To the Wonder, la sesta meraviglia di Terrence Malick

L’occhio del regista texano si sofferma sul rapporto di coppia e sul sentimento dell’amore. Da oggi nelle sale italiane

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Neil e Marina s’innamorano a Parigi; madre di una bambina di dieci anni, Marina riempie ogni attimo della vita di Neil d’amore e gesti di affetto, tanto da convincerlo a trasferirsi da lui negli Stati Uniti. Dopo un intenso periodo iniziale, Neil è sempre più indifferente all’affettuosità di Marina, fino a soffocarne la passione e rompere la loro relazione, tornando a frequentare una vecchia conoscenza. Il richiamo dell’antica passione tra lui e Marina è, però, sempre vivo e acceso: il sentimento li ricongiungerà senza che questo sia privo di nuove difficoltà che con l’ausilio di padre Quintana la coppia spera di risolvere.  

Prosegue con To the Wonder l’indagine stilistica e filosofica di Terrence Malick, giunto al suo terzo film in sette anni (con altri due già in cantiere, praticamente un record per i suoi standard). Dopo averci stupito ed emozionato con la parabola cosmica sulla vita in The Tree of Life, il regista texano si concentra stavolta sul rapporto di coppia arricchendo la sua poetica di nuovi spunti e domande. Il sentimento dell’amore, essenziale per chiunque creda che la vita vada vissuta appieno, è fondamentale per spalancare le porte alla bellezza e alla meraviglia (verso cui il titolo sembra ammiccare), ma anche e soprattutto al rischio del fallimento capace come nessun’altra cosa di rendere l’uomo degno di prendere decisioni.

Non siamo esseri senzienti, scegliamo di amare, quindi di soffrire; non siamo immuni al dolore, per questo motivo, e per molti altri, portati a evitare di scottarsi. Le parole di padre Quintana (Javier Bardem, protagonista forse di scene poco approfondite e vittime di un sicuro dimezzamento al montaggio) sono eloquenti: “Dovete amare, che vi piaccia o no.”

To the Wonder riporta sulla terra (dopo la magnifica parentesi cosmica del suo precedente lavoro) i temi più cari a Malick: il rapporto tra essere umano e natura, stavolta sublimato dal misterioso e meraviglioso sentimento dell’amore; lo fa procedendo con la stessa cifra stilistica del film Palma d’Oro a Cannes nel 2011, ovvero nella completa commistione tra immagini e musica in grado di trascinare lo spettatore nella vorticosa (e dolorosa) esperienza amorosa, vissuta nella pienezza dei sensi  così come i suoi personaggi la vivono sullo schermo.

Protagonista della pellicola Olga Kurylenko, vittima e allo stesso tempo fonte inesauribile d’amore per Ben Affleck, la cui non-espressività produce l’effetto desiderato provocando dapprima un sentimento di antipatia nello spettatore che poi giungerà alla comprensione per questo sofferto personaggio, giustificandone l’arguta scelta di casting. Da contorno le prove di Rachel McAdams e Javier Bardem, cui tra l’altro è dedicata una breve (ma spesso banale) riflessione sui dogmi della fede cattolica sulla quale pesa una scelta di montaggio rigorosissima nei confronti dell’opera finita.

Malick si interroga e ci interroga quindi sulla concezione dell’amore oggi: troppo banale e semplicistico, che appassisce rapidamente dopo un breve colpo di fiamma, il cineasta sembra voler spronare il pubblico odierno a non lasciarsi abbattere anche a quelli che potrebbero sembrare giganteschi fallimenti, di continuare a provare, a sperare che l’amore – persino quello compromesso da tradimento – possa trasformarsi in qualcosa di più alto, tendente alla meraviglia.

Le caratteristiche voci off assumono la forma di un flusso di coscienza indispensabile per l’elaborazione del tema trattato e fanno da collante alle magnifiche e “gigantesche” sequenze che i movimenti di macchina ci restituiscono, sia che si tratti di fredde e desolate distese sia di scene di vita quotidiana pregne di un’autentica componente critica. La pretesa di Malick potrebbe risultare eccessiva da parte di uno spettatore non abituato al suo cinema, ma questa è un’altra sfida che ognuno dovrebbe accettare volentieri per poi tirare le somme a fine visione: dal nostro canto sembra che l’ennesimo esperimento sia riuscito.

VOTO : 8

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