Allarme tubercolosi al CIE di Pian del Lago. Chissà che ne pensa la ministra Cécile Kyenge…

Il Coisp denuncia: al Cie di “Pian del Lago” (Caltanissetta) controlli medici per tutti gli ospiti, ma non per i poliziotti

L'ingresso del CIE di contrada Pian del Lago a Caltanissetta
L’ingresso del CIE di contrada Pian del Lago a Caltanissetta

La ministra Cécile Kyenge ha, fin dal proprio insediamento, propagato il verbo: abrogare il reato di immigrazione clandestina, chiudere i CIE (centri di identificazione ed espulsione), riconoscere la cittadinanza italiana a chi nasce in Italia, secondo il principio dello ius soli, in luogo dello ius sanguinis, il criterio finora prevalente di acquisto della cittadinanza: è cittadino chi è figlio di cittadini. Un criterio moderato dagli acquisti successivi non originari, un’applicazione dello ius soli per naturalizzazione, la certificazione di una speciale relazione tra il cittadino straniero e il Paese, eletto come nuova patria.

Da quel momento, la demagogia ha fatto da sfondo a ogni notizia, ogni valutazione, ogni riflessione sull’immigrazione, che è tutta negativa (e non è così) o tutta positiva (altrettanto).

Sarà per questo motivo che la notizia di un focolaio di tubercolosi nel CIE di Pian del Lago, a Caltanissetta, è passata sotto silenzio sui media tradizionali e sui grandi giornali nazionali. Due casi sono stati già stati accertati, mente su altri 50 (cinquanta!) sarebbero in corso le valutazioni epidemiologiche del caso. Un’emergenza sanitaria grave. I due casi certi riguardano due persone originarie della Somalia, di 28 e 19 anni, che mostravano già al loro arrivo a Caltanissetta in classici sintomi della malattia (astenia, tosse, febbre, denutrizione). Portati al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta, sarebbe stata riscontrata loro la malattia.

Sulla questione ha posto l’accento Franco Maccari, Segretario Generale del COISP (Coordinamento per l’Indipendenza Sindacale delle Forze di Polizia), che ha sollevato il velo del silenzio, ponendo con forza il problema della tutela degli operatori di polizia, esposti a un rischio professionale senza alcuna rete di protezione e prevenzione. Alla faccia della retorica sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, inattuata dallo Stato, che però persegue (giustamente) le imprese con norme soffocanti e una burocrazia scandalosa.

«Ci troviamo costretti a denunciare la gravità di quanto sta avvenendo all’interno del CIE di Pian del Lago, a Caltanissetta, dove già quattro ospiti del centro sono stati ricoverati per tubercolosi. Subito sono scattati gli accertamenti sanitari per centinaia di immigrati ospiti del centro, ma i poliziotti ed gli altri appartenenti alle Forze dell’Ordine non è stato effettuato alcun controllo» ha affermato Maccari in un comunicato.

«Inutile dire la grande preoccupazione che in queste ore vivono i nostri colleghi – ha spiegato Maccari – sottoposti al rischio di contrarre una grave malattia infettiva come la tubercolosi» un timore che riguarda la salute degli operatori e quella delle loro famiglie e, perfino, delle loro cerchie relazionali, visto che la tubercolosi è una malattia facilmente trasmissibile.

«Tutti si preoccupano, giustamente, dello stato di salute degli ospiti del centro» ha sottolineato il segretario del COISP, perché si deve fare di tutto per «evitare il diffondersi di una epidemia», ma queste preoccupazioni non sembrano «riguardare il personale delle Forze dell’Ordine che è entrato in contatto con i soggetti ammalati: ognuno è lasciato in balia di se stesso, senza direttive e senza che qualcuno si preoccupi di effettuare accertamenti sanitari».

Una circostanza che, se venisse confermata, getterebbe un’ombra di discredito anzitutto sui responsabili locali delle cosiddette “Autorità Competenti”, che si mostrerebbero in questo caso “Autorità Incoscienti”.

Come Maccari, anche noi «chiediamo un intervento immediato perché venga tutelata la salute» degli operatori delle forze di polizia «impegnate ad affrontare questa situazione di grave emergenza sanitaria». Perché pensare alla salute degli immigrati, a prescindere da qualsiasi altra aggettivazione e qualificazione, è un atto di civiltà, è un atto di ordinaria responsabilità pensare alla sicurezza personale e sanitaria degli operatori di polizia. Saremo per caso etichettati come fascisti, per questa semplice richiesta?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

20130424_TW@horsemoonpost