio della propria storia. Una situazione mai verificatasi prima.

A dimostrazione del fatto che il più lucido intellettuale contemporaneo ha marcato in modo indelebile la storia della Chiesa, nel suo pur non lungo pontificato, aprendo nuove prospettive per la vita istituzionale non solo del Vaticano. L’alto magistero di Ratzinger è chiaro: abbarbicarsi al potere è un atto inammissibile per chiunque, dal Pontefice di Roma in giù. Un atto rivoluzionario, ma quieto, che imprime un “prima” e un “dopo” alla storia delle istituzioni politiche contemporanee.

Un fatto significativo, se pensiamo alla contestuale consultazione elettorale in Italia, un Paese bloccato dalla gerontocrazia immobile della propria classe dirigente. Questa però è un’altra storia.

twhorsemoonpost

© RIPRODUZIONE RISERVATA