Mediterraneo e Medio Oriente. (1) Gli interessi della Russia, brevi note

Molte istanze si agitano nel Medio Oriente con influenze su alcuni territori dell’Asia centrale. Il gruppo BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) e le antiche potenze coloniali (Francia e Gran Bretagna) hanno interessi diversi, ma forti, da affermare in questa regione strategica. Una veloce analisi sulla Russia. Seguiranno nei prossimi giorni quelle sulle altre potenze con interessi geostrategici nello scenario mediorientale

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È fuor di dubbio che il “Mediterraneo allargato” – comprendente non solo il Mediterraneo strictu sensu, ma anche il Medio Oriente (compreso il Golfo Persico) e il Levante – sia una regione strategica in cui si scontrano interessi di rilevanza globale, con diverse entità statali protagoniste non più settoriali, come gli Emirati, divenuti protagonisti attivi di una intensa politica regionale. Un altro Stato importante è la Turchia, ma in realtà lo è sempre stata, con atteggiamenti cangianti a seconda dei momenti storici: una volta più protesa verso le vicende europee, un’altra verso quelle regionali, ma sempre presente – e spesso protagonista – anche nei conflitti bellici dell’area.

Chi invece sembra aver perduto peso e possibilità di incidere è, almeno in questo momento, l’Egitto. È ben vero che il Presidente Morsi scelse oculatamente come suo primo viaggio all’estero, fuori della regione, la Cina, potere economico non più emergente, ma protagonista dell’economia mondiale:  l’esponente dei Fratelli Musulmani, all’apice del potere, però non ha ascoltò con attenzione tutte le istanze del suo popolo,  che non ha gradito la deriva islamica intrapresa. Morsi si è trovato in poco tempo agli arresti mentre i militari hanno ripreso il potere politico in mano per ri-orientarlo, come da lunga tradizione nella terra di Faraoni. Così l’Egitto ha di nuovo avuto un momento di blocco della sua leadership nel Nord Africa, dovendo risolvere problemi interni di rilievo politico e soprattutto economico.

La “primavera araba” – che molto ‘primaverile’ non è stata affatto – ha fatto cadere alleati decennali di alcune potenze mondiali, fino ad allora legati a doppio filo economico e politico con gli establishment occidentali: questi hanno addirittura impresso una notevole spinta affinché questi cambiamenti potessero avvenire.

Nell’attuale questa fase storica, altre potenze economiche mondiali stanno considerando l’opportunità di consolidare, non senza timori suscitati dalle rivoluzioni, legami politici e commerciali già esistenti o di avviarne di nuovi, penetrando per la prima volta in questi Stati con nuovi governanti: in particolare mi riferisco a Brasile, Russia, India e Cina (cioè i Paesi del BRIC), ricordando però che Russia (come parte dell’URSS) e Cina avevano già una tradizionale presenza economica e una forte influenza politica nell’area.

Anche due Stati europei hanno cercato e stanno cercando di ottenere di nuovo una posizione di prestigio e influenza, quale avevano già esercitato nel corso del XIX e XX Secolo: Francia e Gran Bretagna.

Mosca, come è ben noto, ha interessi consolidati nel Mediterraneo da lungo tempo: sia l’impero zarista sia “l’impero sovietico” hanno avuto stretti legami con i Paesi arabi e africani, sostenendo fortemente negli anni Cinquanta e Sessanta il loro iter di decolonizzazione, seguito poi da una forte presenza nella costruzione di infrastrutture (da ricordare tra l’altro  la Diga di Assuan, quelle in Algeria) e di porti, con l’evidente scopo di ottenere basi nel Mediterraneo, nel quadro militare del Patto di Varsavia e nel contesto storico della Guerra Fredda. Mosca ha venduto armi (probabilmente anche chimiche) a quei Paesi, soprattutto alla Libia e alla Siria.

C’è stato un momento di pausa in questi stretti rapporti, quando i problemi interni all’URSS, che hanno portato alla sua implosione  e disintegrazione, hanno rallentato i legami politico-economici, ripresi quasi subito agli inizi degli Anni 2000.

