A Torino il 39° congresso sulle operazioni interforze e multinazionali nella storia militare

Quale intervento in Siria? Educativo? Di pace? Di guerra? Il congresso sulla storia degli interventi militari internazionali sotto la lente d’ingrandimento degli studiosi di storia militare cade in un momento particolarmente interessante all’analisi comparativa, per i timori di un’azione militare nel Mediterraneo Orientale

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Le prime pagine dei giornali di ieri e di oggi in tutto il mondo danno molto spazio alle decisioni che il presidente degli Stati Uniti non sta prendendo sull’intervento ‘educativo’ da intraprendere nei confronti del presidente siriano, Bashar el-Asad: un segnale forte a indicare che la comunità internazionale non può tollerare (e non deve) l’uso di armi chimiche, ma bisogna essere preparati al fatto che questi interventi sono spesso a loro volta dolorosi. Necessita inoltre l’accordo internazionale che, secondo gli ancor vigenti accordi internazionali, si concreta nelle decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, quell’organo cioè che ha di fatto sostituito quello che nel secolo XIX e inizi del XX era il ‘Concerto delle Grandi Potenze’: quelle che decidevano per tutti.

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non ha fino a questo momento raggiunto un accordo sulla bozza di risoluzione presentata dal governo di Londra, allo scopo di ottenere l’autorizzazione all’uso della forza in Siria. La Russia è contraria. La stessa Gran Bretagna ha promesso ai giuristi inglesi che non interverrà senza che gli osservatori mandati all’ONU abbiano raggiunto la sicurezza e presentato un rapporto sull’accertato uso di armi chimiche contro la popolazione civile. Anche se a vedere alcuni filmati sembra che non ci siano dubbi in merito. Vale la pena ricordare che la guerra in Iraq scoppiò perché gli Stati Uniti sostenevano di avere le prove del possesso di un arsenale di armi chimiche da parte di Saddam Hussein, che peraltro li aveva già usati nei confronti della popolazione curda irachena: fatti noti da tempo.

È evidente che attualmente gli Stati Uniti stanno riflettendo attentamente non tanto sull’intervento, quanto sulle conseguenze e non tanto per il resto della comunità internazionale, quanto per le vicende interne, sociali e economiche, sfiancati come dovrebbero essere (e sono) dopo il conflitto in Iraq e quello in Afghanistan, con un dubbio consenso popolare verso l’azione. Il Vietnam non è stato ancora dimenticato; anche gli effetti del napalm su quella terra…

La destabilizzazione della regione strategica è completa. Il momento è uno dei più pericolosi degli ultimi anni: l’apertura di un conflitto in Siria ripeterebbe gli errori del vicino passato? E l’impatto sul territorio? Ha la comunità internazionale la capacità e gli strumenti atti a riportare una relativa stabilità nella zona? Il Presidente Obama sostiene ufficialmente che si tratta solo di dare una ‘lezione’ ad Asad, ma le lezioni finiscono lì?

Analizzando quanto è avvenuto in Iraq e in Afghanistan (per non dimenticare la Somalia) durante gli interventi ‘moralizzatori’, nel senso di ‘portare la democrazia’, in quelle terre si nota facilmente  che gli interventi hanno comunque provocato, morte, distruzione. Economie rase al suolo che per risollevarsi, se mai ci riusciranno, hanno comunque bisogno dell’aiuto internazionale e anche in questo modo stentano a ricostruirsi. Non parliamo poi delle popolazioni che hanno visto perire generazioni (bambini compresi e in gran numero).

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Interessante il discorso del Segretario Generale dell’ONU, fatto ieri (28 agosto) all’Aja, all’apertura della Conferenza Ministeriale sulla regolazione pacifica delle dispute internazionali quando ha ricordato i vari articoli dello Statuto che regolano la convivenza fra gli stati e ha dichiarato che ogni giorno, ogni ora egli riceve rapporti sui conflitti che devastano la terra, dicendo testualmente Siria, Afghanistan, Somalia. Questi territori dimostrano che gli effetti di questi conflitti possono durare per generazioni…E’ così, senza formula dubitativa.

Tutti questi non sono avvenimenti solo del nostro tempo. Frugando nella storia del passato, si trovano numerosissimi esempi d’interventi della comunità internazionale in territori vari non solo per conquistare ma anche per riportare la stabilità, per pacificare un territorio. Uno per tutti: quello delle Grandi Potenze a Creta alla fine del secolo XIX per garantire la pace sull’isola: missione alla quale il Regno d’Italia partecipò con un contingente e un Ammiraglio Italiano presiedeva il Consiglio degli Ammiragli che si trovò a governare l’isola pacificata, per un certo tempo. E questo è solo un esempio. Probabilmente nel passato gli interventi non producevano simili disastri umani ed economici.

Anche se fu deciso più di un anno fa, il tema del Congresso che si aprirà a Torino il 1° settembre (per la durata di una intera settimana, presso il Centro Congressi della Camera di Commercio di Torino) ricade in un momento particolarmente interessante per la situazione attuale: Le operazioni interforze e multinazionali nella storia militare. Organizzato dallo Stato Maggiore Difesa insieme alla Commissione Internazionale di Storia militare, il Congresso vedrà confluire nella città sabauda studiosi da varie parti del mondo che illustreranno e ricorderanno esempi di interventi militari a scopo di ‘pacificazione’ di un territorio che non sempre sono stati esenti da quelli che con ipocrita eufemismo vengono ora chiamati ‘danni collaterali’…

Sarà anche un momento di riflessione sugli odierni avvenimenti. Non avrà influenza su quanto deve accadere ma almeno non si perderanno di vista a futura memoria esempi del passato. E finché c’è memoria, forse qualcosa rimarrà nelle lezioni apprese per un futuro che per ora si presenta molto difficile e pericoloso a livello mediorientale, almeno.

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Maria Gabriella Pasqualini

Maria Gabriella Pasqualini si è laureata cum laude alla Sapienza in Scienze Politiche, Già distaccata presso il servizio diplomatico, poi docente universitario, è autore di numerosi volumi di storia militare e di saggi storici. Esperta di Medio e Vicino Oriente, collabora con numerose riviste scientifiche. A THE HORSEMOON POST è Vicedirettore e Responsabile Esteri e Difesa.