Polemiche su F35. Dal Consiglio Supremo di Difesa due piccioni con una (maldestra) fava

La difesa necessita (anche) degli F35, ma che il Parlamento non possa mettere bocca sul tema è fuori dalla grazia costituzionale

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Ieri si è tenuta la riunione (la prima dell’anno) del Consiglio Supremo di Difesa, presieduto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. In una giornata convulsa in tutto il Mediterraneo, è sembrato un atto urgente che potesse inquadrare uno scenario di crisi e con tutta probabilità è stato così: certi passaggi devono rimanere segreti, il che non significa che debbano essere scevri dal controllo democratico assicurato da istituzioni legittime. La trasparenza in democrazia deve trovare una mediazione intelligente nel senso di realtà e di opportunità.

Quel che ha lasciato perplessi molti osservatori – e ha fatto gridare a un “mezzo golpe” i finto-pacifisti-un-tanto-al-chilo – è stato un passaggio del comunicato finale, sull’ammodernamento della difesa nazionale: «A parere del Consiglio Supremo, tale visione è conforme allo spirito ed al disposto della legge 244, anche per quanto attiene alle necessità conoscitive e di eventuale sindacato delle Commissioni Difesa sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate, fermo restando che, nel quadro di un rapporto fiduciario che non può che essere fondato sul riconoscimento dei rispettivi distinti ruoli, tale facoltà del Parlamento non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’Esecutivo» (comunicato finale del CSD).

Il Consiglio Supremo di Difesa nella riunione del 3 Luglio 2013 (immagini della Presidenza della Repubblica)

Per fugare ogni dubbio: sono a favore dell’ammodernamento della difesa italiana e perfino della europeizzazione della difesa, delle Forze Armate Europee, che però non possono essere frutto di una cooperazione rafforzata come l’Euro, necessitano di una legittimità politica e istituzionale che le deriverebbe solo se rispondessero al governo legittimo di uno Stato Federale Europeo. Altrimenti sarebbero una soluzione sbagliata (e molto pericolosa: very dangerous) a un problema reale, quello del decadimento della capacità effettiva di mettere in piedi un credibile strumento militare a difesa del territorio, degli interessi e della politica europea. Ne scrivo con passione perché è stato l’argomento centrale della mia tesi di laurea che perorava gli Stati Uniti d’Europa, federali e fondati su un efficiente principio di sussidiarietà (unico modello esistente e funzionante: quello statunitense nordamericano).

20130704-f35-imbarcato-rendering-780x500Ne consegue che sono a favore del programma di modernizzazione della difesa aerea, che fra un po’ sarà in braghe di tela. Sarei perfino – nell’ottica federale – a una “Legge navale” e una “Legge Aerea” europea, per riorganizzare questi due bracci fondamentali per la sicurezza e la difesa dell’Europa. Non sembrano esserci alternative credibili – promosse da un programma multinazionale e sostenibile sotto il profilo finanziario – forse anche per la protervia francese di sviluppare una piattaforma indipendente (da vendere ai Paesi francofoni…in Africa e non solo).

La dichiarazione di ieri del Consiglio Supremo di Difesa (il Parlamento non può mettere il becco sulla questione) è stupefacente. L’avesse lasciata scritta il presidente Cossiga nel suo testamento (non proferita in vita, intendo…), avrebbero deportato la sua bara in un’isola sperduta dell’Atlantico, in esilio post mortem.

Piuttosto, è sembrato un modo maldestro – e perfino preoccupante – per coprire con una coperta di intangibilità la  composita ed eterogenea maggioranza che sostiene il governo Letta, con il PD contro il programma degli F35 in campagna elettorale. In democrazia che il Parlamento non possa mettere becco su qualsiasi questione non esiste, non solo in un sistema parlamentare come quello che rege (si fa per dire) l’Italia. Semmai il tema dovrebbe essere: una volta deciso qualcosa, non si può tornare a ragionarci a ogni cambiamento di vento. Ne va della rispettabilità del Paese, non di questa o quella aggregazione politica.

Se Barak Obama (o qualsiasi altro presidente degli Stati Uniti, una repubblica federale retta da un presidente/monarca-semi-assoluto, ma temporaneo) si permettesse di affermare una cosa analoga, il Congresso gli taglierebbe i fondi perfino per comprare la carta igienica.

Si vuole forse dissuadere gli italiani dal prendere in considerazione l’ipotesi di riformare le istituzioni in senso presidenziale, una riforma che il Paese necessiterebbe, ma non per togliere peso al Parlamento come luogo di legittimo indirizzo della politica nazionale, bensì per dare al governo i poteri di governare davvero, in modo consono alla mutata realtà contemporanea, che mal si presta alla lentezza medievale del governo della Repubblica italiana. Se questa è la finalità, il presidente Napolitano – che sta svolgendo un ruolo presidenziale accentuato da diversi anni – potrebbe aver colto appieno l’obiettivo.

Le affermazioni di ieri del Consiglio Supremo di Difesa – attribuibili al vertice costituzionale che ne presiede la legalità – costituiscono la fava amara con cui si è voluto prendere in giro due piccioni: l’opposizione (sparuta) parlamentare palese e occulta, che non potrà mettere bocca sull’affaire F35 (il che sarebbe anche un buon effetto, visto il contenuto dell’eloquio, ma questa è un’altra storia); la spinta presidenzialista necessaria a fare dell’Italia un Paese moderno, che però senza bilanciamenti e contrappesi istituzionali rischia di aprire all’arbitrio personale. Abbiamo già dato (prima, durante e dopo la partitocrazia fascista e non).

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