Egitto, il fronte della barbarie contro la cultura. Chiusi i musei egiziani

La violenza dei Fratelli Musulmani e dei salafiti colpisce l’immenso patrimonio culturale egiziano, considerato anti-islamico e, per questo motivo, meritevole di distruzione. Schierati i blindati a protezione di musei, luoghi di culto e siti archeologici

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L’ondata di tumulti in Egitto sta suscitando un grande allarme internazionale per il concreto rischio cui è sottoposto il patrimonio storico-artistico. Il ministro egiziano delle Antichità, Mohamed Ibrahim, ha annunciato l’arrivo dei blindati dell’esercito in diversi governatorati per proteggere i siti archeologici dalle minacce dei gruppi terroristici. A rischio i templi di Luxor e Karnak, il museo di Nuba ad Assuan e il già depredato Malawi National Museum a Minya.

Dopo le chiese cattoliche e copte distrutte dai sostenitori del deposto presidente Morsi, tra cui si contano alcune al Cairo, Suef, Fayyum, Suez, Sohag, giunge notizia della distruzione dell’antica chiesa copta di Delga (IV sec.) che farebbe temere anche per il Monastero Bianco e il Monastero Rosso di Sohag, tra i più famosi del Paese.

A seguito degli efferati episodi che dimostrano quanto la violenza sia cieca e non consapevole del grave danno che si sta perpetrando a uno dei settori economici più importanti dell’Egitto, quello del turismo, il Governo provvisorio, presieduto da Hazem al-Beblawi, ha disposto la chiusura a oltranza di tutti i musei e i siti di scavo. A nulla sono servite queste misure per il Malawi National Museum, nel sud del Paese, di recente colpito della furia dei terroristi, tra cui si anniderebbero saccheggiatori professionisti, abili nella sottrazione e rivendita dei reperti archeologici di inestimabile valore.

Alcune fonti parlano di migliaia di reperti – sui 1089 esposti e provenienti dai vicini siti di Tuna el Gebel, Hermopolis, Antinopoli e Amarna – derubati o distrutti, abbandonati tra le macerie del museo che vantava numerose mummie animali e statue legate al culto di Thot. Sembra sia sparita anche la statua di una delle figlie di Akhenaton, uno dei pezzi più importanti della collezione che si spera in parte di recuperare, attraverso la diramazione di un elenco delle opere perdute cui starebbero lavorando alcuni funzionari.  Al riguardo, anche il ruolo dei social network potrebbe rivelarsi importante, dal momento che la comparsa in rete di immagini dei reperti trafugati, insieme alla loro dettagliata descrizione, potrebbe bloccare il commercio illecito delle opere e favorirne un ritorno.

Ma le notizie confuse e a singhiozzo che arrivano dall’Egitto non lasciano presagire niente di buono al momento per l’inasprimento del conflitto e l’aumento del clima di tensione, che hanno spinto al rientro molti turisti stranieri presenti, la minaccia per una località particolarmente attrattiva quale Hurgada e la caduta dell’interesse culturale nei confronti di questo territorio che invece necessita un forte recupero sul piano turistico.

Quel che preoccupa di più è il pericolo per i tesori che per millenni la terra egiziana ha custodito e che sono fonte, ancora oggi, di ricerche e scoperte da parte di studiosi di tutto il mondo, affascinati dalle ricche collezioni ma, soprattutto, consapevoli dell’importante tassello che l’Egitto rappresenta per l’analisi della storia dell’uomo.

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