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Se nel passato l’impatto sovietico era basato molto sulla diffusione dell’ideologia, oltre che alla massimizzazione del profitto geopolitico, oggi Mosca sembra privilegiare la costruzione di una cooperazione economica di mutui interessi, non dimenticando peraltro quella penetrazione ideologica propria dell’era sovietica, anche se con parametri diversi e forse più sottili. Non si possono tralasciare le visite di Putin in Israele, Egitto Marocco e presso l’Autorità Palestinese nel 2005 e 2006. I nodi della questione riguardano non solo i rapporti economici, ma forse ancor di più quelli della sicurezza e stabilità regionale (peraltro ora molto labile, se non inesistente), dei conflitti, del terrorismo islamico che minaccia di allargarsi sempre più anche nei territori confinanti con la Russia. Per gli studiosi è evidente che la Russia ha bisogno di una presenza strategica nella regione, che deriva da una relativa vicinanza degli stati del Mediterraneo orientale ad alcuni di quelli che aderiscono alla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), fondata dai capi di governo di Bielorussia, Ucraina e Federazione Russa il 21 dicembre 1991, di carattere prevalentemente economico.

La Russia teme a ragione una dannosa influenza del terrorismo e dell’integralismo islamico nelle sue regioni a nord del Caucaso. Spesso ci si dimentica che nel vasto territorio della Russia e dei suoi alleati, l’elemento islamico è molto presente e i gruppi terroristici che operano in Afghanistan e Pakistan con estrema facilità esportano le loro tecniche nei territori vicini, Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Tajikistan, con motivazioni ideologico-religiose. Inoltre, come è noto, la produzione di oppio in Afghanistan è aumentata nonostante gli sforzi della presenza militare sul territorio. La via della droga passa attraverso l’Asia Centrale e ha fatto della popolazione russa, tormentata da problemi interni, uno dei maggiori consumatori al mondo di eroina. Un Afghanistan stabilizzato e con una economia diversa darebbe sicurezza ai confini della CSI.

Mosca non può sottovalutare la minaccia del programma nucleare iraniano, altro territorio confinante con le regioni caucasiche. In realtà la Russia ha dato un aiuto a Teheran nella costruzione all’impianto nucleare di Busher per usi civili, ma teme a ragione che vi possa essere una riqualificazione militare dello stesso complesso. Ambedue gli Stati hanno però un interesse reciproco a sviluppare relazioni bilaterali economiche che possano portare in prospettiva a una certa stabilizzazione delle due regioni. Comunque, è evidente come la Russia cerchi di risolvere in modo diplomatico alcuni di questi problemi.

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Per quello che riguarda la questione Israele-Palestina, l’URSS/Russia non ha sempre avuto un indirizzo uniforme nell’appoggio a una delle due parti, ma allo stato attuale è evidente che Mosca sia uno dei partner più importanti nel sempre tentato ma difficile processo internazionale di pacificazione e soluzione del problema palestinese.

Anche nel caso della Siria, per una lunga serie di ragioni, non tutte di certo di carattere ‘umanitario’, Mosca tende a evitare decisamente un nuovo intervento militare.  Interessi politici, militari, economici spingono Putin a mediare e a opporre resistenza nel Consiglio di Sicurezza all’intervento armato, non ultima la presenza di circa centomila russi o di origine russa di fede ortodossa presente sul territorio siriano. Il regime di al-Assad è sempre stato laico, tollerante verso la fede cristiana e nuovi assetti hanno già dimostrato che tutto questo cambierebbe in modo radicale nel caso di regime change (obiettivo francese). I molteplici attacchi a chiese cristiane e l’ultimo terribile assalto alla cittadina cristiana di Maalula sembrano addirittura il segno di una modificazione radicale della situazione nel teatro siriano.

In sintesi, la Russia ha estrema necessità, come l’Europa, di un Mediterraneo, di un Medio Oriente stabilizzato e sembra stia facendo del proprio meglio con la diplomazia per evitare nuovi conflitti e per arginare un Islam politico fondamentalista, che possa prendere il potere in questa regione strategica.

La penetrazione economica può servire a evitare altri conflitti, ma nel passato però quel tipo di penetrazione scatenò molte guerre. Siamo tuttavia nel XXI secolo: la storia può cambiare con il cambiamento delle persone.

(continua)

© RIPRODUZIONE RISERVATA – ARTICOLO PUBBLICATO IN ORIGINE SU “OSSERVATORIO ANALITICO, RIPRODOTTO PER GENTILE CONCESSIONE DEL DIRETTORE SCIENTIFICO (WWW.OSSERVATORIOANALITICO.COM)

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Maria Gabriella Pasqualini

Maria Gabriella Pasqualini si è laureata cum laude alla Sapienza in Scienze Politiche, Già distaccata presso il servizio diplomatico, poi docente universitario, è autore di numerosi volumi di storia militare e di saggi storici. Esperta di Medio e Vicino Oriente, collabora con numerose riviste scientifiche. A THE HORSEMOON POST è Vicedirettore e Responsabile Esteri e Difesa.