Milano, Pisapia apre all’Esercito a Milano. La ministro Kyenge continua lo sciopero del silenzio: tre domande inevase

Per il sindaco meneghino “nessuna emergenza criminalità, la presenza dei militari in presidi fissi, può liberare polizia e carabinieri per il pattugliamento del territorio”

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La contraddizione corre evidente sul filo del discorso, ma il sindaco di Milano – Giuliano Pisapia – non se ne accorge o fa finta di non accorgersene. Oggi l’evoluzione delle interpretazioni sull’efferato assassinio di tre persone, a opera di Mada Kobobo, un ghanese di 31 anni con evidenti problemi psichiatrici, ha registrato l’ulteriore episodio.

Pisapia, in evidente contraddizione, ha aperto alla presenza dell’Esercito a Milano, ma negando che vi sia una emergenza criminalità, spiegando tecnicamente che le truppe potrebbero essere utilizzate nel presidio delle postazioni fisse, liberando polizia, carabinieri e guardia di finanza per “pattugliare il territorio”. “Non c’è un’emergenza criminalità” ha detto Pisapia “una tragedia su cui bisogna riflettere, ma Milano resta una città sicura, così come lo sono tutte le grandi metropoli – ha spiegato il sindaco, sociologo “tendenza Catalano (buonanima…) – ci sono però momenti di difficoltà, momenti in cui la follia prende il sopravvento”. Il messaggio finale è “bisogna restare uniti”. E vissero infelici e scontenti.

A fronte di queste parole, condivisibili o meno che siano, colpisce l’originale modo attuato dalla ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge, che manifesta la propria solidarietà alle famiglie degli uccisi con un metodo molto originale, lo sciopero del silenzio. Una modalità tanto originale da lasciare sconcertati i più disattenti osservatori, ça-va-sans-dire.

In qualche modo condividiamo, perché meglio riflettere che dire sciocchezze. Roberto Maroni, presidente della Lombardia, ha affermato con acutezza che non c’è alcun collegamento tra le posizioni politiche della ministro Kyenge e l’aggressione di sabato scorso, costata la vita a tre persone inermi. “Quell’immigrato è un pazzo” ha detto Maroni, che si è detto disponibile a incontrare presto la ministro per l’Integrazione, per darle anche alcuni suggerimenti frutto della propria esperienza al ministero dell’Interno.

La Kyenge deve aver recepito bene questo auspicio, continuando il silenzio in un’ottica di vibrante protesta e silenziosa solidarietà ai parenti delle vittime. È l’intercultura, bellezza!

Tuttavia, noi pensiamo sempre che una parola di conforto sia meglio di un un silenzio solidale, per cui riproponiamo alla dottoressa Kyenge le tre domande poste ieri, con l’auspicio che possa rispondere.

  1. Non ritiene sarebbe stato opportuno manifestare immediata solidarietà alle vittime di questo gesto folle, per rendere evidente che lei è anzitutto un ministro degli italiani?
  2. Magdi Cristiano Allam ha chiesto le sue dimissioni, per le sue dichiarazioni su una supposta doppia lealtà alla Costituzione italiana, per effetto del giuramento, e al suo Paese di origine, il Congo, per le radici culturali e di sangue. Non pensa che il suo silenzio sui fatti di Milano diano ragione a quanto Allam sostiene?
  3. Se l’integrazione degli stranieri in Italia è avvertita come un processo imposto dall’alto, che protegge i delinquenti (a prescindere dall’origine e dalla nazionalità) e mette in pericolo la civile convivenza (anche degli immigrati perbene), non pensa che il suo discutibile silenzio possa servire a rinfocolare le polemiche, a accendere gli animi e a fornire solidi argomenti a chi rileva la sua inadeguatezza al ruolo affidatole da Enrico Letta?

Speriamo Cécile Kyenge ci risponda, ma abbiamo il sospetto che non lo farà.

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