Iran-Usa, la storia riparte a New York. Rouhani condanna i crimini del nazismo. È come Gorbaciov per l’URSS?

Il presidente iraniano: “sono stati commessi contro molte persone, ebrei compresi”. Ma non cita l’Olocausto. Dopo oltre 30 anni di gelo nelle relazioni bilaterali, faccia a faccia tra il ministro degli Esteri iraniano e Kerry: “Clima molto positivo ma c’è ancora molto lavoro da fare”. Il leader di Teheran: “Volevate passi concreti? Li stiamo facendo”. Sul nucleare: accordo in tre mesi. Si respira un’aria di fiducia se non di vero e proprio ottimismo

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New York – Con una condanna dei ”crimini nazisti” – pur non citando espressamente la Shoa – il presidente iraniano Hassan Rouhani è intervenuto davanti alla platea del think tank ‘Council on Foreign Relations‘ di New York, a margine dell’annuale Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Parlando in farsi ha detto che «purtroppo questi crimini sono stati commessi contro molte persone, ebrei compresi», aggiungendo una valutazione significativa: «condanniamo questi crimini in generale. Per noi non ci sono differenze se le persone innocenti (uccise, ndr) sono ebrei, cristiani o musulmani».

«Se i nazisti hanno commesso un crimine, il prezzo non deve essere pagato dal popolo», ha proseguito Ruohani entrando nella questione israelo-palestinese, ma senza citare né gli uni, né gli altri. Questi crimini, ha continuato, «non devono essere una giustificazione per mandare via un altro gruppo di persone» dalle loro case e dalla loro terra solo «a causa di quello che hanno fatto i nazisti».

L’attività diplomatica al Palazzo di Vetro è stata per certi versi storica, con un nuovo punto di partenza nelle relazioni tra Iran e stati Uniti. Dopo oltre 30 anni di gelo nelle relazioni bilaterali, l’incontro tra John Kerry e il suo omologo iraniano, Mohammad Javad Zarif, è il primo tenuto a così alto livello dal 1979.

Per il capo della diplomazia Usa si è trattato di un incontro “costruttivo”, durante il quale la sua controparte ha manifestato «un tono e una visione molto diversi» dal passato. Sul nucleare, «abbiamo analizzato un po’ più a fondo – ha proseguito Kerry – le modalità per compiere passi avanti», valutazioni che costituiscono una cesura rispetto al passato. Tuttavia, per raggiungere quanto auspicato dalla Casa Bianca la strada ancora è lunga, perché – ha spiegato Kerry – «un meeting e un cambio di tono, che è benvenuto, non rispondono ancora alle domande della comunità internazionale sul programma nucleare, c’è ancora molto lavoro da fare».

Dall’altra parte, Zarif ha definito la riunione «molto positiva e di sostanza». «Sono ottimista» ha proseguito il ministro degli esteri iraniano, dopo aver chiarito che «ora dobbiamo fare seguire alle parole i fatti e trasformare l’opportunità costruita in possibilità reali di fare passi avanti‘» in vista di negoziati sul programma nucleare di Teheran.

Un tema su cui il presidente Rouhani, in un’intervista al Washington Post, aveva già espresso la propria visione: «quanto prima si fa, tanto più ci saranno benefici per tutti» ha detto Rouhani, parlando della necessità di inserire una road map per i prossimi negoziati con la comunità internazionale. «Se saranno tre mesi – ha proseguito – sarà passata la nostra opzione. Se saranno sei mesi, andrà comunque bene». In ogni caso, per il presidente iraniano «è una questione di mesi, non di anni».

Ma Rouhani, parlando con gli analisti del noto think tank newyorkese, in un intervento di quasi due ore, ha presentato obiettivi e piani di riforma in cantiere nel Paese, senza mancare di sottolineare la «nuova atmosfera che si è creata» sia a Teheran che a Washington. Un’atmosfera considerata il preludio di ulteriori aperture e di nuovi impegni che il suo Paese prenderà nei confronti della comunità internazionale.

«Oggi l’Iran vuole guardare al futuro e non al passato – ha detto dice Rouhani – e l’atmosfera è diversa anche negli Stati Uniti che sono più pronti a compiere passi in avanti e a trovare punti d’accordo su interessi comuni»’. Quanto alle prove concrete del “nuovo corso” in Iran, Rouhani prospetta di voler assicurare presto alla società iraniana un ”sufficiente” accesso all’informazione e di voler avvicinare il Paese al mondo e al dibattito internazionale.

Insomma, saranno le prossime settimane e i prossimi mesi a dirci se Hassan Rouhani è il Mikhail Gorbaciov che serviva (e serve) al popolo iraniano e a un Paese dalle tradizioni millenarie, sprofondato nell’oscurantismo. Oggi una luce si intravede.

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