Egitto, lo scontro di civiltà della porta accanto…

Egitto in fiamme. Tunisia profondamente instabile. I Fratelli Musulmani chiedono l’aiuto internazionale. Quale ‘primavera araba’? Quale ‘autunno arabo’?  Un’estate bollente e un autunno infernale alle porte. Chi si rende conto davvero della realtà dei fatti?

A wounded man is helped following clashes in Alexandria

In questo agosto particolarmente caliente’ mentre l’Italia, o meglio i politici, si trastullano con la vicenda ‘Berlusconi’ (indegna da qualsiasi angolazione la si guardi, pro o contro il leader del PDL) e altri celebrano le Festività ferragostane, nella sponda sud del Mediterraneo quella ‘primavera araba’ – tanto lodata e ben sostenuta in vari modi dai governi occidentali – si è trasformata in un inferno…un incendio che lambisce da vicino, da molto vicino, anche l’Europa.

Coprifuoco e stato d’emergenza per un mese in Egitto, 2000 morti, secondo alcune fonti, un centinaio, secondo quelle opposte governative: il fatto è ch l’Egitto è in piena guerra civile: tutti contro tutti. Sunniti contro sunniti; sunniti contro le poche minoranze sciite; sunniti contro cristiani. Chiese copte bruciate e relative testimonianze culturali perdute, certo meno importanti della perdita di vite umane, ma sempre un lutto nella memoria della civiltà.

Intanto Israele bombarda la Striscia di Gaza per rispondere ad un razzo RGP, uno dei tanti, contro il suo territorio e si accinge a costruire altri insediamenti di coloni dove non dovrebbe. Il siriano Bashir al Assad sfugge a un agguato e i governativi riprendono territorio per riperderlo subito dopo, mentre i ribelli siriani inanellano vincite e sconfitte e sono sempre più armati….da chi?

La Turchia, che per ora, superficialmente, avrebbe ritrovato una stabilità incerta, chiede alternativamente la fine dei massacri in Siria e in Egitto.

Il quadro generale è molto complesso e non favorevole anche per la vita dell’Europa. Il Mediterraneo è quasi totalmente destabilizzato. Chi non ricorda la grande soddisfazione di molti governanti e politici, anche nostrani, inneggianti a una ‘primavera’ araba che aveva finalmente rovesciato biechi dittatori (con i quali peraltro erano stati firmati  molti trattati ed erano state condotte numerose operazioni commerciali…) e sostituito i passati regimi  con un inizio di “democrazia” che si sperava lunga e duratura. Quello che la politica internazionale non aveva saputo prevedere era il fatto che un Islam intransigente aveva fatto strada fra il popolo negletto (quello che non aveva goduto dei benefici dei contratti commerciali con l’Occidente) e che alle elezioni avrebbe avuto la maggioranza.

I Fratelli Musulmani, vinte le elezioni, non hanno a loro volta considerato un semplice fatto: che una parte consistente, se non maggioritario, dell’Egitto (un dato comune a Tunisia, Turchia e perfino Algeria) non poteva accettare di tornare a un sistema di vita sociale, economica e giudiziaria, giudicato retrogrado e fuori tempo ormai.

Una parte sociale dell’Egitto che non ha saputo considerare però la valenza di disperati costretti a vivere nei cimiteri o nei quartieri fortemente degradati del Cairo (la cui popolazione è aumentata in modo esponenziale) o di Alessandria; una classe media consistente, colta e ‘occidentalizzata’, anche se fortemente religiosa: molti di queste persone facevano regolarmente il loro pellegrinaggio alla Mecca con convinzione, ma non potevano accettare un sistema di ‘democrazia’ islamica applicata.

