Angelus, Papa: missione cristiana non è proselitismo, ma diffondere “fiamma della fede”. Ricordato neo beato Stefano Sándor

Gesù – dice il Pontefice – ci invita a pregare con insistenza non perché non sa di che cosa abbiamo bisogno, o perché non ci ascolta, ma per esprimere la nostra fede “in un Dio che ci chiama a combattere con Lui, ogni giorno, ogni momento, per vincere il male con il bene”. “Vicinanza” alle Filippine colpite dal terremoto. Bergoglio ha poi ricordato il neo-beato Stefano Sándor, il salesiano laico trucidato dalla dittatura comunista in Ungheria nel 1952

20131006-papangelus-660x438

Città del Vaticano – “Il metodo della missione cristiana non è il proselitismo”, ma diffondere “la fiamma della fede che Gesù ha acceso nel mondo”. Papa Francesco ha definito così, all’Angelus, l’odierna Giornata missionaria mondiale, ricordando anche “l’italiana Afra Martinelli, che ha operato per tanti anni in Nigeria: qualche giorno fa è stata uccisa, per rapina; tutti hanno pianto, cristiani, musulmani, le volevano bene. Lei ha annunciato il Vangelo con la vita, con l’opera che ha realizzato, un centro di istruzione”.

Alle quasi 100mila persone presenti in piazza san Pietro per la recita della preghiera mariana, il Papa ha espresso vicinanza “a tutti i missionari e le missionarie, che lavorano tanto senza far rumore, e danno la vita” e ringraziato “tutti coloro che con la preghiera e l’aiuto concreto sostengono l’opera missionaria, in particolare la sollecitudine del vescovo di Roma per la diffusione del Vangelo”.

Prima dell’Angelus, Francesco ha commentato il passo del Vangelo di oggi nel quale Gesù racconta una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi, dicendo di “Gridare giorno e notte” verso Dio.

“Ci colpisce – ha detto il Papa – questa immagine della preghiera. Ma chiediamoci: perché Dio vuole questo? Lui non conosce già le nostre necessità? Che senso ha ‘insistere’ con Dio? Questa è una buona domanda, che ci fa approfondire un aspetto molto importante della fede: Dio ci invita a pregare con insistenza non perché non sa di che cosa abbiamo bisogno, o perché non ci ascolta. Al contrario, Lui ascolta sempre e conosce tutto di noi, con amore. Nel nostro cammino quotidiano, specialmente nelle difficoltà, nella lotta contro il male fuori e dentro di noi, il Signore è al nostro fianco; noi lottiamo con Lui accanto, e la nostra arma è proprio la preghiera, che ci fa sentire la sua presenza, la sua misericordia, il suo aiuto. Ma la lotta contro il male è dura e lunga, richiede pazienza e resistenza – come Mosè, che doveva tenere le braccia alzate per far vincere il suo popolo (cfr Es 17,8-13). E’ così: c’è una lotta da portare avanti ogni giorno; Dio è il nostro alleato, la fede in Lui è la nostra forza, e la preghiera è l’espressione della fede. Perciò Gesù ci assicura la vittoria, ma si domanda: «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). Se si spegne la fede, si spegne la preghiera, e noi camminiamo nel buio, ci smarriamo nel cammino della vita”.

“Impariamo dunque dalla vedova del Vangelo a pregare sempre, senza stancarci. Ma non per convincere il Signore a forza di parole! Lui sa meglio di noi di che cosa abbiamo bisogno! Piuttosto la preghiera perseverante è espressione della fede in un Dio che ci chiama a combattere con Lui, ogni giorno, ogni momento, per vincere il male con il bene”.

Dopo l’Angelus, Francesco ha anche espresso “vicinanza alle popolazioni delle Filippine colpite da un forte terremoto, e vi invito a pregare per quella cara Nazione, che di recente ha subito diverse calamità”.

Il Papa ha infine ricordato che ieri a Budapest è stato proclamato beato Stefano Sándor. “Era un salesiano laico, esemplare nel servizio ai giovani, nell’oratorio e nell’istruzione professionale. Quando il regime comunista chiuse tutte le opere cattoliche, affrontò le persecuzioni con coraggio, e fu ucciso a 39 anni. Ci uniamo al rendimento di grazie della Famiglia salesiana e della Chiesa ungherese.

Stefano Sándor conobbe l’opera di Don Bosco attraverso il Bollettino Salesiano e si sentì subito attratto dal carisma salesiano. Nel 1936 fu accettato al Clarisseum di Budapest, dove in due anni fece l’aspirantato. Frequentò nella tipografia “Don Bosco” i corsi di tecnico-stampatore. Iniziò il noviziato, ma dovette interromperlo per la chiamata alle armi. Nel 1939 raggiunse il congedo definitivo e, dopo l’anno di noviziato, emise la sua prima professione l’8 settembre 1940 come salesiano coadiutore.

Destinato al Clarisseum, s’impegnò attivamente nell’insegnamento nei corsi professionali. Ebbe anche l’incarico dell’assistenza all’oratorio e fu il promotore della Gioventù Operaia Cattolica. Alla fine della Seconda Guerra mondiale s’impegnò nella ricostruzione materiale e morale della società, dedicandosi in particolare ai giovani più poveri, che radunava insegnando loro un mestiere.

Quando lo Stato nel 1949, sotto Mátyás Rákosi, incamerò i beni ecclesiastici e iniziarono le persecuzioni nei confronti delle scuole cattoliche, Sándor cercò di salvare il salvabile. Di colpo i religiosi si ritrovarono senza più nulla e vennero dispersi. Anche Stefano dovette abbandonare la sua tipografia – nel tempo divenuta piuttosto nota – e “sparire”.

Tuttavia non espatriò e decise di rimanere in patria per continuare a lavorare a favore della la gioventù ungherese. Riuscì a farsi assumere in una fabbrica di detergenti di Budapest, dove continuò impavido e in modo clandestino il proprio apostolato, pur sapendo fosse un’attività proibita. Nel luglio del 1952 fu catturato sul posto di lavoro e non fu più rivisto dai confratelli. Un documento ufficiale, scoperto negli archivi dopo il crollo del comunismo, certifica il processo segreto subìto la condanna a morte, eseguita per impiccagione l’8 giugno 1953.

Fulgido esempio di virtù cristiane, in tempi in cui i cristiani sono chiamati a testimoniare ancora la propria fede con il martirio per motivi religiosi.

(AsiaNews/Salesianinordest.it)