Ferrari e Domenicali, operazione “social”. Lezione di stile a chi critica sempre e a chi si lamenta delle critiche

Mai teneri con nessuno, ma stavolta va fatto un applauso a scena aperta a Stefano Domenicali e alla Ferrari, per un gesto che è davvero un esempio per chi si lamenta dell’eccesso di critiche sui social network. Due “rompicoglioni” (in senso affettuoso, quindi nostri colleghi in corpore et animo) ospiti di Maranello: che in fondo rimane la nostra laica “santa rossa sede” (anche per chi è eretico di rito villeneuviano). Notizie: Red Bull tutto regolare (visto che la FIA non trova niente). Alonso: la colpa è nostra, per non avergli dato macchina adeguata. Massa: lo consideriamo campione, monoposto troppo nervosa per i suoi gusti. Kubica: purtroppo la F1 è svanita per sempre  

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Non sono incline a fare i complimenti a chicchessia, per una certa ritrosia verso la cortesia esibita. Men che meno quando si scrive di qualcuno, che è oggetto di critiche coram populo. Ancora di mano sulla Ferrari, che gode di un abuso di posizione dominante nella comunicazione sportiva in Italia, come è comprensibile che sia, ma come non è giusto che sia.

Ci sono però momenti in cui la naturale tendenza alla critica di ciascuno deve lasciare spazio ai complimenti, senza esitazione. Il caso riguarda Stefano Domenicali che, complice la Gazzetta dello Sport, ha ospitato a Maranello due dei rappresentanti del “Loggione Criticone”, in fondo la parte più verace della passione per il Cavallino Rampante, quelli che portano la bandiera con lo scudetto giallo e il cavallino nero insieme a un motto imperituro: parlare chiaro è segno d’amicizia!

Un “faccia a faccia” di un’ora in rappresentanza delle migliaia di appassionati iscritti a un’ideale campagna di reclutamento per “Team Principal” della Ferrari, se non per aerodinamico, stratega in pista, capo degli ingegneri, meteorologo, direttore della galleria del vento (da cambiare, of course) e chi più ne ha più ne metta. Ci sono 56 milioni di schede da analizzare, ma poco importa. Lo spirito è quello che conta. Gli esclusi proveranno a farsi arruolare al posto di Cesare Prandelli, Enrico Letta, Angelino Alfano, Mario Mauro (per i posti di commissario tecnico della Nazionale di calcio, di capo del governo, piuttosto che di ministro degli Interni o della Difesa). Qualcuno perfino al posto di Emma Bonino: ma in questo caso difficilmente potrebbe fare peggio…

Di fronte alle critiche, si possono assumere vari atteggiamenti: il confronto o l’ascolto senza feedback. C’è anche una “terza via”quella dello scontro – su cui si è affacciato en passant Alberto Sabbatini, direttore di Autosprint, nell’editoriale di due settimane fa, contro l’eccesso di critica dei twitteri criticoni e di chi s’era inventato la storia del boicottaggio di Webber.

Naturalmente la pensiamo come Sabbatini verso i maleducati, verso chi sbraca, offende, dileggia. Non verso chi – sull’onda delle emozioni – sfotte, ironizza o si prodiga in sarcastici commenti: fa parte del gioco “social”. Essere presente nei social network non lo prescrive il medico a nessuno, lo si fa per promuoversi e promuovere una discussione consentita oggi dagli straordinari mezzi della rivoluzione informatica, ma non cambia le persone. Chi è maleducato lo sarebbe a prescindere, anche di presenza, anche per lettera; chi è educato, pure; figurarsi chi è simpatico, ironico, sarcastico, tagliente. Sale democratico.

Quindi la scelta della Ferrari e di Stefano Domenicali è un’esemplare lezione di democrazia sportiva, di stile, di rispetto verso chi patisce perché la Ferrari non vince. Dietro ci sarà (c’è per forza, non stiamo parlando delle Orsoline o delle Dame della San Vincenzo…) anche una strategia di comunicazione, però il dato prevalente è che incontrare due “rompicoglioni” (ossia nostri colleghi in corpore et animo) e sottoporsi al fuoco di domande (anche off records) non sarebbe facile per nessuno. A Stefano Domenicali va riconosciuto il merito di aver affrontato un quasi plotone di esecuzione e di esserne uscito – insieme al Cavallino Rampante – più forte che pria!

Le notizie che si possono trarre da questa discussione con i due appassionati di Arezzo (Riccardo Verdelli) e di Mantova (Gian Maria Lamberti) sono almeno quattro.

Anzitutto, che alla Red Bull sono bravi e che, se hanno qualcosa di non esattamente legale, sono bravi pure due volte, perché la FIA non riesce a trovare la magagna (quindi a conferma che il trucco è stato cercato). In secundis, che ad Alonso la Ferrari non ha saputo dare una monoposto adeguata a vincere il titolo iridato (m’era parso, in verità…) e che lo spagnolo è stato ripreso in camera caritatis quando ha superato il limite della decenza nelle dichiarazioni, non certo sulla pubblica piazza (che mi pare cosa buona e giusta).

Terzo, che Massa è stato tenuto perché si pensava potesse dare il contributo sperato e che la monoposto nervosa sul posteriore ne ha cassato le capacità (occhio, Williams, che la monoposto va progettata bene e neutra: fosse facile…). Infine, che Robert Kubica era nei programmi della Ferrari, ma l’incidente ne ha definitivamente interrotto la carriera in Formula 1. “Peccato” dice Domenicali, che chiude in modo sintetico ed esaustivo il resoconto di una bella giornata. Di cui giro il resoconto stenografico diramato dal team di Maranello. Che rimane – comunque la si guardi, anche da occhi eretici da seguaci del rito villeneuviano come me – la “santa rossa sede” di tutti noi.

Morale della favola: straordinaria azione di marketing e comunicazione al termine di una stagione difficile, in cui le critiche sono piovute come alluvioni ripetute. Ottima dimostrazione che se si deve reagire alle avversità, lo si può fare solo con coraggio. Messaggio urbi et orbi – quindi anche interno – per spingere e superare la distanza dagli avversari più bravi: nessuno ha la predisposizione naturale a fare da parafulmine, neanche Stefano Domenicali. Chapeau!

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John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.