“Sostenibilità” sia il pilastro dell’azione del Parlamento su immigrazione, integrazione e cittadinanza

Le minacce, gli insulti e gli atti di razzismo verso la ministro Cécile Kyenge sono fatti inaccettabili, ma altrettanto esecrabile è il silenzio sui reati efferati di cui si macchiano delinquenti immigrati. Nelle carceri il 36% di detenuti non è italiano, né europeo

Passport immigration stamp

Enrico Letta, in un ambientefavorevole come quello dell’Assemblea del Partito Democratico riunita alla Fiera di Roma per eleggere il crio-segretario incaricato di ibernare il partito fino al congresso prossimo venturo, l’ha messa sul culturale, parlando di immigrazione e integrazione:

«Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici, ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro».

Questo è il tratto del rapporto dell’ispettorato per l’immigrazione USA redatto nel 1912 citato da Letta per suscitare l’attenzione su un tema complesso come l’immigrazione, un tentativo di mettere ogni cittadino italiano di fronte allo specchio della storia, un modo per dire “siamo tutti immigrati”, quindi non si può essere razzisti. Un dato peraltro incontrovertibile: l’Italia è il Paese di Dante e Ciullo d’Alcamo, di Galileo e Quasimodo, non può permettersi il lusso dell’ignoranza del razzismo, che non può trovare albergo nelle menti delle persone perbene.

20130428-giuramento_letta_770x385Detto questo, è un peccato che la citazione del presidente Letta non sia autentica, nel senso che non se ne conosce la fonte. Se ne è occupato perfino il CICAP, Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, che ha compiuto una severa ricerca (che potrete leggere qui o scaricare qui in pdf), curata da Paolo Attivissimo, il quale non ha trovato la fonte precisa di questo sedicente rapporto, ma ha scovanto piuttosto documenti che indicano pareri simili e valutazioni analoghe. Letta quindi ha citato un documento verisimile, ma non vero, contenente affermazioni probabilmente condivise dai funzionari degli uffici immigrazione statunitensi, ma mai messe per iscritto in alcun documento ufficiale.

Letta, Letta… lei mi cade sul documento storico…tra colleghi possiamo dircelo a bassa voce: non si fa (e noi abbiamo simpatia per Enrico Letta e per il suo governo, si badi)!

Da quando il governo Letta ha giurato, il 28 aprile scorso, la novità della presenza di un ministro di origine non italiana – l’oculista modenese di nascita congolese Cécile Kyenge – invece di introdurre nuove e più fondate riflessioni nel dibattito sull’immigrazione, ha acceso polemiche andate oltre il livello della civile convivenza, anche grazie alle intrepide e intempestive affermazioni della neo-ministra sulla legge Bossi-Fini, sul reato di clandestinità da abrogare e sulla riforma della cittadinanza improntata sullo ius soli puro, poi diventato temperato, poi diventato moderato.

Non diamo conto delle stomachevoli offese rivolte a Cécile Kyenge, per non dare a certe menti alcuno spazio promozionale. Ci basta affermare che le minacce, gli insulti e gli atti di razzismo verso la ministro sono fatti inaccettabili, non esprimono il diritto di opinione e qualificano con precisione chi li propone e compie.

Soprattutto questi atti vergognosi e intollerabili mettono in difficoltà chi avrebbe da sottoporre a forti critiche le dichiarazioni della neo-ministro per l’integrazione su quei temi, anche per lo sfortunato concorso della cronaca, negli ultimi quindici giorni densa di molti efferati delitti di cui sono stati protagonisti immigrati, quasi tutti irregolari, con precedenti penali, espulsi dall’Italia ma ancora presenti sul territorio nazionale, noti alle forze dell’ordine e in barba al reato di clandestinità.

Il cittadino medio, quello scovato dalla Polizia Locale per ogni minima violazione di legge – magari per aver fermato la macchina un minuto in zona vietata – trova particolarmente incomprensibile la tolleranza verso i reati degli immigrati, attitudine che amplifica il disagio, invece di essere terreno di coltura della comprensione e dell’integrazione. Se gli italiani sentono di essere cittadini di serie B e avvertono che gli immigrati irregolari, delinquenti, sono più protetti dei cittadini perbene e rispettosi delle leggi scatta un meccanismo comprensibile di reazione sociale, che non si fa fatica a inquadrare nel paradigma sociologico della “guerra tra poveri”. A Milano, per esempio, la politica del sindaco Pisapia verso i ROM è fonte dei problemi, non metodo per risolverli.

La classe dirigente di questo Paese, a ogni livello di governo, deve comprendere che sminuire la portata dell’allarme sociale creato dalla criminalità immigrata dall’estero è un atto di cinica fandonia, presto destinata a cadere come dall’albero una pera matura sotto il sole.

Suggeriremmo alla ministro Kyenge, al ministro Alfano e al PCDM Letta di ricorrere a un criterio mutuato dall’ecologia, quello di sostenibilità, anche in materia di immigrazione. Al 31 dicembre 2011 (ultimo dato disponibile), la popolazione carceraria italiana era pari 66.897 persone, con una leggera flessione rispetto all’anno precedente. Di questi, il 36% era costituito da immigrati da Paesi non aderenti all’Unione europea (a noi il termine extracomunitario comporta immediate conseguenze allergiche…), con una crescita dall’ultimo censimento del 2000. Non si fa fatica a pensare che quel dato statistico sia ormai vecchio e surclassato.

Certo, i critici e i benpensanti, quelli che sanno sempre tutto meglio rispetto al resto del mondo, eleveranno le loro grida a favore dello ius soli quale principio di acquisto della cittadinanza, un principio che oggi è in vigore (in modo puro) solo negli Stati Uniti e in Inghilterra, perché legato alle esperienze storiche peculiari di questi due Paesi, il primo refugium peccatorum di quanti in Europa non seppero trovare un orizzonte migliore e emigrarono in cerca di fortuna nel Nuovo Mondo; il secondo perché centro di un Impero su cui praticamente non calava mai il sole e che considerava la cittadinanza uno strumento di rafforzamento del potere britannico sui dominions.

In Italia, come in Francia e Germania, lo ius sanguinis moderato è il criterio prevalente e sicuramente la cittadinanza è uno status attraverso cui legare alla Comunità persone che vengono in Italia per migliorare la propria vita e con cui le si renderebbe partecipi del miglioramento dell’Italia. Iniziando, per esempio, dal servizio nelle forze armate. In Svizzera, prestare il servizio militare da volontario è un modo per facilitare l’acquisto della cittadinanza.

Il dibattito dunque non può essere affrontato con gli slogan della ministro Kyenge, men che meno con le scomposte proteste, con le invettive e con le intollerabili e condannabili minacce. I dati dimostrano che i flussi di immigrazione sono incontrollati e spesso insostenibili sostenibilità. Che questa insostenibilità emerga in periodi di crisi, non ci sorprende. Ci sorprende molto invece come la politica abbia affrontato in modo così ridicolo un problema tanto complesso, fonte di dolore. A Milano, così come a Livorno o a Vicenza, negli ultimi giorni non si ride, si piangono sofferenze che la popolazione avverte come evitabili.

Se la politica non affronta i problemi, guardandoli in faccia con realismo (ma anche senza dare eccessivo ascolto alla pancia), fallisce la propria missione. In tema di immigrazione fallimento è il sostantivo che ci sembra, in modo tragico, più veritiero in questi giorni. Ci si rifletta.

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