Il tribunale amministrativo di Istanbul blocca la demolizione di Gezy Park

La magistratura amministrativa ferma il progetto di costruzione di una grande moschea e di un centro commerciale. Questa sera i giovani manifesteranno la propria gioia in Piazza Taksim

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La Sesta sezione del tribunale amministrativo di Istanbul ha oggi respinto il ricorso del Ministero della Cultura e ha dichiarato che il Gezy Park non può essere demolito. La decisione sul respingimento del ricorso è stata presa a maggioranza dei magistrati, con il coto contrario del presidente della corte. Ne danno notizia i quotidiani turchi rilanciati dalle agenzie di stampa internazionali.

La decisione ora dovrà essere confermata e entro due mesi saranno pubblicate le motivazioni. Il coordinamento delle associazioni protagoniste della protesta delle ultime settimane – riunite nella Taksi Platform – ha manifestato la propria soddisfazione.

La protesta, partita a Istanbul come opposizione al progetto immobiliare che avrebbe distrutto il polmone verde di Gezy Park, si era poi accesa in varie città della Turchia, con l’obiettivo di fermare la deriva islamista del governo guidato da Recep Tayyp Erdogan. Una folla eterogenea di cittadini avevano reclamato laicità e parità di diritti in un Paese che sulla laicità posta dal padre fondatore, Kemal Ataturk, aveva trovato un equilibrio di civiltà.

Il governo aveva promosso un progetto di costruzione di un centro commerciale e di una grande moschea al centro della città, nei pressi di Piazza Taksim, un noto luogo di ritrovo di aggregazione di giovani. La protesta aveva provocato la dura repressione della polizia, criticata in tutto il mondo. Europa e Stati Uniti avevano inviato appelli alla calma e alla composizione pacifica della protesta, criticando peraltro gli eccessi delle forze dell’ordine, alla base della morte di diverse persone e al ferimento di centinaia di manifestanti.

Erdogan, dopo una prima irremovibile intransigenza, aveva ceduto anche alle pressioni internazionali, rimettendosi successivamente alle decisioni della magistratura, che oggi ha fermato il progetto.

Tuttavia, non si placano le polemiche interne su alcune ipotesi di responsabilità straniere per le manifestazioni. Il vice di Erdogan, Besir Atalay, ha oggi accusato la “diaspora ebraica” di aver ispirato la protesta. Non si è fatta attendere peraltro la reazione della comunità ebraica turca, i cui rappresentanti si sono mostrati moderati. «Attendiamo di avere più notizie sulle dichiarazioni di Atalay –  ha dichiarato una fonte del rabbinato della Turchia – perché gli ebrei, non solo in Turchia, potrebbero essere presi come bersaglio dopo queste dichiarazioni».

Le relazioni tra Israele e Turchia, alleate anche in campo militare, si sono raffreddate dalla  fine di maggio del 2010, quando 9 attivisti della Freedom Flottilla erano stati uccisi dai reparti speciali israeliani mentre tentavano di violare il divieto di sbarco a Gaza, a sostegno degli islamisti di Hamas.

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