Giorgio Napolitano 2, la rivoluzione?

Giorgio II, monarca repubblicano, incaricato di salvare il Paese. Noi, pur critici nei suoi confronti, gli auguriamo successo e salute, Tirate d’orecchi a Grillo, calci nel deretano a tutti gli altri. “Non sono qui per certificare l’ingovernabilità del Paese”

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Giorgio Napolitano ha giurato ed è entrato in carica per il secondo mandato presidenziale. Poi, con un discorso di inaudita durezza, ha distribuito scappellotti a destra, al centro e a manca, richiamando il Parlamento ai doveri della decisione, quale presupposto delle realizzazione della democrazia italiana.

Napolitano ha richiamato alla maturità indispensabile nei momenti di grave crisi, soprattutto se alla fine di un lungo iter inconcludente. Le riforme sono necessarie al Paese a prescindere dalle forze politiche, ma vanno realizzate con il concorso di tutti.

Un secondo mandato contro cui Napolitano si è speso, per sua ammissione, perché ritenuto quasi incompatibile con l’assetto costituzionale dello Stato e la durata del mandato. Un sacrificio, a dispetto dell’età e della fatica cui andrà inevitabilmente incontro, per amor di Patria. Una fatica che non sarà destinata a certificare l’ingovernabilità del Paese: in caso contrario ne trarrà – vorremmo dire ne trarrebbe – le conseguenze davanti al Paese, una minaccia non velata di dimissioni, ma soprattutto di scioglimento delle camere.

Il presidente Napolitano ha ricordato quanto sterili siano stati gli ultimi venti anni di lotte intestine, più che di polemiche costruttive, archiviando berlusconismo e antiberlusconismo, i due estremi che hanno tenuto in ostaggio l’Italia. La mancata riforma elettorale; o il bicameralismo perfetto, la cui riforma è ormai ineludibile, per dare al Paese un governo e un Parlamento funzionali alle nuove sfide; il ringraziamento per le istituzioni di garanzia, con la citazione anzitutto delle Forze Armate, strumento pienamente democratico e coerente con la missione costituzionale dell’Italia, promotrice di civiltà e democrazia. Poi, un ringraziamento alle forze di polizia, alla magistratura e alla Corte Costituzionale, già citata in occasione della critica forte al Parlamento in materia di legge elettorale.

Tre i momenti in cui Giorgio Napolitano si è commosso. Nel ringraziare i cittadini del sostegno tributatogli, nell’identificarsi con il servizio all’Italia, nel ricordare il lungo impegno parlamentare, dal 1958 fino alla prima elezione al Quirinale.

Non sono mancati i rimproveri con tono adeguato ai parlamentari, che Napolitano ha ammonito: “non pensiate che gli applausi che mi tributate oggi possano autoassolvervi delle eventuali mancanze ai vostri doveri di governare il Paese”. Parlamento avvertito, mezzo salvato.

Bacchettata speciale per Grillo e i “grillini” (in caso non vi piaccia, querelatemi, ndr). Al M5S è stato riconosciuto da un lato il carattere innovativo del web, come strumento di aggregazione, di conoscenze e di promozione della conoscenza. ma dall’altro il monito è stato potente: “non esiste democrazia rappresentativa senza partiti” ha detto il presidente della Repubblica, aggiungendo però un significativo “che funzionino”, ulteriore monito ai partiti perditempo. Se a Grillo ha tirato le orecchie, ai partiti Napolitano ha riservato gli scappellotti violenti – ma densi di pedagogico affetto – che i maestri di una volta riservavano agli alunni più scapestrati.

Infine, una lettura del risultato elettorale: non c’è spazio che per l’accordo costruttivo, così come in questa fase storica accade in tutti i Paesi dell’Europa, perfino nella Gran Bretagna critica verso l’UE. Unione Europea non citata, nel saluto finale, come invece avvenne sette anni fa. Via obbligata, un governo di unità nazionale, senza se e senza ma. Chi è contrario, se ne faccia una ragione.

L’UE è stata citata da Napolitano, tra le riforme necessarie per ridare linfa al Paese e al Continente tutto, ma non nel saluto finale – come sette anni fa – e la mancata citazione a nostro avviso non è una semplice dimenticanza: questa Europa si deve unire davvero, perché rischia la divisione e la perdita di ruolo. L’Italia potrebbe – con l’inventiva, le capacità, il lavoro di cui è capace – fare da sola, ma sarebbe una sconfitta per tutti. Ergo, basta agli egoismi, cara Frau Merkel. Messaggio chiaro, lanciato con finezza diplomatica, un mondo in cui “non dire” equivale a dire molto.

Un modo non verbale per dire che questo secondo mandato cambierà la Storia della Repubblica Italiana. Noi, in fondo lo speriamo. Deputati e senatori del M5S non hanno applaudito un discorso che, in fondo, ha fatto propria la stragrande maggioranza delle istanze dei grillini. Del resto, a Grillo Napolitano ha riservato qualche tiratina d’orecchi, ma i calci nel deretano sono stati tirati a tutti gli altri. Una differenza significativa.

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