Libia, ripresi i flussi di gas verso l’Italia del gasdotto “Greenstream”

L’entry point di Gela ha registrato già i primi flussi di gas dalla centrale di pompaggio in Libia. Entro oggi, attesi già 3,5 milioni di metri cubi. Si raffredda la tensione nel Paese verso una integrazione delle milizie nelle forze di sicurezza nazionali

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Gela – «L’entry point di Gela registra i primi flussi di gas in arrivo dalla Libia. Per la giornata odierna attesi 3,5 milioni di metri cubi». Questo il cinguettio lanciato su Twitter dalla Snam, la società del gruppo Eni che gestisce il gasdotto dalla Libia verso la Sicilia.

La ripresa dei flussi di gas dal terminale di Mellitah verso l’Italia attraverso il gasdotto Greenstream, interrotta la scorsa settimana a causa di alcune manifestazioni della comunità Amazigh, la popolazione libica di origine berbera in urto con il nuovo governo del Paese. Domenica ne aveva dato notizia il Consiglio supremo Amazigh. La notizia è arrivata all’indomani dell’annuncio di un piano del governo libico per allontanare le milizie dalla capitale, in vista di una loro eventuale integrazione nelle forze di sicurezza.

Si tratta di un primo passo per tentare una stabilizzazione, dopo il caos in cui è precipitato il Paese nordafricano nelle ultime settimane. Un caos in cui rientra l’occupazione degli impianti estrattivi da parte delle milizie delle tribù indipendentiste e dei berberi Amazigh e l’auto-proclamazione della piena autonomia da parte della Cirenaica, dove il primo ministro Abd Rabbo al-Barassi ha dichiarato di voler procedere a una produzione autonoma di gas e petrolio.

Il terminale di Mellitah del gasdotto Greenstream in LibiaL’annuncio del governo libico fa seguito a un weekend di violenze a Tripoli, in cui sono morte 46 persone e altre 500 sono rimaste ferite. Il piano è stato già comunicato al Congresso Nazionale Generale e prevede innanzitutto che venga determinato esattamente il numero di miliziani che operano a Tripoli e catalogate le armi in loro possesso.

Una volta definito il censimento, le milizie saranno allontanate dalla capitale, disarmate e i loro uomini integrati nelle forze di sicurezza. In realtà la milizia di Misurata, che è stata quella attorno a cui si sono concentrate le violenze del fine settimana, ha già cominciato a ritirare i suoi uomini su richieste delle autorità della città, situata sulla costa mediterranea. Insieme a quelle di Zintan, sono le milizie armate in maniera più capillare, perché – una volta rovesciato il regime di Muammar Gheddafi – ne hanno saccheggiato gli arsenali, portando via armi leggere e pesanti, veicoli e persino carri armati.

Le violenze cominciate venerdì scorso, le più sanguinose da quando è terminata la rivolta, sono scoppiate proprio perché i cittadini protestavano contro la loro presenza nel quartiere Gharghour della capitale.

Credits: AGI, Snam