Berlusconi stacca la spina al governo Letta: via i ministri. Caos PDL, si dissociano tre ministri. Alfano: no agli estremisti

Alfano prima dice: “I ministri del Pdl lasciano il Governo” Berlusconi: “Non saremo complici di odiosa vessazione imposta da sinistra a italiani”. Letta incontra Napolitano: chiarimento alla luce del sole davanti al Paese. Poi cambia la frequenza del terremoto. Lorenzin, Lupi e Quagliariello diranno “no” a Forza Italia. E anche Frattini: “Non incarna più lo spirito moderato”. Epifani: “Non ci interessano governicchi o trasformismi”. Oggi Alfano via Twitter cambia registro: sono leale, ma posso diventare diversamente berlusocniano

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”I ministri del Pdl rassegnano le proprie dimissioni”. Angelino Alfano, vicepremier e ministro dell’Interno, a nome dell’intera delegazione del Pdl al governo ha dato ieri intorno alle 18 l’annuncio che di fatto apre la crisi di governo. Le parole di Alfano sono arrivate poco dopo la dichiarazione diffusa nel tardo pomeriggio da Berlusconi, con l’invito ai ministri del PDL a «valutare l’opportunità di presentare immediatamente le proprie dimissioni per non rendersi complici, e per non rendere complice il Popolo della libertà, di una ulteriore odiosa vessazione imposta dalla sinistra agli italiani».

Poco dopo gli stessi ministri hanno confermato il passo indietro. «A seguito dell’invito del presidente Berlusconi a dimetterci dal governo per le conclusioni alle quali il consiglio dei ministri di ieri è giunto sui temi della giustizia e del fisco, non riteniamo vi siano più le condizioni per restare nell’esecutivo dove abbiamo fin qui lavorato nell’interesse del Paese e nel rispetto del programma del Popolo della Libertà».

È quanto hanno dichiarato in una nota congiunta Angelino Alfano, Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzi, Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello, componenti della delegazione del Pdl al governo. «Rassegniamo le nostre dimissioni anche al fine di consentire, sin dai prossimi giorni, un più schietto confronto e una più chiara assunzione di responsabilità» hanno concluso – sul momento – i ministri del Pdl.

Berlusconi, dopo un vero e proprio consiglio di guerra con i fedelissimi e gli amici di sempre (da Fedele Confalonieri a Ennio Doris a Gianni Letta) ha deciso il “grande passo”. «Già da tempo avevano deciso di togliermi di mezzo, sono sempre stato responsabile ma stavolta non mi presterò ai loro giochetti, così non si poteva andare avanti» avrebbe detto ai suoi. «Non passeremo per quelli che mettono le mani nelle tasche degli italiani» avrebbe spiegato.

Prima la decisione di annunciare che non si presterà alla ”sceneggiata” della giunta per le elezioni del Senato, dove, sostiene nella memoria difensiva depositata oggi, «il copione pare già scritto». Poi la scelta di passare al contrattacco, staccando di fatto la spina al governo Letta. Nel pomeriggio il Rubicone ormai è varcato con l’annuncio del ritiro della delegazione pidiellina al governo e l’accusa rivolta a Pd e premier di aver violato i patti sull’Iva.

«La sinistra pensa di scaricarci la colpa di aver aumentato l’Iva e di aver rinviato l’Imu, questo è inaccettabile per noi» avrebbe detto l’ex premier. E ancora: «abbiamo tentato di accelerare i tempi e di arrivare all’approvazione dell’Iva prima della fiducia, anticipando a lunedì il dibattito parlamentare, ma loro, da veri irresponsabili, non hanno voluto. Spiegherò agli italiani cosa è successo» avrebbe confidato alla cerchia più vicina Berlusconi.

Circolano le indiscrezioni sul fatto che il Cavaliere sia pronto a ogni evenienza e avrebbe mobilitato il partito come ai vecchi tempi. Confermata per il 4 ottobre la manifestazione in piazza Farnese e altre iniziative sono in cantiere. «Dopo il ritiro dei ministri, ho trovato Berlusconi determinato e sollevato per la decisione presa», ha confidato un ex ministro azzurro.

Tuttavia, nel corso delle ore, lo sviluppo della situazione ha preso pieghe diverse.

Prima il presidente Napolitano, che ieri è rimasto a Napoli, ha affermato che cercherà «di vedere quali sono le possibilità per il proseguimento di questa legislatura, come ho sempre fatto quando c’è stata una crisi». Da villa Pignatelli il capo dello Stato ha delineato i prossimi passi. «Farò un’attenta verifica dei precedenti di altre crisi, a partire da quella del secondo Governo Prodi, e secondo i criteri che da me e dai miei predecessori sono stati osservati. Vedremo la successione dei fatti» ha spiegato, chiarendo che «il presidente della Repubblica non si fida di un partito o di un altro. La sola strada che ho seguito è stata quella di favorire la formazione di un governo sulla base dei numeri, che non avevo determinato io, ma che avevano determinato gli elettori e che vedevano impossibile la formazione di un governo senza il concorso dei due maggiori partiti». Fine della comunicazione. Da registrare che in mattinata, all’uscita dal palazzo della Prefettura di Napoli, alcuni astanti in Piazza Plebiscito avevano urlato all’indirizzo di Napolitano un significativo “Sciogli le Camere”.

