Verona, le operazioni di peace keeping italiane e il caso Nassiriya a dieci anni dall’attentato

Maria Gabriella Pasqualini, storica militare e docente alla Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, parlerà del contributo italiano, anche in termini di sangue, nelle operazioni di mantenimento della Pace internazionale. Appuntamento al Circolo Ufficiali di Castelvecchio, nel ricordo delle vittime dell’attentato che costò la vita a 19 persone, tra civili e militari

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Domani, 25 ottobre, a Verona, presso il Circolo Ufficiali di Castelvecchio, si terrà una conferenza dal titolo ‘‘Le ‘peace keeping missions’ italiane : un valore aggiunto. Il caso Nassiriya in Itaq e Nassiriya 10 anni dopo’’. Relatrice dell’incontro Maria Gabriella Pasqualini, già docente universitaria, storica militare, esperta di intelligence e missioni militari, oggi docente alla Scuola Ufficiali dei Carabinieri di Roma.

Introdurrà l’incontro Enrico Buttitta, procuratore militare di Verona, mentre Roberto Zoppi modererà il dibattito organizzato da Anna Lisa Tiberio, pedagoga e psicologa, oggi responsabile degli interventi educativi per il Contingente del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca.

Il 12 novembre 2003, alle ore 10.40 locali, le 08.40 in Italia, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti la base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana dei Carabinieri, a Nassiriya, provocando l’esplosione del deposito munizioni della base e la morte di 19 persone: due civili, il regista Stefano Rolla, che si trovava sul luogo per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nasiriyya da parte dei soldati italiani, nonché i militari dell’esercito italiano di scorta alla troupe che si erano fermati lì per una sosta logistica, e il cooperator internazionale Marco Beci; i cinque militari dell’Esercito Italiano assegnati come scorta a Rolla – il capitano Massimo Ficuciello, il maresciallo capo Silvio Olla, il primo caporal maggiore Alessandro Carrisi, il caporal maggiore capo scelto Emanuele Ferraro e il caporal maggiore Pietro Petrucci.

Nell’attacco kamikaze perirono anche 12 carabinieri: Massimiliano Bruno, maresciallo aiutante, Medaglia d’Oro di Benemerito della cultura e dell’arte; Giovanni Cavallaro, sottotenente; Giuseppe Coletta, brigadiere; Andrea Filippa, appuntato; Enzo Fregosi, maresciallo luogotenente; Daniele Ghione, maresciallo capo; Horacio Majorana, appuntato; Ivan Ghitti, brigadiere; Domenico Intravaia, vice brigadiere; Filippo Merlino, sottotenente; Alfio Ragazzi, maresciallo aiutante, Medaglia d’Oro di Benemerito della cultura e dell’arte; Alfonso Trincone, Maresciallo aiutante.

Il carabiniere Andrea Filippa, che si trovava di guardia all’ingresso della base “Maestrale”, riuscì ad uccidere i due attentatori suicidi, prima di perdere la vita nell’esplosione del camion, che però avvenne all’entrata del compound, evitando così una strage di più ampie proporzioni. I primi soccorsi furono prestati proprio dai carabinieri presenti, dalla nuova polizia irachena e dai civili del luogo.

Il Comando dell’Italian Joint Task Force (IJTF) si trovava a 7 chilometri da Nasiriyya, in una base denominata “White Horse”, distante circa 4 chilometri dal Comando USA di Tallil. Il Reggimento MSU/IRAQ, composto da personale dei Carabinieri Italiani e dalla Polizia Militare Romena (a cui poi si sarebbero aggiunti, a fine Novembre 2003, 120 uomini della Guardia Nazionale Portoghese), era diviso su due postazioni: la base “Maestrale” e la “Libeccio”, entrambe poste al centro dell’abitato di Nasiriyya. Presso la base “Maestrale” (nota anche con il termine “Animal House”), che durante il regime di Saddam Hussein era sede della Camera di Commercio, ove era acquartierata l’Unità di Manovra.

Presso la “Libeccio” aveva sede, sia il Battaglione MSU che, il Comando del Reggimento MSU/IRAQ. L’attentato colpì la base “Maestrale”, mentre l’altra sede, “Libeccio”, distante poche centinaia di metri dalla prima, venne danneggiata anch’essa dall’esplosione.

Le due basi erano state collocate vicine al centro abitato per avere un maggior contatto con la popolazione e comunicare vicinanza ai civili, i primi ad essere perseguitati dal regime baathista di Saddam Hussein. Questa scelta era stata oggetto di critiche da parte dell’Esercito e causò successivamente polemiche.

A 10 anni da quell’attentato devastante, resta vivo il ricordo della reazione di tutto il popolo italiano, che si strinse attorno alla proprie forze armate in un appassionato abbraccio corale che emozionò tutta l’Italia.

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