Concluso il 39° Congresso internazionale di Storia Militare a Torino, con attenzione per le missioni italiane

L’impegno tricolore è ormai pluridecennale. L’intervento del ministro della Difesa e del capo di Stato Maggiore della Difesa sulle operazioni interforze e multinazionali. Gli studi e la memoria storica

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Si è concluso ieri il 39° Congresso internazionale di Storia Militare a Torino, avviato il 1° settembre dal ministro della Difesa, Mario Mauro, nelle parole del quale si possono riscontrare i pilastri che reggono l’analisi storica e la proiezione della conoscenza sulle attività attuali delle Forze Armate italiane. Mauro ha affermato in sede di inaugurazione che «preparare le ragioni e le condizione della pace è un lavoro lungo e difficile che ha bisogno di passione e del valore non solo dei nostri soldati… Perché in quel valore ritroviamo la ragione delle nostre scelte politiche purché esse siano oculate, non affrettate, purché siano orientate al diritto e alla pace. In modo da rendere più agevole la storia intera dell’umanità. Noi vorremmo – ha spiegato il senatore Mauro – cercare di essere, attraverso i lavori di questo convegno, degni del sacrificio di quegli uomini.  E se è vero che una delle principali battaglie della storia è stata la battaglia aerea d’Inghilterra, salutata da Winston Churchill con le 20130908-convegno-storia-militare-mariomauro-380x260parole “Mai così tanti dovettero così tanto a così pochi, io credo che forse ancor di più potremmo dover disporre nei confronti del lavoro degli storici perché se il lavoro degli storici e degli storici militari saprà evidenziare le ragioni e lo scopo della politica nei confronti di ciò che giorno per giorno è la responsabilità dei governi, credo che avremmo fatto qualcosa di molto utili e per i nostri popoli».

Ripercorrere la storia, avere memoria di quello che si è fatto non solo negli ultimi dieci anni, ma andare a rivedere le situazioni storiche lontane, quando gli interventi allora non si chiamavano “missioni di pace” – perché molto spesso si trasformarono in missioni di ‘imposizione della pace’ (peace enforcing) con relativi contorni di guerra guerreggiata – è fondamentale per capire il presente alla luce dell’esperienza.

Se nella seconda metà del XIX secolo e nella prima metà del XX secolo le missioni all’estero delle Forze Armate italiane sono state numerose, nella seconda metà del XX e negli ultimi anni la loro proiezione internazionale è cresciuta in modo esponenziale, in qualche modo divenendo strumento di una diplomazia particolare, che cerca di risolvere alcuni problemi di stabilità e sicurezza in molte aree difficili.

Le missioni di mantenimento della pace (peace keeping operations) costituiscono un sistema di garanzie tecnico-militari che possono implementare decisioni di carattere politico da parte di organizzazioni sovranazionali o internazionali, un tipo di interventi molto delicato e di recente sviluppo. Secondo lo Statuto dell’ONU, solo il Consiglio di Sicurezza, regolato dall’articolo 24, ha la responsabilità del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, con la possibilità di usare la forza per raggiungere gli obiettivi. Nel Capitolo VII sono disciplinate le modalità degli interventi coercitivi, attraverso i reparti militari che dal Consiglio stesso ricevono il mandato per operare, mentre nel Capitolo VI lo Statuto disciplina la soluzione pacifica delle controversie.

Nell’ultimo decennio, le ‘missioni di pace’ si sono inoltre differenziate per obiettivi, strategie e modalità operative. Il ritrovato accordo (che in questi giorni sembra essere svanito)  fra i Cinque Grandi del Consiglio di Sicurezza (USA, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia) e una diversa stagione dei rapporti multilaterali a livello mondiale, hanno portato alla piena applicazione delle disposizioni dei Capitoli VI, VII e VIII, previste con sapiente preveggenza ancora prima della fine della Seconda Guerra  Mondiale. Non sempre queste regole sono state osservate, ma la comunità internazionale ha cercato e cerca di monitorare e di implementare l’applicazione dei diritti umani e di tutta la normativa internazionale sottesa.

Dal 1989 si è registrata una profonda evoluzione del concetto di mantenimento della pace e di interventi per la sicurezza internazionale, con il frequente coinvolgimento di componenti civili a fianco di quelle militari, anche se ancora si sente l’esigenza di una maggior collaborazione tra le due ‘anime’ che lavorano per ricostruire condizioni locali di cooperazione politica in un quadro di stabilità e sicurezza.

