Grillo e Renzi lanciano, con modalità diverse, un’opa sul Partito Democratico

Il blitz di Giachetti alla Camera sulla legge elettorale e la reazione alle bacchettate di Rodotà a Grillo  sintomo della competizione per il controllo di un partito spaccato e in preda all’assemblearismo

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Dopo il risultato delle amministrative di domenica scorsa, che avranno un seguito nel secondo turno del 9/10 giugno prossimi, si sono sprecate le analisi su vincitori e vinti, falsi sconfitti e presunti divelti dalla scena politica nazionale. Molti commenti non hanno focalizzato la specificità delle consultazioni amministrative, dove il dato locale ancora prevale in molte realtà. Lo si potrà verificare ancora di più nella tornata elettorale siciliana, il cui primo turno coincide con il secondo di quella nazionale, una intollerabile specificità che rende manifesta la necessità di rendere uniforme le scadenze elettorali nel Paese.

In Sicilia, per esempio, sarà interessante quale dato otterrà il M5S di Beppe Grillo, che nelle precedenti elezioni regionali ha fatto saltare il banco ottenendo il 14,90 per cento dei consensi, in un quadro di assoluta astensione, con solo il 47,42 dei votanti e una flessione di quasi 20 punti rispetto alle regionali del 2008 (66,68 per cento).

La comparazione con la Sicilia non è di scarsa importanza, anche in relazione ai fatti accaduti negli ultimi giorni. Ci riferiamo anzitutto all’iniziativa del vicepresidente della Camera, il renziano Roberto Giachetti, che con una mozione alla Camera ha proposto l’immediata abrogazione del “porcellum” e il ritorno al “Mattarellum”, la legge elettorale precedente maggioritaria con collegi uninominali, moderata da una quota proporzionale con listone unico nazionale. Iniziativa su cui si sono scagliate le legioni “lealiste” di PD e PDL:  basta analizzare le parole di Anna Finocchiaro e di Renato Brunetta, dei quali varrebbe la pena anche osservare gli accigliamenti, vere espressioni di linguaggio non verbale assai significative.

La mozione di Giachetti, peraltro, ha inteso parlamentarizzare una situazione su cui la Corte Costituzionale si accinge a pronunziarsi, per eliminare l’iniquo premio di maggioranza alla Camera e l’incoerente premio di maggioranza su base regionale al Senato, vera premessa per l’ingovernabilità del Paese. PD e PDL si attendono probabilmente che la Consulta trasformi il “porcellum” in una legge elettorale proporzionale secca, una via surrettizia (e inefficace) al bipolarismo. Un fatto mai accaduto nella storia italian, che delegittimerebbe oltremodo gli organi legislativi (e forse non solo) della Repubblica.

A tal proposito, l’afflato di protezione del governo Letta è un atto dovuto, perché il quadro parlamentare uscito dalle elezioni politiche di febbraio non lasciava spazio ad altre ipotesi, tranne un repentino ritorno alle urne, che avrebbe però aggrovigliato ancor di più – e in modo assai pericoloso – la situazione politica, istituzionale e sociale dell’Italia. Un dato importante, anche nell’economia della nostra analisi, che non va dimenticato. Ma certo non va nascosto che PD e PDL gradirebbero molto la conservazione dello status quo (impossibile alla luce dell’imminente pronunciamento della Consulta).

Da un altro punto di vista, il Centro-Sinistra – coalizione “meno perdente” solo grazie allo 0,4 per cento in più alla Camera, che ha fatto scattare il premio di maggioranza – è stato sottoposto a duri colpi durante le elezioni del Capo dello Stato, fino alla capitolazione di Bersani, incaponitosi a voler costituire un governo con il M5S, dichiaratamente ostile a ogni ipotesi di “mischiarsi” con il PD e con SEL. Il movimento politico guidato da Nichi Vendola ha peraltro ottenuto un riconoscimento in termini di seggi parlamentari e di rappresentanza istituzionale non corrispondente alla percentuale di voti ottenuti alle elezioni (il 3,2 per cento), ma frutto dei meccanismi del “porcellum” che favorisce i partiti legati in coalizioni, senza imporre regole di continuità del legame elettorale per tutta la legislatura (che sarebbero comunque in contrasto con l’attuale dettato costituzionale e il divieto di vincolo di mandato ex articolo 68).

