Scindere il governo da un’Assemblea Costituente che riscriva le regole

Editoriali | Vincono tutti, perde l’Italia con un Parlamento bloccato

L’Italia necessita di un governo con mandato limitato, ma anche di rivoluzionare istituzioni vecchie e della pratiche opache

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Il responso elettorale ha dato l’esito temuto da molti – l’ingovernabilità – una dato prettamente politico, non numerico, perché diverse combinazioni sarebbero possibili sulla base del mero calcolo aritmetico.

Queste combinazioni sono però impraticabili sotto il profilo politico, sia perché la breve campagna elettorale è stata tra le più incivili, maleducate, della storia repubblicana; sia perché le piattaforme programmatiche elettorali sarebbero quasi incompatibili. La passione e, perfino la giustificata veemenza in alcuni casi, ha lasciato il passo al livore, all’offesa personale, alla villaneria elevati a paradigma di comunicazione politica.

Improperi, offese, dileggi sono stati il tratto distintivo di un percorso politico a tratti rivoltante, non certo un bell’esempio per la popolazione, verso cui la politica dovrebbe avere più rispetto, anche con l’obiettivo di esercitare una funzione pedagogica, propria di una classe dirigente che vuol pensarsi tale. Invece, c’è stata connivenza con la più truce inciviltà.

Con un Paese spaccato in tre parti, sorge il problema di assicurare un governo in un momento cruciale per la vita dell’Italia e dell’Europa, in un quadro generale di incredibile inadeguatezza istituzionale e di decadimento delle qualità personali dei politici, non solo nella dimensione nazionale, ma anche in quella europea.

Per esempio, non si era mai visto che il presidente del Parlamento Europeo intervenisse nella campagna elettorale di uno degli Stati membri dell’UE, a favore di questa o quella parte politica. Fatto di gravità inaudita, che dovrebbe avere precise conseguenze istituzionali comunitarie, visto che in gioco non c’è la credibilità solo delle persone (e su questo transeat), ma anche delle istituzioni.

Assumono dunque il significato di un fascio di luce illuminante le osservazioni giunte da Oltre Oceano da Paul Krugman, il quale sul New York Times non ha affatto sottilizzato: il risultato elettorale italiano è il risultato finale della cieca politica europea a guida tedesca, concentrata sull’austerità. Forse un’eredità dello choc post-nazista, riflettiamo noi, che sta imprimendo a tutta Europa un paradossale passo dell’oca finanziario, dall’esito mortale.

Questo non significa promuovere l’irresponsabilità su cui hanno vissuto per decenni milioni di persone in Italia come in Grecia. Significa risolvere i problemi complessi con strumenti complessi, in grado di discernere il grano dal loglio.

Con le camere bloccate, anche grazie a una legge elettorale scandalosa, approvata da un parlamento dequalificato, inadatto ad affrontare la sfida del rinnovamento del Paese e delle riforme indispensabili per l’Italia, gli scenari possibili sono diversi, ma passano anzitutto per il Quirinale.

L’attuale presidente, Giorgio Napolitano, dovrà gestire le consultazioni per la formazione del nuovo governo, una procedura farraginosa che richiederà diverse settimane. Al prossimo presidente, invece, toccherà dipanare la matassa di un eventuale fallimento e della conduzione del Paese a nuove elezioni.

Esistono soluzioni diverse? Noi pensiamo che i dirigenti politici italiani dovrebbero sotterrare le asce di combattimento e avere l’Italia come unico faro illuminante delle proprie scelte. Il Paese è in gravi difficoltà psicologiche, a causa di scelte dissennate compiute nell’ultimo anno, che hanno aggravato gli effetti della crisi. Non si può pensare alla leva fiscale in momenti di difficoltà economiche diffuse. È immorale chiedere, per esempio, il pagamento di una imposta immobiliare su capannoni industriali, perfino da chi – come i cittadini emiliani – non ha più la sede dei propri opifici, andati distrutti a causa del terremoto. È cieca incapacità di percepire la realtà circostante assassinare il settore automobilistico, con tasse ulteriori sui mezzi “di lusso”, con aumenti delle accise sui carburanti, continuando a spolpare il cittadino automobilista. Ne è derivato un progressivo inutilizzo del mezzo privato e una conseguente diminuzione degli introiti fiscali.

In una situazione apparentemente senza uscite, con molte riforme da fare sul piano costituzionale, potrebbe essere necessario scindere la vita del governo ordinario da una soluzione che abbia l’obiettivo delle riforme. Una Assemblea Costituente, eletta con una legge elettorale avente una soglia di sbarramento del 5/6%, che avesse il compito di riscrivere la forma di governo della Repubblica, assicurando al capo dell’esecutivo il concreto potere di governare e, allo stesso tempo, la predisposizione di contrappesi istituzionali di garanzia.

Questa sarebbe l’unica opzione capace di smagnetizzare i poli, ma paradossalmente di prepararli a un nuovo bipolarismo al limite del bipartitismo, come avviene in quasi tutte le democrazie occidentali (funzionanti). Riusciranno in nostri eroi a distinguere la vanità politica personale e gli interessi reali di un Paese che si spopola, quotidianamente, di forse e intelligenze nazionali?

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