Daniil Kvyat alla Toro Rosso e lo Strategy Group legati da una logica che ucciderà la Formula 1

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La Toro Rosso ieri ha annunciato il sostituto di Daniel Ricciardo accanto a Jean-Eric Vergne per il 2014. Il giovane russo è protagonista in GP3, dove lotta per il titolo. Ma Raffaele Marciello, allora? Lo Strategy Group, tra abuso di posizione dominante e cupola mafiosa

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Ci sono fatti che accadono, anche nel mondo dello sport, e sembrano slegati, almeno fino a quando un rompicoglioni (di solito giornalista, aspirante tale o sedicente tale: naturalmente chi scrive è del terzo tipo, vantando solo quattro pietosi lettori impegnati in un’evidente azione umanitaria…) non trova un nesso.

È il caso dell’annuncio di Daniil Kvyat come secondo pilota titolare in Toro Rosso per il 2014 e l’avvio dei lavori dello Strategy Group della Formula 1, il nuovo organismo creato dal nuovo Patto della Concordia, che sostituisce lo sporting e il technical working group ed è costituito da 18 membri, divisi in modo paritario tra FIA, FOM e sei top team: cinque storici team, per motivi di lignaggio (Ferrari, Red Bull, McLaren, Mercedes, Williams) più il team piazzato meglio in classifica mondiale tra i restanti, per adesso la Lotus (che l’attuale pseudonimo usato dalla Renault…).

Kvyat, 19 anni, è un russo di Roma, perché vive nella Città Eterna. Correrà per un team italiano, sta facendo bene in GP3, dove ancora è in lotta per il titolo 2013, ha fatto bene anche in Formula 3, ed è l’ultimo pupillo del Red Bull Junior Driver Programme, gestito da Helmut Marko. L’annuncio del giovane pilota russo di Afa spiazza chi si aspettava che fosse il portoghese Antonio Felix da Costa a sedersi sulla monoposto di Faenza nel 2014, malgrado nell’attuale stagione abbia patito non poco nella World Series by Renault. Il prossimo anno per il giovane di Lisbona a questo punto è tutto da ricostruire. Kvyat invece gode di appoggi in patria e non solo dell’organizzazione Red Bull per ben figurare. Non ci stupiremmo se vedessimo il prossimo anno il brand di un’industria petrolifera russa sulla Toro Rosso.

Le dichiarazioni di rito, all’atto dell’annuncio, sono come da copione. «Daniil ci ha impressionato per la forte performance e per la capacità di dare indicazioni tecniche durante i test per giovani piloti a Silverstone» ha detto Franz Tost, team principal del team. Kvyat, da ragazzo sveglio ha detto «è una fantastica notizia, un sogno che diventa realtà», poi – a parte i salamelecchi di rito (comprensibili, professionali) una botta di paraculaggine italica: «sto in Italia e parlo italiano, sono sicuro di diventare parte del team velocemente».

Lo Strategy Group della Formula 1, invece, è una specie di organo supremo che deciderà le sorti della Formula 1 nel futuro, vigendo il Patto della Concordia appena rinnovato. Secondo gli scienziati dei sistemi organizzativi che lo hanno pensato, questo Consiglio di Sicurezza dei Team Uniti è costituito da membri permanenti e da cooptati in funzione della classifica, ma lascia di fatto escluso metà dello schieramento (attualmente Force India, Sauber, Caterham, Marussia e Toro Rosso, anche se la squadra di Faenza è di fatto coperta dalla presenza di Red Bull).

Le critiche più delicate le ha mosse finora Bob Fernley, vice team principal della Force India, secondo il quale lo Strategy Group potrebbe essere illegale. La riunione di ieri sancirebbe dunque la spaccatura tra team prioritari – che decideranno le regole a proprio uso e consumo – e team minori, che però completano lo schieramento.

Secondo Fernley l’organismo è «non etico e non democratico», perché impedisce ai cinque team minori di avere rappresentanti e di avere diritto di voto sulle proposte per implementare i regolamenti tecnici. «Tutti i team pagano fondamentalmente la stessa somma per correre» ha dichiarato al Daily Telegraph «le uniche differenze sono gli stipendi dei piloti e le hospitality. E tuttavia alcuni team non hanno voce in capitolo in fatto di regole. Questa situazione – ha affermato il dirigente del team anglo-indiano – potrebbe sicuramente essere vista come un abuso di posizione dominante». Una pratica su cui, possiamo scommettere, sarà adita l’antitrust dell’Unione Europea.

Secondo alcuni lo Strategy Group è il primo passo per escludere dalla Formula 1 i team minori come costruttori. Il fine sarebbe quello di far diventare le squadre minori semplici acquirenti di monoposto complete costruite dai top team. I team minori diventerebbero attori paganti di uno show, ma di fatto verrebbero esclusi dagli incassi dei diritti televisivi. Una vera e propria estorsione legalizzata che renderebbe lo Strategy Group similenel funzionamento – a una cupola di consorteria mafiosa.

Che c’entra Kvyat con tutto questo? Quale nesso lega i due avvenimenti? Kvyat è un giovane di belle speranze, almeno tanto quanto Raffaele Marciello, che domenica si è laureato campione europeo di Formula 3 ed è membro del Ferrari Driver Academy. Ma Kvyat arriva subito in Formula 1 anche, se non soprattutto, perché è russo e quindi appartiene alla nuova frontiera orientale del motorsport, dove il business e gli interessi commerciali saranno prevalenti sullo sport (in verità già molto marginale).

Il ragazzo ha talento, ma se non fosse stato russo e con una prospettiva di lungo termine – ai fini dello sfruttamento dell’immagine nell’immensa Russia – non sarebbe arrivato in un team che è parte del marketing mix di un’azienda che lo usa per per vendere bibite, non per comunicare le qualità di un prodotto complesso come un’autovettura. Temiamo Raffaele Marciello dovrà faticare molto di più e non ci piace affatto, perché il ragazzo ha talento.

La prevalenza dello show non significherà in modo automatico aumento dello spettacolo, anzi. Così la Formula 1 rischia di affogare di soldi, di far diventare i piloti clown di un circo mediatico e di perseguire la via opposta seguita in IndyCar, dove il business non è mai fine a se stesso, ma un mezzo per raggiungere un fine e lo spettacolo sportivo. Una differenza che i soloni della cupola della Formula 1 ancora non hanno compreso.

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John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.