Accademico cinese: libertà di stampa e indipendenza della magistratura i primi passi per la nuova Cina

Per il professor He Weifang, uno Stato di diritto sembra indebolire il governo, ma invece permette una governance rispettosa dei diritti della popolazione. L’oppressione porta alla mancanza di fiducia verso la leadership, creando tensioni sociali e rivoluzione

20131006-china-soldier-mao-red-square-660x440

Hong Kong – Il Partito comunista cinese deve fare dei passi avanti per ridurre il suo monopolio sulla società, garantendo anzitutto l’indipendenza della magistratura e la libertà di stampa, passando poi alla libertà dei sindacati e delle organizzazioni sociali.

Lo ha suggerito al governo cinese He Weifang, professore di legge all’Università di Pechino (Beida). Un suggerimento volto ad evitare alla Cina una rivoluzione sociale e per far diventare il Paese uno Stato di diritto.

In un’intervista concessa al South China Morning Post, il professor He Weifang ha rilevato l’esistenza di un «un profondo divario» fra governo del Partito e intellettuali sul ruolo della legge e il valore della costituzione. «Forse i leader non hanno una profonda comprensione di ciò che è il governo della legge. Stanno ancora tentando di mantenere la stabilità sociale sacrificando le libertà della popolazione». Per il professor He, il governo costituzionale può sembrare a prima vista un indebolimento dell’autorità del Partito Comunista Cinese, ma in realtà permette una migliore governance.

20131006-HeWeifang-660x412-did

Negli ultimi mesi sulle pubblicazioni del Partito si è combattuto con forza l’idea del costituzionalismo, ossia avviare un processo con cui mettere la legge al di sopra del PCC. Secondo alcuni articoli, questa mossa farebbe perdere potere al Partito e rischierebbe di portare la Cina al collasso, come avvenne in Unione sovietica. In Cina He Weifang è considerato un liberale. Il microblog di cui è autore è seguito da oltre un milione di seguaci, pochi rispetto alla popolazione, molti rispetto all’esposizione che rischiano di trarne.

Molti intellettuali in Cina ritengono che il presidente Xi Jinping stia facendo poco per promuovere una evoluzione istituzionale verso la rule of law, malgrado avesse promesso – appena salito al potere – di attuare le riforme necessarie alla costituzionalizzazione del Paese. Dopo un anno però esistono ancora controlli e restrizioni sulla stampa, gli attivisti politici subiscono la repressione, internet è sotto rigido controllo e viene oscurato in molte occasioni.

He Weifang sostiene che la soppressione del dissenso e la persecuzione di persone che difendono i propri diritti, sostenendo la prevalenza della legge sul partito, potrebbe spingere verso la violenza e perfino a una rivoluzione.

Spero – ha spiegato – che il governo comprenda che l’oppressione ha i peggiori effetti, facendo perdere speranza nel governo, creando un’enorme lontananza fra il la gente e i governanti». Quando la parte migliore della «popolazione si sente senza speranza, l’unica opzione che rimane è la rivoluzione», ammonisce il professor He Waifang.

 (AsiaNews)