Gilles Villeneuve, il Canadese Volante che ricordava Tazio Nuvolari. Trentuno anni di nodi in gola

Ne abbiamo ammirato le gesta, ne abbiamo pianto la tragica scomparsa, perché avremmo voluto essere tutti coraggiosi come lui, che amava la vita e sfidava la morte

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Enzo Ferrari lo mise nel proprio album di famiglia e nella propria galleria dei dolori: «Il mio passato è pieno di dolore e di tristi ricordi: mio padre, mia madre, mio fratello e mio figlio. Ora quando mi guardo indietro vedo tutti quelli che ho amato. E tra loro vi è anche questo grande uomo, Gilles Villeneuve. Io gli volevo bene».

Oggi sono trentuno anni che i nodi in gola si susseguono senza fine, perché noi abbiamo pianto la morte di Gilles come la scomparsa dei nostri sogni, di quel che avremmo voluto essere e non saremo mai (come ha scritto l’amico Max Lo Verde qualche anno fa).

Nel 1982 la Rai non trasmetteva le prove di qualifica, ma tutti noi – ferraristi di rito villeneuviano, una confessione ancora non del tutto eretica della Fede Rossa – eravamo collegati con la mente a Zolder, perché tutti noi volevamo vedere Gilles davanti al “traditore”, Didier Pironi. Reo, ai nostri occhi di innamorati persi del Canadese Volante, non tanto di aver contravvenuto agli ordini di scuderia, ma di aver tradito la parola e l’amicizia. Di Gilles amavamo tutti la correttezza, la trasparenza, la generosità, l’amore per una squadra italiana di Formula 1 che era più di una squadra di automobili, era stato ed era una scuderia di uomini. Dal ragazzo addetto alla pulizia delle monoposto a Enzo Ferrari, il Drake, il Commendatore.

20130508-enzo-ferrari-gill-villeneuve_770x512Non c’era internet, non c’era ancora il televideo, ci fu la doccia fredda di immagini crude, incontrovertibili nella loro tragicità, evidenti. Quella notizia sparata a bruciapelo, durante una trasmissione sportiva (sul calcio, ça-và-sans-dire), ci lasciò attoniti. Chi scrive girò tutto il pomeriggio di sabato su un ciclomotore Ciao rosso, vagando per la città e pregando che Gilles si salvasse. Ma Gilles se ne era andato di già, di colpo, esanime con le vertebre cervicali divelte, in quell’ultimo volo alla Terlamencurve di Zolder.

Una curva maledetta, che da allora è meta di pellegrinaggi da parte di quell’orda di fedeli che lo vide in azione e di chi, per ragioni anagrafiche, ne ha potuto godere le gesta grazie ai video disponibili nell’aere moderno della società globale. Un’orda laica di fedeli del mito, costruito anche da chi – come Marcello Sabbatini, storico direttore di “Autosprint” prima, fondatore e direttore di “Rombo” poi – elevò al Cielo la tavola della legge dell’amore per Villeneuve. Sabbatini inventò “la febbre Villeneuve” sulla base dei suoi ricordi per Tazio Nuvolari, uno che forse avrebbe voluto morire come Gilles e invece fu costretto a patire le sofferenze della malattia nel proprio letto.

Che cosa resta dopo trentuno anni dalla “partenza” di Gilles Villeneuve? Un amore infinito, destinato a eternarsi nel tempo. 20130508-as19-82.Gilles_Villeneuve_15Finché ci saranno corse di automobili, ci sarà qualcuno che si ricorderà di quel fantino del rischio a cavalo di una Ferrari, eroe del coraggio, profeta del mollare mai, quel rifiuto della resa cui molti, soprattutto in tempi di crisi, cedono sopraffatti dallo sconforto.

In un ipotetico flashback, uno sliding doors sulla pista di Zolder, saremmo in migliaia a fermare Villeneuve prima di quel tremendo – ma in fondo stupido – contatto con la March di Jochen Mass. La storia purtroppo non si fa con i se e con i ma, si vive e si accetta per quel che è.

Da allora, la Confraternita Villeneuviana si è ingrandita, ha rafforzato la propria eresia critica verso la Fede Rossa, ne ha seguito i comandamenti a fasi alterne, perché la ferita inferta fu grande, profonda, dolorosa. Chissà quante volte Ferrari stesso, che passava per uomo non semplice e non incline al sentimento, si è pentito di non aver preso posizione decisa a favore di Gilles, dopo Imola, dopo lo sgarbo di Pironi. Chissà quante volte Marco Piccinini ha riflettuto su quelle circostanze e su quel che avrebbe potuto fare e non fece. Chissà quante volte Mauro Forghieri, il Mago di Oz delle acrobazie di Gilles, ha inveito contro le circostanze che lo tennero lontano dal circuito del Santerno in quella primavera maledetta del 1982: ci fosse stato lui, sarebbe andato tutto in un altro modo. Forse, chissà…

Noi lo ricorderemo sempre come un faro di coraggio e la nostra posizione eretica nella fede ferrarista ebbe inizio proprio a Imola, luogo dello scisma. Quella foglia di acero della bandiera canadese è cesellata nella nostra memoria, come secondo vessillo dell’anima e dalla “Febbre Villeneuve” non guariremo mai.

Buon Secondo Compleanno, quello della Vera Vita nella Luce di Dio. Resterà per sempre tuo il nostro cuore, Gilles…

He was the fastest racing driver that history ever known. He went doing something that he loved. But he hasn’t left us. Because the world will remember what he has given to motor racing“. (Jody Schekter, Berthierville, nel saluto tributato a funerale di Gilles Villeneuve)

Il più emozionante tributo a Gilles Villeneuve su Youtube

Il brano che accompagna questo meraviglioso filmato è di James, “Getting Away With It All (All Messed Up)

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John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.