Salvaguardia Ambiente, il monito dell’Anbi: “Stop all’urbanizzazione”

L’appello arriva dall’Anbi, l’associazione nazionale bonifiche e irrigazioni: “In 40 anni la superficie coltivata si é ridotta di circa il 28%” e l’unico modo per contrastare la fragilità del suolo è contrastare l’urbanizzazione.

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Contenere l’impermeabilizzazione del suolo, contrastare la cementificazione selvaggia e l’abbandono delle terre secondarie da parte dei coltivatori: sono queste alcune delle misure necessarie per arginare il problema della fragilità del territorio italiano, che risente fortemente dalla forte urbanizzazione. Il monito arriva da Massimo Gargano, presidente dell’Anbi, associazione nazionale bonifiche e irrigazioni.

Secondo le stime dell’associazione, infatti, negli ultimi “40 anni la superficie coltivata si é ridotta di circa il 28%, arrivando a meno di 13 milioni di ettari”. Una triste fotografia quella mostrata dall’Anbi, a pochi giorni da un’Assemblea, che si svolgerà l’11 luglio, per fare il punto della situazione ambientale italiana.

In questo tragico scenario, Gargano illustra come “il dissesto idrogeologico in Italia interessa, secondo i dati ufficiali, l’82% dei comuni‘ e che i “Consorzi di bonifica hanno realizzato e provvedono alla manutenzione e all’esercizio di un grande patrimonio di impianti ed infrastrutture idrauliche, destinate alla difesa del suolo: basti pensare ai circa 200.000 chilometri di canali o ai quasi 800 impianti idrovori”.

Ma a rendere più complicata e ingarbugliata la situazione é il fatto che ”gli oneri di manutenzione ordinaria sono a carico dei consorziati: nel 2012, sono ammontati a 566 milioni di euro gli importi versati ai consorzi di bonifica da parte di 7.700.000 contribuenti. Se la manutenzione ordinaria é a carico dei privati consorziati, occorrono però finanziamenti pubblici per la manutenzione straordinaria e l’adeguamento degli impianti”. ”Manutenzione ed usi del territorio – conclude il Presidente Anbi. – sono un binomio inscindibile, cui è subordinata la sicurezza territoriale del Paese”.

A rincarare la dose i dati Ance-Cresme del 2012, relativi agli anni compresi tra il 1944 e il 2011. Secondo questi, infatti, il danno economico prodotto in Italia dalle calamità naturali supera 240 miliardi di euro, con una media di circa 3,5 miliardi di euro all’anno. E il danno apportato dalle catastrofi idrogeologiche si attesterebbe al ben 25% di quello complessivo.

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