La discriminazione territoriale è una “porcata”

Dopo la squalifica di San Siro, polemiche attorno alla norma sulla “discriminazione territoriale”. Ecco perché sarebbe necessario rivederla.

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Mutuando un’espressione ormai celebre dal linguaggio politico, si può ben dire che la norma sulla discriminazione territoriale sia una grande porcata.

Giusto punire i tifosi se si lasciano andare a slogan razzistiinsopportabili e beceri – ma pare davvero esagerato chiudere le curve (e, in caso di recidiva, le porte chiuse e la penalizzazione in classifica) se si ‘offende’ il territorio rappresentato dalla squadra avversaria.

Perché, non dimentichiamolo mai, il calcio è uno spettacolo (o almeno così dovrebbe essere) e i tifosi ne fanno parte. Quelli che non menano, sia chiaro. E lo sfottò è elemento del gioco.

Non si può, infatti, rischiare di disputare una partita senza i supporter se i romani grideranno agli interisti: “C’avete solo la nebbia“; se i napoletani diranno ai veronesi: “Giulietta è una zoccola“, rispondendo agli ‘interlocutori’ che chiedono un favore al Vesuvio; se i palermitani faranno altrettanto con i catanesi, chiedendo l’intercessione dell’Etna o se i secondi dovessero ricoprire di epiteti non certo nobili santa Rosalia.

Tralasciando, poi, l’aspetto folcloristico degli slogan, applicare senza il criterio del “caso per caso” la norma sulla discriminazione territoriale provocherebbe altre conseguenze da tenere conto, come l’attribuzione implicita di un potere eccessivo d’intimidazione agli ultras. Perché avrebbero un’arma ulteriore per arrecare un danno alle società (pensiamo, ad esempio, ai supporter laziali che una domenica sì e l’altra pure non perdono occasione per attaccare il presidente Claudio Lotito).

Ecco perché l’amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, dopo la squalifica del Meazza che costringerà la squadra di Massimiliano Allegri a giocare a porte chiuse il match con l’Udinese del 19 ottobre, ha affermato che “la norma sulla discriminazione territoriale va abolita: tutti i presidenti sono d’accordo con me e ho già chiamato il presidente della FIGC Abete per dirglielo. Ha detto che ci penseranno”.

E la replica non s’è fatta attendere: “La norma italiana ricalca una normativa proposta dalla Uefa. Faccio notare, inoltre, è che la discriminazione territoriale nel nostro codice di giustizia è presente da tantissimo tempo. È stata varata dal Consiglio federale, ma l’indirizzo strategico è stato individuato congiuntamente da tutte le componenti”.

Tuttavia, sottolinea Giancarlo Abete, “è utile, opportuna e doverosa una riflessione sulle modalità applicative, mi sembra sia fatto un fatto fisiologico e naturale, ma il quadro normativo è delineato e non è frutto di una autonoma decisione della federazione ma in qualche modo di un sistema di contrasto che è stato recepito a livello internazionale”.

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Walter Giannò

Blogger dal 2003, giornalista pubblicista, ha scritto su diverse piattaforme: Tiscali, Il Cannocchiale, Splinder, Blogger, Tumblr, WordPress, e chi più ne ha più ne metta. Ha coordinato (e avviato) urban blog e quotidiani online. Ha scritto due libri: un romanzo ed una raccolta di poesie. Ha condotto due trasmissioni televisive sul calcio ed ha curato la comunicazione sul web di un movimento politico di Palermo durante le elezioni amministrative del maggio 2012. Si occupa di politica regionale ed internet.