La politica estera del Governo italiano è sempre stata quella di appoggiare il ruolo dell’ONU, per una più incisiva presenza di questa Organizzazione a garanzia della sicurezza mondiale, accettandone e favorendone le misure. Ancora ieri a Vilnius la ministra degli Esteri, Emma Bonino, ha ribadito la volontà italiana di partecipare alle decisioni che saranno prese per la Siria, ma nel quadro delle decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Anche l’impegno dello Stato Maggiore della Difesa (SMD), nella sua linea di indirizzo e coordinamento, è notevole e incisivo, anche per affermare la professionalità dei militari italiani e ottenere la dovuta visibilità con quegli incarichi di alto profilo che consentano il migliore adempimento del mandato ricevuto, in relazione all’impegno finanziario e di risorse umane profuso nelle missioni.

Il prestigio italiano è stato costruito missione dopo missione, con una attenta risposta professionale alle richieste della comunità mondiale, ribaltando completamente quanto avvenuto tra il 1943 e gli anni successivi.

Nel corso degli ultimi avvenimenti internazionali nell’area mediorientale, l’Italia è stata chiamata a fornire un apporto di professionalità anche nell’addestramento delle polizie locali. Dopo l’attentato dell’11 settembre  2001 negli Stati Uniti, la politica italiana ha manifestato sempre più una decisa volontà e una integrale disponibilità a partecipare a iniziative politiche, economiche e militari che la comunità internazionale può assumere contro il terrorismo internazionale. Lo strumento militare in questo scenario decisionale si presenta in grado di supportare alcune scelte in politica estera, ma deve ovviamente essere utilizzato con attenzione per la realtà contemporanea, necessitando peraltro di alcuni cambiamenti strutturali di impiego, con il  relativo adeguamento del quadro giuridico. Con il passaggio al cosiddetto “assetto professionale”, ossia l’impiego esclusivo di ‘volontari’ professionisti nelle fila delle Forze Armate – e la connessa sospensione della leva – lo strumento militare si è adeguato in modo rapido alle nuove esigenze delle globalizzazione.

20130908-convegno-storia-militare-1-380x264Un panorama internazionale che è stato focalizzato anche dal capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Binelli Mantelli, il quale in sede di inaugurazione dell’importante appuntamento congressuale ha affermato che «oggi l’incertezza e l’imprevedibilità degli scenari geostrategici ci impongono analisi molto più sofisticate e dunque la riflessione storica ci può aiutare a leggere il presente con maggior consapevolezza, a non ripetere gli errori del passato, piuttosto a sostenerne i valori, le idee vincenti, le iniziative positive, per costruire il futuro. Il concetto di sicurezza – ha aggiunto Binelli Mantelli – significa molto più della semplice “assenza di conflitti” e poggia piuttosto sullo sviluppo di forme di cooperazione e di mutua confidenza, partendo dalla reciproca comprensione fra culture, società, religioni e quindi anche delle rispettive realtà storiche. Un aspetto questo che travalica gli stessi concetti di Joint e Combined per un approccio davvero comprehensive in contesti multidisciplinari ed interagenzia. La conoscenza del nostro passato è anche un modo di tutelare la nobiltà della nostra coscienza nazionale e dei nostri valori, perché questo contributo sia più pregnante e consapevole. Un dovere morale da trasmettere alle nuove generazioni, ai nostri figli e nipoti, perché – ha concluso il capo di Stato Maggiore della Difesa – sappiano fare ancora meglio e ancora più di noi».

Gli studi storici approfonditi sono dunque uno strumento indispensabile per non perdere la memoria del passato e per diffondere le “lezioni apprese”, onde non ripetere possibilmente gli errori del passato. Il Congresso di Torino, organizzato proprio dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa, ha rappresentato un fondamentale approfondimento degli studi nel settore degli interventi militari multinazionali e interforze, con una visione proiettata nel futuro, che si presenta gravido di pericoli tali da necessitare l’assunzione di decisioni di grande rilievo, quale un eventuale ulteriore intervento in Medio Oriente, non scevro da pericoli di altra destabilizzazione in quel settore geografico. Con la profonda rivisitazione della memoria del passato attendiamo dunque gli eventi futuri…

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Maria Gabriella Pasqualini

Maria Gabriella Pasqualini si è laureata cum laude alla Sapienza in Scienze Politiche, Già distaccata presso il servizio diplomatico, poi docente universitario, è autore di numerosi volumi di storia militare e di saggi storici. Esperta di Medio e Vicino Oriente, collabora con numerose riviste scientifiche. A THE HORSEMOON POST è Vicedirettore e Responsabile Esteri e Difesa.