Paese reale e teatrino della politica: mondi paralleli dell’Italia di oggi

Il dibattito al Senato e alla Camera fanno risaltare un “doppio standard” nel Paese, tra chi può e chi non può, tra chi ha e chi non sa immaginare il proprio domani. Destra e sinistra scollati dal popolo, grazie anche a una legge elettorale che cristallizza un’oligarchia ammantata di democrazia

porcellum

Mentre al Senato della Repubblica e alla Camera dei Deputati andava in scena una delle sedute più confusionarie e grottesche della storia d’Italia, il nostro pensiero è andato alla gente comune.

Quella che ogni giorno deve fare i conti con l’affitto o con il mutuo, con le bollette, con il frigorifero da riempire, con i figli da portare a scuola; per non parlare dei giovani che hanno smesso di pensare al futuro perché, a malapena, riescono a campare nel presente.

Sì, abbiamo pensato a loro mentre a Palazzo Madama e a Montecitorio si svolgeva uno “spettacolo” surreale che spesso ha sconfinato nel ridicolo. Perché ci siamo chiesti quale fosse il legame tra quanto stava accadendo nei palazzi del potere e la vita di chi vive al di fuori di quelle mura.

Badate bene, non è un discorso populista. Non sono le classiche parole che vogliono mettere in risalto che ai politici, in fondo, interessa tutelare la propria appartenenza ad una casta di iper-privilegiati; ma parole che sottolineano quanto grande sia lo scollamento tra rappresentanti e rappresentati. Soprattutto in un periodo storico come questo, dove ai secondi sono imposti i primi.

Fino a ieri, infatti, abbiamo concentrato la nostra attenzione sul fatto che ci siamo svegliati tutti più poveri dell’1 per cento.

E abbiamo proseguito la giornata con la notizia che quattro giovani su dieci non sanno dove sbattere la testa pur di guadagnarsi la pagnotta.

E siamo andati a letto magari con il pensiero che, non potendoci più permettere un paio di scarpe nuove, siamo costretti ad andare dal calzolaio per riparare quelle vecchie, facendo risorgere mestieri che pensavamo appartenessero ormai ai romanzi di fine Ottocento.

Oggi, invece, guardando la televisione o le dirette sul web, ci siamo accorti di essere (stati) governati da gente che la pensa in un modo la mattina e, poi, cambia repentinamente idea nel pomeriggio. Ma non in nome del bene comune – il fine “letterario” della politica – ma per logiche partitiche e per la conservazione della leadership.

Eppure, la soluzione sarebbe stata semplice e i protagonisti della scena politica avrebbero dovuto concretizzarla da tempo: “arrostire” il porcellum e darsi da fare per una legge elettorale seria, con lo scopo di ridare ai cittadini la possibilità di scegliere da chi essere rappresentanti, anziché dovere essere trattati come degli automi.

Quella in cui viviamo è un’oligarchia travestita da democrazia, dove pochi fingono di ricevere il mandato da molti, ma in realtà godono di privilegi, garanzie e prerogative che le persone normali – l’uomo che porta il pantalone dal sarto per farlo rattoppare, la donna che cerca al mercato la mercanzia al prezzo più basso – non può neanche perdere il tempo di sognare.

Invece, no. Come se il porcellum fosse una ‘Bocca di Rosa’ di un Paesello che accontenta tutti, perfino i preti, ma che tutti disprezzano pubblicamente, perché è immorale comprare il  piacere. E i veri fessi, in tutto questo, sono i “semplici” cittadini che continuano a sperare in un reale cambiamento, sempre più lontano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

20130628-twitter-very-little@waltergianno

Walter Giannò

Blogger dal 2003, giornalista pubblicista, ha scritto su diverse piattaforme: Tiscali, Il Cannocchiale, Splinder, Blogger, Tumblr, WordPress, e chi più ne ha più ne metta. Ha coordinato (e avviato) urban blog e quotidiani online. Ha scritto due libri: un romanzo ed una raccolta di poesie. Ha condotto due trasmissioni televisive sul calcio ed ha curato la comunicazione sul web di un movimento politico di Palermo durante le elezioni amministrative del maggio 2012. Si occupa di politica regionale ed internet.