Michael Schumacher migliora, anzi no! Quando il circo mediatico cambia mestiere

Si susseguono le voci, le indiscrezioni, le valutazioni sullo stato di salute dell’ex pilota tedesco, il pilota più vincente della storia della Formula 1. Circostanza che giustifica l’interesse (non la curiosità morbosa) dell’opinione pubblica, che merita di essere informata dalla stampa. Eppure la stampa non può scambiare l’informazione con un circo in cui lo spettacolo è rappresentato solo da acrobati. Noi mettiamo i guanti …

Ci mettiamo i guanti...Dal 29 dicembre scorso, l’interesse dell’opinione pubblica, degli appassionati del motorsport, degli osservatori e, di conseguenza, della stampa è concentrata su quanto accade al Centre Hospitalier Universitaire di Grenoble, dov’è ricoverato Michael Schumacher per le sventurate conseguenze dell’incidente sciistico occorsogli a Méribel.

Abbiamo registrato alcune critiche sulle curiosità espresse riguardo alla situazione clinica dell’ex pilota di Benetton, Ferrari e Mercedes, ma abbiamo sostenuto che la figura dell’ex pilota di Kerpen meritasse il seguito dell’opinione pubblica tramite la stampa, che questo compito deve assolvere con onore.

Invece, sembra che la storia – con l’inevitabile miscela di curiosità morbosa, voglia di sapere, di interesse puro e affettuoso – abbia scatenato la “Brigata Saltimbanchi” d’ogni genere e ruolo, tutti alla ricerca di un click in più (se sito web) o di una percentuale di share maggiore del concorrente (se tv o media tradizionale). Ne è derivata la spettacolarizzazione di una situazione che è tenuta a una temperatura fredda perfino dai protagonisti diretti: moglie, figli, padre e fratello di Michael Schumacher, con il prezioso aiuto di Sabine Kehm.

Quindi non ci meravigliamo che la “Bild Zeitung” pubblichi in prima pagina a nove colonne un titolo evocativo: “leggero miglioramento per Schumacher”. Così come non ci meravigliamo se a questa “sparata” ha risposto la storica collaboratrice del sette volte iridato, Sabine Kehm, gettando acqua raggelante sul fuoco delle rivelazioni che non rivelano alcunché.

Noi non siamo un grande giornale e forse non siamo del tutto un giornale: diciamo che siamo una piccola voce nel suk dell’informazione, in lotta per un raggio di sole, e mettiamo nella nostra attività molta attenzione per i particolari (anche deontologici): per esempio, cerchiamo di dare una buona forma a quel che scriviamo, perché vorremmo fosse leggibile da Vipiteno a Lampedusa (e perché no, anche nel Canton Ticino) e corretta. A volte ci riusciamo, altre non del tutto, altre sbagliamo proprio il tiro: sempre ci sforziamo di stare attenti a come e a cosa scriviamo.

Per questo, dopo le “rivelazioni” che non rivelano niente di ieri (Schumacher migliora, anzi no), torneremo a scrivere della salute di Michael Schumacher – aggiornando i nostri quattro affezionati lettori – quando potremo riferire solo fonti ufficiali: i medici e la famiglia. Rispettare il lavoro dei medici in questi frangenti è essenziale, soprattutto se i medici hanno mostrato comprensione per il lavoro della “press community” presente a Grenoble (in rappresentanza di tutto il mondo dei media). Rispettare la famiglia è un dovere tout court. Così come la famiglia e la storica portavoce, Sabine Kehm, però hanno il dovere i media di tutto il mondo in modo eguale, senza concedere ai giornalisti tedeschi corsie preferenziali di sorta.

Diverso per gli aspetti giudiziari e legali, perché il caso dell’incidente di Schumacher ha la potenzialità di innovare le modalità di gestione delle piste da sci, dove gli incidenti spesso sono il prodotto di incoscienze individuali e di lacune organizzative.

Stop alle anticipazioni e alle rivelazioni raccolte da questa o da quella “fonte”, stop alle valutazioni mediche, visto che abbiamo contezza personale e diretta del fatto che ogni caso è a se stante, che non esistono valutazioni generali valide per tutti, che ogni persona ha un’evoluzione dei traumi diversa per infiniti motivi.

A volte i membri del circo mediatico ci lasciamo (ciascuno nel suo piccolo o grande proscenio) scappare la mano, scambiamo fischi per fiaschi, parliamo di cose di cui non sappiamo spesso una beata …, cambiamo mestiere, diventando teatranti di uno spettacolo che non fa ridere: spesso fa aumentare solo il dolore delle persone coinvolte. Da ora in poi noi – pur non avendo particolari demeriti in proposito – facciamo un passo indietro, ci mettiamo i guanti e aspettiamo che accada quel che tutti noi desideriamo accadesse fra soli 5 minuti.

Nel nostro piccolo, vorremmo fare un mestiere che non è quello di acrobata della parola. Speriamo di riuscirci.

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