L’avvelenamento di Arafat è stato provato. Tracce di polonio 18 volte più della media

Il rapporto dell’istituto di Losanna ha confermato la morte per avvelenamento del fondatore dell’OLP: “c’è l’83% di possibilità che sia stato avvelenato con sostanze radioattive“. Rapporto finale anticipato da ‘Al-Jazeera America’. Da israele critiche ai risultati della ricerca: Arafat fu ricoverato in Francia e una ricerca russa prima negò la presenza di Polonio 210, poi fece marcia indietro

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Losanna – Il rapporto dell’istituto di radiofisica dell’Università di Losanna, presieduto da François Bochud, ha confermato la morte per avvelenamento da polonio del presidente palestinese Yasser Arafat. Lo ha anticipato l’emittente ‘Al-Jazeera America’. I test condotti su alcuni campioni prelevati dal corpo dell’ex leader dell’Olp e da alcuni oggetti personali hanno rivelato concentrazioni di polonio-210 di almeno 18 volte superiori alla media, una quantità in grado di uccidere. Lo studio era stato anticipato sulla rivista The Lancet lo scorso 15 ottobre, in un articolo firmato dagli otto scienziati – Pascal Froidevaux, Sébastien Baechler, Claude J Bailat, Vincent Castella, Marc Augsburger, Katarzyna Michaud, Patrice Mangin e François Bochud – che avevano condotto le analisi.

Le risultanze dei test sono state consegnate mercoledì alla Commissione palestinese di inchiesta che indaga sulle cause della morte dell’ex presidente palestinese. Nelle conclusioni, l’equipe di scienziati ha messo nero su bianco che c’è l’83 per cento di possibilità che Arafat sia stato avvelenato con sostanze radioattive.

Il rapporto di 108 pagine è stato anticipato dalla filiale americana di Al Jazeera, che ne ha anticipato i contenuti. Dave Barclay, noto scienziato forense britannico, ha dichiarato ad ‘al-Jazeera’ che i risultati delle analisi mostrano che Arafat è stato ucciso. «Yasser Arafat è morto per avvelenamento da polonio. Abbiamo trovato la pistola fumante che ha causato il suo decesso. Quello che non sappiamo è chi ha impugnato la pistola», ha affermato.

Yasser Arafat, fondatore dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) e primo presidente dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) morì l’11 novembre 2004 all’ospedale militare di Percy, nei pressi di Parigi, dopo un mese di sofferenze, iniziate il 12 ottobre “a Ramallah con nausea, vomito, dolori intestinali e diarrea”.

Il trasferimento in Francia non era però servito a nulla. I test effettuati nell’immediato non diedero risultati, ma smaltito il frastorno dei funerali al Cairo e la convulsione della sepoltura nel mausoleo dedicatogli a Ramallah, la vedova – Suha Ṭawīl – aveva inviato degli effetti personali in Svizzera, perché fossero analizzati. Il professor Francois Bochud, direttore dell’Istituto di Radiofisica di Losanna, aveva convenuto il rinvenimento di «un’inspiegabile ed elevata quantità di polonio 210», avviando la ricerca per verificare l’effettiva presenza dell’isotopo radioattivo e per acclararne la quantità.

Il risultato finale apre ora profondi interrogativi sulla scena politica internazionale, su chi ha ucciso il leader non indiscusso dei palestinesi. Molti fronti interni consideravano infatti Arafat un ostacolo al processo di pace e alcuni analisti internazionali hanno affermato che non sarebbe affatto strano se Abū ʿAmmār – questo il nome di battaglia – fosse stato eliminato al termine di una congiura di palazzo.

Suha Ṭawīl non ha voluto commentare con ipotesi sui mandanti dell’omicidio del leader palestinese, ma ha solo preso atto che i sospetti si sono rivelati drammaticamente fondati. «Stiamo rivelando un vero crimine, un assassinio politico», ha affermato in modo sintetico la vedova di Arafat da Parigi.

Va rilevata la reazione del governo israeliano, che ha definito una “telenovela” l’inchiesta realizzata da tre Paesi sulle cause della morte di Yasser Arafat, ma la preoccupazione principale è quella di tirarsi fuori dalla schiera dei sospettati. «Non ha niente a che vedere con Israele, né ha la minima credibilità, quest’altro episodio dell’interminabile telenovela tra Suha Arafat e l’Autorita’ nazionale palestinese», ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Igal Palmor. Secondo Palmor «la base scientifica dell’indagine è piena di falle» perché non terrebbe nella giusta considerazione i luoghi in cui Arafat è stato prima di morire, né le testimonianze dei medici che assistettero il leader palestinese all’ospedale di Parigi. Un chiaro tentativo di coinvolgere la Francia in un ipotetico complotto internazionale, visto che Arafat fu ricoverato all’ospedale militare di Percy, quello in cui vengono assistiti i presidenti della Repubblica francese.

Il portavoce del ministero degli Esteri israeliano ha inoltre riflettuto sul fatto che di recente il laboratorio russo che conduceva il terzo filone dell’indagine aveva annunciato l’assenza di tracce di sostanze radioattive, per poi cambiare idea. «La teoria dell’avvelenamento ha più lacune che sostanza», ha concluso Palmor con parole che – scremate dai politicismi – non fanno che confermare l’essenza dei risultati della ricerca degli scienziati dell’Università di Losanna: Arafat fu ucciso. Ma da chi?

(Credit: Adnkronos/Agi)

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