Caso Shalabayeva, sotto inchiesta diplomatici kazaki, denunciati anche funzionari del Ministero dell’Interno

La denuncia per “sequestro aggravato di persona e ricettazione” è stata depositata mercoledì alla procura della Repubblica di Roma. Indagato l’ambasciatore in Italia e altri due diplomatici. Madyna Ablyazova, figlia maggiore di Shalabayeva e del dissidente Mukhtar Ablyazov: “Hanno organizzato l’illegale espulsione di mia madre e di mia sorella”. Dalla procura di Roma: atto dovuto

20130927-shalabayeva_alma-382x286Roma – La Procura della Repubblica di Roma ha iscritto nel registro degli indagati l’ambasciatore del Kazakhstan in Italia Andrian Yelemessos, il consigliere politico Murlan Khassen e l’addetto agli Affari consolari Yerzhan Yessirkepov, per l’espulsione di Alma Shalabayeva e della figlia minore Alua. Il reato ipotizzato è sequestro di persona. L’iscrizione – fanno sapere fonti giudiziarie – è un atto dovuto, in seguito alla denunzia presentata da parte di Madyna Ablyazova, figlia della Shalabayeva e del “dissidente” Mukhtar Ablyazov.

L’espulsione della donna e della figlia di 6 anni risale al 31 maggio scorso e provocò una scia di polemiche sulla legittimità del provvedimento, visto che coinvolta era una minore. Non si esclude che nei prossimi giorni i tre diplomatici indagati possano essere convocati a Palazzo di Giustizia per essere ascoltati, ma è difficile che si presentino, visto le guarentigie diplomatiche da cui sono coperti.

Negli ambienti della Procura, come detto, si fa sapere che il provvedimento è un atto obbligatorio prescritto dalla legge a seguito della denuncia presentata dalla figlia di Ablyazov. Il fatto, di dominio pubblico, avrebbe dovuto produrre già l’apertura di un’indagine penale, se in sede giudiziaria fosse stato rilevato una notitia criminis (vigendo in Italia l’obbligatorietà dell’azione penale). L’inchiesta sulla vicenda è affidata al pubblico ministero Eugenio Albamonte, il quale dovrà ora valutare se le persone che hanno proceduto all’espulsione abbiano violato la legge, soprattutto in riferimento alla bimba di 6 anni.

Due giorni fa, Madyna Ablyazova aveva sporto denuncia presso la procura della Repubblica di Roma verso i funzionari italiani del ministero dell’Interno, l’ambasciatore kazako e due diplomatici di Astana. La denuncia, ha spiegato l’avvocato della donna Astolfo di Amato, è per “sequestro aggravato di persona e ricettazione”, quest’ultimo capo di accusa è stato ipotizzato dopo il confronto dei documenti usati per l’espatrio forzoso della signora Shalabayeva e della figlia di sei anni: la foto utilizzata sul documento di quest’ultima, ha affermato l’avvocato di Amato, «appare identica a quella sul passaporto della Repubblica Centrafricana»” della piccola, inspiegabilmente in mano alle autorità kazake perché la «la bambina non era mai stata in Kazakhstan prima di essere portata via dall’Italia».

Dopo la presentazione della denuncia, l’avvocato Astolfo di Amato ha avuto un breve colloquio – definito “illustrativo” – con il procuratore capo, Giuseppe Pignatone, ma sul contenuto c’è il più stretto riserbo.

«Le prove emerse in merito all’illegittimità dell’espulsione – ha affermato il legale – ci spingono a ritenere che sia stato commesso il reato di sequestro di persona aggravato. La prova documentale mostra che i tre diplomatici kazaki sono stati presenti, in modo attivo, in tutta questa triste vicenda. Qualora cadesse la loro immunità e dovessero affrontare il processo e la condanna, la pena massima prevista in Italia per il sequestro di persona aggravato è di quindici anni di reclusione». Con tutta evidenza, l’eventualità che la protezione diplomatica venga meno è assai improbabile.

I tre diplomatici sono l’ambasciatore in Italia, Andrian Yelemessov, e due funzionari in servizio a Roma, Nurlan Khassen, consigliere agli affari politici, e Yerzhan Yessirkepov, addetto agli affari consolari. Questi ultimi due sono stati identificati grazie a una foto scattata dal pilota dell’aereo a noleggio che ha portato Shalabayeva e la figlia da Ciampino in Kazakhstan. «Questo ambasciatore e gli altri due diplomatici – ha detto Madyna Ablyazova, che risiede in Svizzera – hanno organizzato l’illegale espulsione di mia madre e di mia sorella di sei anni. Come può l’Italia permettere loro di continuare a godere della immunità dopo che gli stessi hanno abusato pesantemente dei loro privilegi diplomatici?».

Riguardo l’immunità diplomatica da revocare, l’avvocato di Amato si limita a ricordare che «c’è già un precedente, quello di Abu Omar, in cui la Cassazione ha precisato che l’immunità non può essere utilizzata in casi di questo genere, e non può essere opposta in presenza di violazione dei diritti umanitari».

Il caso Shalabayeva, ha ricordato il legale, è stato già definito dall’Onu un caso di “extraordinary rendition, e «tre relatori speciali delle Nazioni Unite hanno evidenziato che la donna espulsa ‘è sposata con l’ex prigioniero politico Mukhtar Ablyazov, che è un avversario politico del presidente del Kazakistan Nazarbayev. Ablyazov ha ottenuto l’asilo politico nel Regno Unito nel 2011, ma è fuggito dopo che la polizia britannica l’ha avvertito che la sua vita era in pericolo».

Intanto, i documenti resi pubblici dal ministero dell’Interno italiano hanno rivelato – secondo il legale della Shalabayeva – un abuso sfacciato dell’Interpol da parte delle autorità del Kazakhstan al fine di ottenere la ‘extraordinary rendition’. In una comunicazione ufficiale dell’ufficio dell’Interpol di Astana all’ufficio dell’Interpol di Roma, le autorità di polizia del Kazakistan hanno chiesto alle autorità italiane di consegnare loro la Shalabayeva, nonostante il fatto che quest’ultima non fosse e, non lo è mai stata, oggetto di un mandato di cattura dell’Interpol.

Il cablogramma da Astana, datato 31 maggio, poco prima dell’espulsione, è stato segnalato ‘molto urgente‘ e ‘Documento riservato per il solo uso della polizia e delle autorità del Kazakhstan‘, che con tutta evidenza sapevano di poter riporre estrema fiducia nel fatto che grazie a questa comunicazione, con cui si richiedeva l’espulsione di due persone, non sarebbe mai divenuta pubblica. Infatti il 5 giugno, il ministero degli Affari Esteri del Kazakistan – ne hanno desunto i legali – ha emesso un comunicato stampa, ancora oggi online, in cui si afferma che «Il rimpatrio non è stato effettuato su richiesta delle autorità del Kazakistan – era una espulsione non un’estradizione». Una vicenda su cui abbiamo la sensazione l’autorità giudiziaria sarà impegnata per molto tempo, attesa a complessità del coinvolgimento di diplomatici accreditati presso lo Stato italiano e coperti da garanzie diplomatiche molto stringenti. Non sarà facile “fare gli indiani”…

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