Web Tax: via libera in commissione Camera alla norma “anti-Google” contraria alle norme Comunitarie

Approvato dalla Commissione Bilancio della Camera un emendamento del PD alla legge di Stabilità che prevede l’obbligo di fatturazione in Italia per servizi web venduti in Italia. Una norma che anche Forbes segnala come contrastante con le norme UE sulla libera circolazione dei servizi e che è stata ribattezzata “anti-Google” (ma con riflessi anche sulla GDO?)

Google Tax, emendamento  introdotto dalla Commissione Bilancio della Camera alla legge di stabilità

Via libera della commissione Bilancio della Camera a un emendamento del PD alla legge di Stabilità che introduce quella che è stata impropriamente chiamata ‘web tax‘. Secondo questo emendamento “i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media e operatori terzi – si legge nel testo dell’emendamento – sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana“. Una follia che contrasta con la libera circolazione delle persone, dei capitali, delle merci e dei servizi che è il nucleo finora fondante dell’Unione Europea. Norma che probabilmente non sopravviverà molto, a pena di una futura procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea, frutto di furore ideologico e di crassa impreparazione.

Il Governo in tema si è rimesso alla Commissione. L’emendamento approvato introdurrebbe in Italia quella che è stata ribattezzata ‘Google tax‘ e in base a cui i giganti del web che intendessero vendere in Italia dovrebbero operare con una partita Iva italiana. Questo per evitare di beneficiare dei differenziali di peso fiscale tra uno Stato e l’altro dell’Unione Europea (finirà per colpire anche i colossi della GDO, Grande Distribuzione Organizzata?)

L’obiettivo principale sono per le multinazionali dei servizi e delle vendite – come Google e Amazon – e i meccanismi di vendita di prodotti e pubblicità online, in cui le società straniere con sede in Stati più leggeri dell’Italia, sotto il profilo fiscale, beneficiano delle differenti aliquote di tassazione per gli utili prodotti.

La proposta di modifica stabilisce infatti che “gli spazi pubblicitari on line e i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca (altrimenti detti servizi di search advertising) visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio on line attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti (editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altro operatore pubblicitario) titolari di partita Iva italiana“. La disposizione si applicherebbe anche “nel caso in cui l’operazione di compravendita sia stata effettuata mediante centri media, operatori terzi e soggetti inserzionisti“.

Dall’emendamento è stato stralciato un comma finale, che stabiliva un particolare regolamento finanziario, il pagamento degli acquisti di servizi e campagne pubblicitarie online solo da parte dell’acquirente e solo con pagamento a mezzo bonifico bancario o postale o con altri strumenti che consentissero la piena tracciabilità delle operazioni e idonei a veicolare la partita Iva del beneficiario.

Molto probabile che questo emendamento sia cassato nel prosieguo dell’iter parlamentare, ma è significativo che sia stato approvato alla Camera. Confusione mentale o semplice distrazione?

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