Sul fronte interno al PDL è accaduto quanto sembrava impossibile, con l’emergere di una spaccatura che potrebbe essere esiziale perfino per la neo-ricostituenda Forza Italia. «Così non va. Forza Italia non può essere un movimento estremista in mano a degli estremisti. Noi vogliamo stare con Berlusconi, con la sua storia e con le sue idee, ma non con i suoi cattivi consiglieri. Si può lavorare per il bene del Paese essendo alternativi alla sinistra e rifiutando gli estremisti. Angelino Alfano si metta in gioco per questa buona e giusta battaglia» ha detto questa mattina Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti dimissionario.

A Lupi si è associata la collega, anche di dimissioni, Beatrice Lorenzin (ministro della Salute). «Accetto senza indugio la richiesta di dimissioni fatta durante un pranzo a cui non partecipavano né i presidenti dei gruppi parlamentari, né il segretario del partito, per coerenza politica nei confronti di chi mi ha indicato come ministro di questo governo. Continuerò ad esprimere le mie idee e i miei principi nel campo del centrodestra, ma non in questa Forza Italia». Una rottura nella rottura, con precise indicazioni di procedure di partito rivoltate dai “falchi” (o tordi?) del cerchio magico di Berlusconi.

Anche Gaetano Quagliariello, ministro per le Riforme e costituzionalista, potrebbe non aderire al nuovo soggetto politico, anche se ha inteso chiarire il mistero del ritardo della consegna delle dimissioni. «Non ho avuto alcun problema a rassegnare le dimissioni da ministro. Lo farò appena rientro a Roma», ha spiegato, senza tralasciare di approfondire la questione di fondo. Siamo di fronte a «una scadenza fondamentale per i destini del paese» e «le scelte le sto facendo da solo» ha affermato Quagliarello, per concludere che «non so cosa Letta dirà, credo che il discorso che farà Letta sarà un elemento fondamentale», perché siamo in un «momento che mette tutti di fronte alla propria responsabilità’ e alla propria coscienza» ha poi concluso il cattedratico liberale, componente anche del gruppo di “saggi” nominati dal presidente della Repubblica per proporre le riforme di cui il Paese avrebbe bisogno.

Oggi pomeriggio – con un tweet delle 17.26 – anche il segretario del PDL (in via di dimissioni?) Alfano è intervenuto sulle modalità che hanno portato alle dimissioni dei ministri berlusconiani. «La mia lealtà al presidente Berlusconi è longeva e a prova di bomba. La lealtà non è una malattia dalla quale si guarisce. Oggi lealtà mi impone di dire che non possono prevalere posizioni estremistiche estranee alla nostra storia, ai nostri valori e al comune sentire del nostro popolo» ha postato Alfano, rimandando al proprio sito web, per poi concludere in modo perentorio: «se prevarranno quegli intendimenti, il sogno di una nuova Forza Italia non si avvererà. So bene che quelle posizioni sono interpretate da nuovi berlusconiani ma, se sono quelli i nuovi berlusconiani, io sarò diversamente berlusconiano».

Dal centrosinistra è intervenuto il segretario del Pd Guglielmo Epifani. «Non ci interessano governicchi o trasformismi. Vogliamo lavorare per il Paese. Se ci riusciamo bene, altrimenti la parola torna ai cittadini». «Non mi piace se si va in Parlamento alla rinfusa, random, a cercare numeri per il governo – ha spiegato il segretario del Pd – Di fronte alle necessità che ci sono servono numeri e consensi qualificati, perché’ non è un passaggio semplice quello che abbiamo di fronte. Non mi piacerebbe un governo che, pur facendo cose di cui il Paese ha bisogno, si rifacesse a interessi personali. Su questo c’è unità nel Pd». Una riedizione di antiberlusconismo con Berlusconi ai margini della politica è un fatto inedito, ma coerente con l’inconcludenza di fondo del centro-sinistra.

Il presidente del Consiglio Enrico Letta incontrerà il capo dello Stato al Quirinale nel pomeriggio per valutare insieme le prossime mosse parlamentari. In un regime in sostanza semipresidenziale, la Costituzione vigente tuttavia impone questo dialogo tra capo di un governo traballante, ma non dimissionario né sfiduciato, e il capo dello Stato. Una ulteriore evidenza di quanto sia necessario cambiare e razionalizzare un sistema istituzionale che costituisce un freno allo sviluppo di serene relazioni politiche in Italia.

Secondo Letta, il gesto di Berlusconi è anche un atto «folle e irresponsabile», finalizzato «esclusivamente a coprire le sue vicende personali», una mossa con cui «tenta di rovesciare la frittata utilizzando l’alibi dell’Iva». A persone vicine avrebbe confidato che questo gesto di Berlusconi è il frutto della prevalenza degli estremisti, che avrebbero tagliato fuori i moderati, come suo zio Gianni, Fedele Confalonieri ed Ennio Doris, con i falchi Santanché, Verdini e Capezzone a prevalere per il “tanto peggio, tanto meglio”.

Da pochi minuti le agenzie hanno lanciato la notizia che Enrico Letta si è recato al Quirinale, per discutere della situazione con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

(fonte: agenzie)

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