Cina, intellettuale chiede di pubblicare i patrimoni dei dirigenti del Partito Comunista: arrestato

Xu Zhiyong, 40 anni, docente universitario di diritto, ha fondato il movimento non violento del “Gongmeng”, per il rispetto della costituzione cinese e della legge. Decine di attivisti arrestati perché denunciano la corruzione dei quadri del Partito, ma per Pechino questa è un “tentativo di sovvertire il potere dello Stato”

20130718-XuZhiyong_780X468

Pechino – Xu Zhiyon (nella foto in alto), docente universitario di diritto e personalità emergente nel panorama sociale e culturale della Cina del XXI Secolo, nonché esponente di primo piano nella battaglia per la salvaguardia dei diritti umani, è stato arrestato due giorni fa per “aver cercato di radunare folle e disturbare l’ordine pubblico”. Questa l’accusa per cui l’intellettuale cinese è stato trasferito dagli arresti domiciliari, in cui viveva da due mesi, in una delle celeberrime carceri dell’ex Celeste Impero.

A darne informazione ai media occidentali l’avvocato Teng Biao, collega, amico e legale del docente, citato dall’agenzia di stampa cattolica AsiaNews. Secondo Human Rights Cina, Xu è stato incarcerato al culmine di una serie di ritorsioni mosse dalla nomenclatura del Partito Comunista Cinese, a seguito della campagna lanciata dall’intellettuale a favore della pubblicazione delle ricchezze dei membri del partito e del governo, per fare emergere la mole di corruzione esistente nel Paese.

20130718-Hu_Jintao__500x600Da tempo Xu Zhiyong è impegnato nella difesa dei diritti umani in Cina e nella promozione del rispetto dei valori della Costituzione, fine per cui ha fondato il movimento Gongmeng, che chiede appunto la trasparenza dei politici, come atto per democratizzare il grande Paese asiatico. Una richiesta peraltro più volte elaborata dall’ex segretario generale del partito e presidente cinese Hu Jintao (nella foto a sinistra), poi tacitata dal successore Xi Jinping, che ha chiuso il dibattito sulla corruzione politica.

Gli osservatori interni e internazionali ritengono, con qualche fondamento, che la trasparenza sulle ricchezze dei membri del Partito Comunista possa svelare i corrotti, che usano il proprio potere politico per arricchirsi direttamente o per via di mogli e figli. Negli scorsi mesi ebbe vasta eco internazionale la notizia delle immense ricchezze dell’ex premier Wen Jiabao, dell’ex governatore di di Chongqing Bo Xilai e dello stesso presidente in carica Xi Jinping (nella foto in basso).

L’avvocato di Xu Zhiyon, Teng Biao, ha rivelato che almeno dieci persone legate al movimento Gongmeng sono state arrestate a Pechino e decine in altre province, tutti accusati di “disturbo dell’ordine pubblico” e di “sovversione dei poteri dello Stato”.20130718-Xi_Jinping_478x599

Nel maggio 2012, Xu Zhiyon aveva postato in un blog una riflessione sulla partecipazione popolare alla politica, secondo cui la Cina «ha bisogno di un nuovo movimento dei cittadini» per far nascere «una Cina libera, democratica e governata dalla legge». Lo scorso aprile l’intellettuale legalista era stato bloccato prima che salisse su un volo per Hong Kong e posto agli arresti domiciliari, da dove è stato prelevato due giorni fa per essere portato in un carcere a Pechino.

La lotta per la corruzione politica è un dato che accomuna il grande Paese asiatico e tutti i governi, senza distinzione di posizionamento geopolitico. Come è dimostrato dalle quotidiane cronache giornalistiche, l’Italia non ne è immune e tra le “democrazie” occidentali ha un triste primato che la pone al 72° posto nella classifica dell’indice di corruzione percepita, redatta da Transparency International, dietro a Ghana, Romania e Brasile. Solo Bulgaria e Grecia, tra i Paesi dell’Unione Europea, sono meno corrotti del Bel Paese. Secondo questa classifica, la Cina occuperebbe l’ottantesima posizione, al pari di Serbia e Trinidad e Tobago.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

@johnhorsemoon

 

20130718-trasparency-international-bribe-map_780x510