Pescara, lo scoppio nell’azienda di fuochi pirotecnici è avvenuta nel deposito giudiziario: 4 morti, 8 feriti

Bilancio pesante, ma avrebbe potuto essere devastante: quattro morti, otto feriti. Vigili del Fuoco coinvolti, carabinieri salvati dal giovane Alessio di Giacomo (deceduto)

20130726-foto-twitter-pescara-780x500
Foto di Valeria di Palo, via Twitter

Le due esplosioni di che ieri hanno devastato l’azienda «Pirotecnica abruzzese» di Mauro di Giacomo a Città Sant’Angelo avrebbe potuto essere una strage di ben più vaste proporzioni. La prima, intorno alle 10.15, si è verificata nel deposito giudiziario in cui le forze dell’ordine conservavano i botti illegali sequestrati nelle varie indagini in Abruzzo. La seconda, che ha ucciso il giovane Alessio Di Giacomo, l’unica vittima di cui è stato trovato al momento il corpo, è avvenuta nella fabbrica annessa.

Alessio ha salvato i carabinieri accorsi per primi dopo la prima deflagrazione. «Non vi avvicinate, è pericoloso» ha detto ai militari accorsi sul luogo. Poi è rimasto coinvolto nel secondo botto, probabilmente nell’intento di mettere in sicurezza l’azienda. Non ci sono più speranze per il padre Mauro (45) e lo zio Federico (50), insieme all’altro parente Roberto (39), mentre è miracolosamente illesa una signora di 92 anni, Gilda Tauro, madre del titolare.

Secondo fonti ospedaliere, sono otto i feriti che risultano essere stati accompagnati nei nosocomi di Pescara e di Penne, dopo le prime cure prestate nell’ospedale da campo allestito in emergenza nei pressi del luogo dell’esplosione. Due di loro sono in prognosi riservata a Pescara. I rimanenti, meno gravi, a Penne. Sia nell’ospedale pescarese che in quello di Chieti i reparti di rianimazione sono pronti per accogliere eventuali feriti gravi.

Tra i feriti in gravi condizioni c’è anche un Vigile del Fuoco, trasferito con l’elisoccorso all’ospedale civile di Pescara. 

Adriano di Giacomo è salvo per caso. Invece di essere in fabbrica con i fratelli Mauro e Federico, era andato in centro a Città Sant’Angelo per una visita medica. «Non avevamo operai – dice nella disperazione – era un’azienda familiare la migliore d’Abruzzo». Adriano non riesce a capacitarsi perché «era il miglior laboratorio d’Abruzzo, avevamo rifatto tutto da capo, era tutto nuovo. Belle coperture, tutte coibentate, muri da 40 centimetri», ma evidentemente qualcosa è andato storto.

Sarà questo l’obiettivo principale dell’inchiesta condotta dalla magistratura locale, ricostruire le cause delle deflagrazioni e capire come possono eventualmente essere evitate in futuro. Andrà a nostro avviso valutata in modo diverso l’allocazione di questa tipologia di opifici, visto che le esplosioni hanno coinvolto anche due insediamenti rurali abitati da persone.

© RIPRODUZIONE RISERVATA