Né geni, né scemi, ma alla Ferrari è arrivata l’ora di uno scatto di dignità

Il pilota spagnolo prima spara ad alzo zero, poi nasconde il fucile. Si lamenta della strategia delle qualifiche, ma chi dovrebbe farlo – Felipe Massa – resta compresso nel ruolo di servitor cortese. Forse è arrivata l’ora della rivoluzione…

GP ITALIA F1/2013

Non si tratta di essere geni o scemi, piuttosto di responsabilità, senso delle proporzioni e del ruolo, capacità di orientarsi: la Ferrari è la chiesa laica dell’Italia intera, forse non solo. È il simbolo di un popolo che, malgrado avesse le pezze nel di dietro, ha saputo erigere un sogno e alimentarne il fuoco con l’alito del lavoro. Chi oggi intraprende la strada della costruzione di automobili di nicchia sa di poter contare su un bagaglio scientifico molto maggiore (ammesso se ne abbiano le risorse).

Allo scorso Salone di Ginevra, abbiamo osservato a lungo come Ron Dennis seguisse di persona lo stand, le disposizioni delle auto, come andasse negli stand altrui con una deferenza professionale ammirevole. Ma con un carisma del tutto diverso da quello che aveva il Commendatore. Gli abbiamo confessato di persona la nostra ammirazione, perché oggi c’è più concorrenza, è meno facile sfondare, Dennis ce l’ha quasi fatta.

Al tempo di Enzo Ferrari invece esisteva solo il cuore, pochi denari, molta passione, quel che ha realizzato Ferrari resterà nella storia industriale – oltre che sportiva – del Paese. A cercare di turlupinare i giornalisti – «ho detto geni, non scemi» ha detto l’asturiano in conferenza stampa, mentendo e sapendo di mentire, perché le registrazioni sono a prova di Enzo Scichilone (l’ultimo cretino della catena informativa, intendo) – non si fa una bella figura, tutt’altro: si fa una figura barbina. Peraltro comune a molti negli ultimi tempi in quel di Maranello.

Passato il Gran Premio d’Italia, festa nella festa, celebrazione della liturgia del credo maranelliano, pellegrinaggio laico al Santuario remoto del Cavallino Rampante – perché non si rovina la festa, la cerimonia e la liturgia in casa propria – alla Ferrari dovrebbero prendere in mano un vocabolario e cercare una parolina magica alla lettera “D”: dignità.

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Luca Cordero di Montezemolo – peraltro provato negli affetti familiari per l’incidente incorso di recente al figlioletto Lupo a Marina di Ragusa (molti e affettuosi auguri di pronta guarigione, presidente) – ha mantenuto una calma e una infastidita freddezza verso questo gesto di maleducazione (non ci sono sinonimi…) di Alonso verso il team, il muretto box, le crews. Lunedì – come avvenne nel 1991 con Prost – il presidente della Ferrari dovrebbe alzare il telefono e comunicare al manager del pilota italiano di ritirare gli effetti personali e di togliere, con effetto immediato, le tende da Maranello. Sic et simpliciter e senza perdere ulteriore tempo. Fine della corsa iridata? Certamente, ma chi se ne … Primo farsi rispettare (almeno tanto quanto si rispetta).

Anche Felipe Massa dovrebbe avere un sussulto di dignità, perché dovrebbe scrollarsi di dosso il vittimismo che lo ha assalito da quando è tornato in pista dopo l’incidente in Ungheria. Il brasiliano dovrebbe riprendere a fare il pilota, se ancora ne è capace. Capiamo che negli ultimi tempi il brasiliano ha svolto questo lavoro a fasi alterne, potrebbe essersi disabituato, ma vorremmo ricordargli che la barca di soldi presi dalla Ferrari a qualcosa deve pur servire. Non si sente seguito dal team? Lo dica senza mezze misure. Non si sente più in grado di guidare al top, per effetto della paternità (o dell’incidente)? Legittimo, anzi “superlegittimo”, ma abbia la compiacenza di ammetterlo a se stesso. Il suo servilismo ha stufato, tanto quanto il suo vittimismo. Pensi che al mondo c’è gente che fatica molto di più e guadagna cifre infinitamente minori. La prossima volta cosa gli chiederanno, di precedere Alonso e accendere un cero votivo per tutti i giri del GP di Singapore? Suvvia, un po’ di serietà…

E ancora, pure Fernando Alonso dovrebbe avere un soprassalto di dignità, perché i suoi comportamenti hanno ormai esaurito la buona disponibilità di tutti. Non è lesa maestà, ma senso del sacro e per gli italiani la Ferrari è sacra: possiamo criticarla, anche con asprezza, solo noi che la amiamo anche a costo di non ammetterlo. Noi che non siamo tra gli estimatori di Fernando Alonso/uomo – il pilota tecnicamente è indiscutibile – avevamo creduto che ieri pomeriggio il mondo avesse interpretato male le parole proferite via radio dal pilota spagnolo. Ne abbiamo scritto su Twitter, salvo ammettere poco dopo – di fronte alla prova provata – di esserci sbagliati.

Lunedì, caro presidente Montezemolo, si metta la maschera delle occasioni storiche e licenzi in tronco Fernando Alonso. Perderà lo sponsor bancario spagnolo? Sarà sufficiente dichiarare alla stampa di cercarne uno nuovo, per ingolfare la rotta sull’aeroporto di Bologna di nuovi potenziali supporter della Ferrari.

Ma la dignità, quella no, non può trovarla da nessuna parte, può solo decidere di metterla sul tavolo da gioco, perché a molti questo gioco al massacro di Alonso non piace più. Se non accadesse, sarebbe un pessimo segnale di sudditanza verso un professionista che forse avrà alcune ragioni, ma ha l’unico torto di pensare di essere il solo a fare grande la Ferrari. I piloti passano, la Ferrari resta, ed è stata resa grande da un uomo che alla “fabbrica” ha consegnato la propria vita.

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John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.

Un pensiero su “Né geni, né scemi, ma alla Ferrari è arrivata l’ora di uno scatto di dignità

  • 08/09/2013 in 08:51:49
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    Molto “business” poca vera passione e tanta spocchia . Addio tempi eroici di una Italietta uscita a pezzi da una guerra che non era fatta per noi e che in mezzo agli stracci fecero vedere al mondo intero che il genio italico c’era sempre.
    Basta così. Massimo Schiavi.

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