È arrivato il tempo di dichiarare il jihad islamista crimine contro l’Umanità

La violenza religiosa da parte degli estremisti islamisti di matrice wahabita giustifica una reazione globale e mutidimensionale. Serve una dichiarazione giuridica solenne, per inquadrare i crimini commessi in nome di Dio. Da Peshawar a Nairobi, chi compie certi atti deve sapere di mettersi al di fuori del consesso umano. Nessun Dio può promuovere la violenza, nessun uomo può più impunemente chiamare Dio come ispiratore di crimini

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Non passa giorno che un uomo, una donna, un bambino o un vecchio non sia al mondo assassinato perché professa una religione diversa da quella islamica. Dei cristiani, in particolari, si fa carne di porco dall’Indonesia al Marocco, con diversi gradi di tolleranza: minimi ai due estremi – Marocco e Indonesia – e un progressivo ammorbidimento man mano che ci si avvicina idealmente al centro della Mezzaluna Islamica.

Sovvengono in questi giorni le immagini del martirio di Peshawar e la carneficina di cristiani-in-quanto-cristiani: non combattenti, ma fedeli in preghiera; non armati, se non di santa pazienza e devozione verso Cristo; non reattivi, ma agnelli sacrificali di un piano diabolico ammantato di devozione ad Allah.

E come non turbarsi di 20130925-peshawar-church-blastfronte all’eccidio barbaro di Nairobi, con persone – adulti e bambini – assassinate con una freddezza inumana, orribile sistematicità, un piano organizzativo che fa riemergere dalle fogne della storia i piani di sterminio nazisti. La selezione dei musulmani e dei non musulmani non ricorda forse gli orripilanti rastrellamenti cui gli ebrei furono sottoposti dalle truppe hitleriane delle SS e della Gestapo?

In Egitto, un movimento libero e interreligioso, supportato dai massimi vertici dell’islam sunnita e del cristianesimo copto, ha unito le forze per detronizzare un criminale internazionale assurto alla presidenza della repubblica, forte di un programma settario di separazione ispirato alle teorie wahabite dei Fratelli Musulmani, il movimento islamista che intendeva trasformare l’Egitto in una dittatura teocratica fondata sulla sharia, movimento che sta per essere dichiarato sciolto dalle supreme magistrature egiziane. Speriamo per sempre.

In Turchia, un movimento trasversale monta da mesi contro l’islamizzazione strisciante, ispirata alle teorie neo-ottomane del premier Erdogan. In Tunisia avviene lo stesso: dopo la cosiddetta “Primavera Araba” che ha cacciato Ben Alì, il partito islamista Al Nahda – costretto a indossare un abito moderato – è contestato ogni giorno di più e deve fronteggiare da un lato la protesta dell’eterogeneo fronte liberale (costitutito da veri moderati e dalla sinistra progressista) e dall’altro i salafiti che vorrebbero imporre al Paese un’escalation religiosa all’insegna della sharia.

In Indonesia, un movimento protoliberale musulmano eleva ogni giorno il proprio monito contro le violente azioni anticristiane, propedeutiche all’islamizzazione delle istituzioni, dei movimenti più oscurantisti e liberticidi.

Insomma, il seme velenoso dell’islamismo wahabita, settario, razzista e criminale, sta facendo crescere sentimenti opposti all’interno della comunità musulmana, che intende elevare un argine all’orrore, fermare un nuovo genocidio nel nome di Allah, vivere da musulmano senza doversi vergognare di esserlo, attraverso letture contestualizzate al presente del sacro Corano.

Lo abbiamo già affermato: questa reazione sociale dal basso è un fatto nuovo, imprevisto dagli analisti internazionali. Tuttavia è il segno inequivocabile che l’Umanità possiede una risorsa fondamentale per la sopravvivenza alle proprie malefatte: la razionalità. La razionalità, secondo la profezia di Luigi Sturzo, porterà l’Uomo all’eliminazione della guerra dalle relazioni internazionali, perché la guerra è un atto irrazionale, l’uccisione dell’uomo da parte di altro uomo. Un obiettivo di lungo periodo, ma per il quale vanno spese le migliori risorse intellettuali del pianeta.

In attesa che la profezia del sacerdote di Caltagirone si avveri e che si possa aprire uno stato di pace perpetua di kantiana memoria, occorre che l’Umanità metta in campo gli strumenti giuridici laici per fronteggiare il crimine jihadista.

È arrivato il tempo di dichiarare il jihadismo islamista un crimine contro l’umanità. Una dichiarazione solenne che deve essere compiuta prima possibile dall’unico forum globale che fa sedere insieme in “Condomini del Pianeta Terra”, l’Assemblea delle Nazioni Unite. La nozione di crimine contro l’Umanità comprende già tutto il prontuario dell’orrore islamista. Se serve per segnare un punto laico contro la violenza, si dichiari crimine contro l’Umanità ogni violenza religiosa, senza aggettivi che ne restringerebbero l’ambito e porgerebbero ai mestatori di professione e ai druidi del terrore religioso ampi margini di strumentalizzazione.

Nel nome dell’unico Dio non si possono compiere efferatezze. Nel nome dell’unico Dio non si possono considerare infedeli coloro che professano una religione diversa o non ne professano alcuna. Nel nome dell’unico Dio si può solo agire per migliorare il mondo, non per farlo sprofondare nell’abisso di un orrore senza fine. Niente di più e vale per tutti: cristiani, ebrei, indù, musulmani, adoratori delle biciclette e delle farfalle.

Solo gli adoratori di Satana intendono far progredire il male e veicolano il nome di Dio per remare contro l’Umanità.

Siamo però convinti – da umili osservatori della Storia – che ogni volta che un uomo chiama Dio a testimone dei propri atti terreni, c’è più politica che religione, più sete di potere che amore per il Creatore, più bramosia di materia che abbandono alle questioni dell’anima. Gli uomini di buona volontà siano messaggeri di pace e disvelino questo vergognoso arcano. Nel “villaggio globale” profetizzato da McLuhan non c’è più spazio per l’orrore.

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