Istat, allarme disoccupazione: per i giovani è record, raggiunta quota 41,2%

I dati dell’Istat: disoccupati tra 15 e 24 anni sono 663 mila. Quota totale di senza lavoro raggiunge 3 milioni 189 mila, aumento del 9,9% su base annua (+287 mila). Giovannini: dati coerenti con quadro economico. Sud a rischio povertà e desertificazione industriale. Disoccupazione reale al 28%

20131129-disoccupazione-istat-660x440

Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 189 mila, a ottobre rimane sostanzialmente invariato rispetto al mese precedente ma aumenta del 9,9% su base annua (+287 mila). E’ quanto emerge dalle rilevazioni diffuse oggi dall’Istat.

La disoccupazione giovanile segna a ottobre un nuovo record. I disoccupati tra 15 e 24 anni sono 663 mila. L’incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari all’11,0%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,6 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 41,2%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,8 punti nel confronto tendenziale.

A ottobre, riferisce l’Istat, il tasso di occupazione giovanile, pari al 15,7%, diminuisce di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4 punti nei dodici mesi. Dal calcolo del tasso di disoccupazione sono esclusi i giovani inattivi, cioè coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, ad esempio perché impegnati negli studi. Il numero di giovani inattivi è pari a 4 milioni 402 mila, in aumento dello 0,1% nel confronto congiunturale (+6 mila) e del 2,1% su base annua (+92 mila). Il tasso di inattività dei giovani tra i 15 e 24 anni, pari al 73,2%, sale di 0,1 punti percentuali nell’ultimo mese e di 1,8 punti nei dodici mesi.

– I dati Istat sulla disoccupazione “non sono sorprendenti pur se negativi”. Lo ha affermato il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. “La stabilità della disoccupazione e dell’occupazione è coerente con il quadro economico”, ha aggiunto.

Il “Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2012” ha lanciato lo scorso mese l’allarme sul rischio desertificazione industriale nel Mezzogiorno, dove i consumi non crescono da cinque anni, si continua a emigrare al Centro-Nord, la disoccupazione reale supera il 28%, crescono le tasse e si tagliano le spese. Nel Sud una famiglia su sette guadagna meno di mille euro al mese e nel 25 per cento delle famiglie si corre il rischio povertà, anche con due stipendi in casa.

In base alle valutazioni dello Svimez, nel 2012 il Pil è calato nel Mezzogiorno del 3,2%, oltre un punto percentuale in più del Centro-Nord, pure negativo (-2,1%). Dal 2007 al 2012, il Pil del Mezzogiorno è crollato del 10%, quasi il doppio del Centro-Nord (-5,8%). Pur essendo le regioni italiane tutte negative, la forbice oscilla tra il risultato della Sicilia (-4,3%) e quello di Lazio e Lombardia (-1,7%).

Nel Mezzogiorno si sono registrate cadute più contenute in Campania e Molise (-2,1%), seguite da Puglia e Calabria (rispettivamente -3 e -2,9%), Abruzzo (-3,6%) e Sardegna (-3,5%). In coda la Basilicata (-4,2%) e la Sicilia (-4,3%).

Secondo lo Svimez occorre rilanciare una visione strategica di medio-lungo periodo, che veda nella riqualificazione urbana, energie rinnovabili, sviluppo delle aree interne, infrastrutture e logistica i principali drivers dello sviluppo.

Il quadro tracciato dal Rapporto Svimez è deprimente. Negli ultimi venti anni sono emigrati dal Sud circa 2,7 milioni di persone. Nel 2011 si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord circa 114mila abitanti. Riguardo alla provenienza, in testa per partenze si colloca la Campania, con una partenza su tre (36.400); 23.900 provengono dalla Sicilia, 19.900 dalla Puglia, 14,200 dalla Calabria. In direzione opposta, da Nord a Sud, circa 61mila persone, che rientrano nei luoghi d’origine, soprattutto Campania (16mila), Sicilia (15mila) e Puglia (10mila). La regione più attrattiva per il Mezzogiorno resta la Lombardia, che ha accolto nel 2011 in media quasi un migrante su quattro, seguita dal Lazio. Nel 2011 i cittadini italiani trasferiti per l’estero sono stati circa 50mila, 10mila in più rispetto al 2010, in decisa crescita rispetto a dieci anni fa, quando erano 34mila. Ma a emigrare all’estero non sono i meridionali: solo il 30%, di cui circa uno su tre è laureato. Gli italiani si sono diretti soprattutto in Germania, oltre uno su quattro (26,6%), in Svizzera (12,8%) e Gran Bretagna (9,5%).

Credit: Adnkronos