Il M5S, vincitore delle elezioni politiche, è invece nell’occhio del ciclone per aver fallito in modo clamoroso l’appuntamento con le amministrative. A nostro avviso sbaglia chi dà per finito il movimento di Beppe Grillo. Le amministrative del 2013 potrebbero essere una crisi di crescita del M5S, in cui è ormai chiaro a tutti che si deve procedere alla parlamentarizzazione del movimento. Una lezione imparata subito, la stessa sera di lunedì scorso, quando diversi “cittadini” del M5S si sono distinti in televisione per la moderazione dei toni e la puntualità dell’analisi, ma non nascondendo il dato elettorale, né negando la momentanea crisi.

La bacchettata di ieri a Grillo di Stefano Rodotà, nell’intervista al Corriere della Sera; e la reazione di oggi dell’ex comico genovese – ottuagenario miracolato dalla Rete, ha definito Grillo il giurista già presidente di PDS e esponente di primo piano della sinistra più sinistra – testimonia a nostro modo di vedere la reale portata del dibattito in campo, la conquista del Partito Democratico, il vero terreno di scontro della diatriba che da oggi in poi vedrà schierate due ali contrapposte: renziani e grillini.

Si badi: noi non parliamo di conquista del Partito Democratico in senso stretto per entrambi i fronti e con le stesse modalità. Se questo è vero per il fronte guidato da Matteo Renzi, per Beppe Grillo il ragionamento è un po’ più complesso.

Matteo Renzi fu sconfitto alle primarie solo da manovre di partito, tendenti a chiudere la consultazione di base per il timore che il predestinato, l’unto del grasso del culatello venisse sconfitto con ignominia. Un modo significativo di vedere la politica come manovra di palazzo e non come luogo del possibile, con la necessaria apertura al mondo. Renzi, dopo la sconfitta, ha mantenuto un comportamento esemplare, smentendo con i fatti chi lo vedeva fuori dal PD e a capo di un altro partito. Oggi, con l’uscita di scena di Bersnai, il discorso si riapre e il governo può essere il cavallo di Troia di uno smarcamento per la conquista completa dell’elettorato moderato del partito che di quello facente riferimento ad altri movimenti politici. La realizzazione di quell’apertura predicata da Renzi durante le primarie, che pochi vollero comprendere.

Del resto, quando un produttore è in crisi con il mercato interno, guarda a quello estero per mantenere invariato (o addirittura aumentare) il fatturato. Una lezione che gli estremisti anticapitalisti del PD non possono comprendere per mancanza assoluta dei presupposti teorici.

Per Beppe Grillo, al contrario, si apre una fase diversa, quella della “remuntada”, della riconquista dei consensi avuti alle amministrative siciliane e alle politiche di febbraio. Ma quest’opera di riavvicinamento terrà conto di due dati essenziali: l’esiguità di SEL e la spaccatura potenziale del PD. L’opa lanciata su quella grande area di estrema sinistra, in parte anche extra-parlamentare, è un processo di acquisizione per incorporazione elettorale, uno svuotamento della cassaforte di voti del PD e di SEL, che finirebbe per razionalizzare la sinistra estremista presente nel Paese, vero baluardo conservatore; e per rafforzare l’area renziana, moderata, europeista, progressista senza proporre sovversioni dell’ordine costituita, costruttrice di normalità per il Paese. Un valore che molti ambienti, economici e sociali, anelano per l’Italia.

Ecco perché, a nostro avviso, Berlusconi tende a difendere il “porcellum”, vero baluardo di sopravvivenza di un partito che, senza le gesta di Sua Emittenza Emerita, resterà in braghe di tela. Lontano dalla clonazione (la sinistra si orchestrerebbe per distruggerne gli embrioni…), Berlusconi per far sopravvivere un’area moderata di qualche consistenza, collegata con il PPE, dovrà inventarsi l’homo novus, il rottamatore senza rottamati, l’unico modo che consentirebbe un ritiro senza “uccisione del padre”.

La battaglia tra Beppe Grillo e Matteo Renzi per il successo dell’Opa (su elettorato estremista e partito) del PD determinerà dunque effetti anche sul PDL, che rischia di rimanere con il cerino in mano della conservazione di istituzioni ormai vetuste.

Dalla prima giornata del miniturno delle amministrative in Sicilia si potranno trarre alcune importanti indicazioni su questa rimonta del movimento di Grillo.

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