Sembra una contraddizione in termini, ma non lo è, se si ricorda che il Sacro Libro del Corano riguarda tutta la vita dell’essere umano, del cittadino e che la ‘sharia’ è la legge che deve guidare i suoi comportamenti. La classe media, però, in larga parte, si è occidentalizzata sotto il profilo sociale e nel rapporto tra lo status di cittadino e quello di credente, avendo maturato ormai la possibilità di una divisione fra queste due condizioni, una separazione tra regio e religio. Difficile accettare per una parte degli egiziani il ritorno a una ‘sharia’, totale e politica, dopo essersi ‘liberati’ della dittatura e della corruzione di Hosni Mubarak e del suo ‘cerchio magico’, dove peraltro vi erano anche elementi profondamente onesti (per la verità pochi e in maggior parte, figli di famiglie una volta potenti e ricche, depauperati totalmente dal colpo di Stato di Neguib nel 1952).

ùUna parte degli egiziani ha ricevuto una profonda delusione dagli avvenimenti che hanno portato al successo gli islamisti, i quali hanno eletto i loro rappresentanti vincendo le elezioni seppur con un margine esiguo. Il sistema per rovesciare un governo eletto è quello di dichiararlo illegale e di far sparire i suoi membri. Nulla di nuovo sotto il sole: così accade nella sponda sud del Mediterraneo anche perché ci sono, ed è noto in molti casi, interferenze internazionali che alterano i già fragili equilibri locali.

Gli Stati Uniti hanno chiesto in queste ore (pomeriggio del 14 agosto) che non si dia luogo al coprifuoco e allo stato d’emergenza e che l’esercito si ritiri rispettando i diritti umani.  Forse si è arrivati troppo in là per poter ritirare l’esercito. L’ordine pubblico deve essere ristabilito anche se in modo provvisorio o …surrettizio, un ordine pubblico che è stato violato più volte.

L’Egitto deve tornare al suo ruolo internazionale e interregionale, ma non è con le richieste della politica  mondiale che questo avverrà. Il ruolo dell’Egitto nella regione è troppo importante, ma in questo momento quel territorio è ripiegato sui suoi gravi problemi di non facile soluzione, circondato – sotto il profilo geopolitico – da una Tunisia che soffre quasi degli stessi problemi, da una Siria in guerra civile e da una Turchia dove forse il premier Erdogan ha capito la lezione, cioè almeno per ora quella di non affondare il piede sull’acceleratore dell’islamizzazione della società, per mantenere una certa stabilità.

Intanto, proprio i Fratelli Musulmani si rivolgono alla comunità internazionale (occidentale e araba) affinché siano forti le pressioni per far cessare la repressioni. Chi l’avrebbe mai potuto pensare o prevedere? Sono momenti storici importanti e complessi, specchio di profondi cambiamenti in un mondo che sembrava immobile.

L’Europa è fortemente coinvolta e lo sarà sempre di più. L’Italia è in prima linea e deve prevedere un forte afflusso di profughi: la comunità egiziana è forte in Italia, di remota immigrazione e ben integrata. Anche a loro si dovrebbe rivolgere il governo italiano per essere pronto a una forte immigrazione nel nostro Paese proveniente da quel territorio, di cui si sono già viste le avvisaglie. Bisogna cercare di organizzarsi meglio per tempo, perché la situazione egiziana, tunisina, siriana non è tale da essere risolta in pochi mesi, forse perfino in pochi anni.

A parte le richieste di rispetto dei diritti umani, si è compresa la pericolosità, anche pratica e contingente, di quel che sta succedendo in Egitto dal punto di vista umano, sociale e civile? 

(articolo scritto nel tardo pomeriggio del 14 Agosto 2013)

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Maria Gabriella Pasqualini

Maria Gabriella Pasqualini si è laureata cum laude alla Sapienza in Scienze Politiche, Già distaccata presso il servizio diplomatico, poi docente universitario, è autore di numerosi volumi di storia militare e di saggi storici. Esperta di Medio e Vicino Oriente, collabora con numerose riviste scientifiche. A THE HORSEMOON POST è Vicedirettore e Responsabile Esteri e Difesa.