Candidare Attilio Befera al Nobel per la chimica: ha scoperto l’acqua calda. “Meno evasione con tasse ridotte. Avanti con redditometro”

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate: “L’evasione da sopravvivenza puo’ esistere ma chi evade è un parassita”. Nessuna marcia indietro sul redditometro. E sui paradisi fiscali assicura: “Ci sono fatti concreti. C’è un movimento internazionale in cui l’Italia è protagonista”

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Roma – Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, andrebbe candidato al Nobel per la chimica, per aver dato consistenza ufficiale a una “sensazione del popolo bue”: l’esistenza dell’acqua calda. In una dichiarazione che costituirà un argomento spendibile sotto il piano giuridico, ha dichiarato finalmente che se ci fossero meno tasse «indubbiamente, ci sarebbe meno evasione da carenza di liquidità». Lo ha affermato nel corso di un’intervista a “Radio 24”.

Befera, confermando quanto già detto dal viceministro dell’Economia Stefano Fassina lo scorso luglio, ha poi ammesso che «l’evasione da sopravvivenza può esistere, ma non so bene, non essendo io un evasore…».

Comunque, secondo Befera è necessario capire che «in Italia bisogna pagare le imposte» e «il fatto che l’evasore sia un parassita della società è un dato di fatto». «Siamo un bel paese di evasori – ha aggiunto – speriamo di recuperare. Siamo un popolo in cui evasione fa ancora parte di una cultura e bisogna cambiarla. Bisogna insegnare agli italiani, specialmente alle nuove generazioni, che evadere non è furbizia». Da qui una battuta sul calciatore Lionel Messi, che il numero uno dell’Agenzia delle Entrate considera «l’evasore ideale, magari fossero tutti così» visto che su 4 milioni di tasse contestate ne ha pagati 5.

Quanto alla lotta all’evasione internazionale, Befera assicura che si stanno facendo grossi passi in avanti. «Ci sono fatti concreti. C’è un movimento internazionale in cui l’Italia è protagonista. Stiamo cercando di riportare a casa i quattrini che sono all’estero nel tentativo di bloccare i paradisi fiscali”. Certo, “bisogna trattare ma senza sconti particolari, bisogna che paghino tutte le imposte che devono pagare, forse bisogna smussare qualche angolo…» ha sostenuto il capo dell’Agenzia delle Entrate.

Nessuna marcia indietro infine sul redditometro, nonostante lo stesso direttore abbia detto che non si faranno tutti i 35mila controlli previsti per il 2013 e nonostante l’alt elevato di recente dal Garante della Privacy, che ha sollevato alcune perplessità fondate sia sul metodo di raccolta dei dati, sia sul merito di una valutazione che ha un incredibile effetto retroattivo. «Abbiamo superato tutti i controlli con il Garante della Privacy – ha invece dichiarato Befera – stiamo mettendo a punto le ultimissime particolarità» ha spiegato, precisando che il redditometro, «non misura chi è ricco ma quanto spendi in rapporto a quanto dichiari, le spese che sono state effettivamente sostenute da un cittadino, se questo rapporto è molto incorerente chiediamo chiarimenti».

Da Befera però nessun accenno agli sperperi pubblici, ai redditi degli alti dirigenti pubblici (mediamente il triplo di quelli pagati in altri grandi Stati dell’Unione Europea, molto più efficienti), al fiume di denaro afferente alla palude partitocratica, ossia a quei fenomeni che possono ingenerare nel cittadino la fondata sensazione che i propri denari siano utilizzati per foraggiare una casta inconsistente e inefficiente, dati che sono sotto gli occhi di tutti, visto lo stato in cui si trova l’Italia.

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Un pensiero su “Candidare Attilio Befera al Nobel per la chimica: ha scoperto l’acqua calda. “Meno evasione con tasse ridotte. Avanti con redditometro”

  • 09/10/2013 in 16:11:19
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    Befera afferma: “un obiettivo, non tanto di gettito ma avere inserito nella mente degli italiani che le imposte vanno pagate, per due ragioni, per pagare beni e servizi e soprattutto per ridistribuire il reddito”.

    Mr. Befera non ha compreso la vera natura degli italiani: amano sopra ogni cosa la propria libertà ed indipendenza; nonostante secoli di tentativi di sottomissione al potere statuale, il popolo italiano è essenzialmente mosso dal desiderio naturale di autonomia e ben ha capito dall’esperienza quotidiana che lo Stato offre la retorica dei beni e dei servizi e che la redistribuzione è essenzialmente il fragile paravento dietro cui vengono consumate ruberie di ogni genere a vantaggio di coloro che occupano le posizioni di potere dello Stato.

    Nonostante questo và riconosciuto a Mr. Befera la grande professionalità come gran commis di Stato: è, e probabilmente resterà, uno dei migliori, come direbbero gli anglosassoni, “watchdog” del prelievo fiscale, arma letale che questa classe politica usa senza pietà a danno delle famiglie e delle imprese italiane per arricchirsi senza scrupolo.

    Purtroppo in Italia esiste una visione autoritaria e poco democratica di gestione della questione fiscale: il livello di tassazione è determinato da chi comanda ed è la spesa pubblica ad alimentare il prelievo fiscale, quando dovrebbe essere viceversa.
    La prova della sudditanza fiscale in cui viviamo è data dall’articolo 75 della Costituzione Italiana che vieta i referendum in materia di leggi tributarie e di Bilancio, esautorando di fatto i cittadini dalla questione più importante su cui si regge il rapporto di fiducia tra governati e governanti: quella fiscale.

    Concludo citando una frase del Professore Angelo Panebianco nell’articolo “La Spesa facile che non indigna:
    “Sarebbe bello vivere in un Paese fondato su un regime di tasse basse ove non esistesse l’evasione da sopravvivenza e dove fosse possibile scaricare uguale riprovazione morale sugli evasori fiscali e su coloro che fanno un uso non strettamente necessario, non giustificato dalla funzione sociale assolta, dei soldi pubblici. Viviamo invece in un Paese in cui spese e tasse si rincorrono senza fine lungo una strada in salita. Sorvegliate amorevolmente da cani da guardia indifferenti alla decadenza economica del Paese. Ai membri del partito della spesa pubblica bisognerebbe dire: grazie a voi siamo oberati di tasse e non intravvediamo un bel futuro per i nostri figli. Abbiate almeno la decenza di non ringhiare.”

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