La distruzione dell’arsenale chimico siriano. Le fasi dell’operazione

L’operazione internazionale del piano russo-americano di smantellamento dell’arsenale non convenzionale chimico della Siria avverrà in un regime di controllo internazionale, con estese garanzie di sicurezza. Le preoccupazioni della popolazione sono in larga parte infondate. I politicanti locali siano responsabili: l’Italia partecipa per rientrare nel gioco internazionale

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ROMA – L’operazione delle armi chimiche dal regime siriano di Bashar al-Assad passeranno dunque per il porto italiano di Gioia Tauro, prima di essere distrutte in alto mare grazie a un processo chimico che non avrà impatto sull’ecosistema. Di seguito gli step dell’operazione condotta sotto la guida e la sorveglianza dell’OPCW (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons), l’organismo delle Nazioni Unite per la proibizione delle armi chimiche, istituito dalla “Convenzione sulle armi chimiche” sottoscritta a Parigi il 13 gennaio 1993.

ARSENALE CHIMICO SIRIANO. In Italia arriveranno 560 tonnellate di armi chimiche, ossia solo una parte delle 1290 tonnellate dell’intero arsenale tra armi, componenti e altro materiale dell’arsenale siriano, identificate e catalogate dal Piano OPCW come materiale di “Priorità 1”, quello più pericoloso. Si tratta anzitutto di Iprite (detto anche “gas mostarda” per l’odore caratteristico) e di Sarin, contenuti in 60 container, che saranno “imballati e sigillati secondo procedure internazionali per la totale sicurezza del trasporto“, come ha sottolineato il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi.

STOCCAGGIO E OPERAZIONI IN PORTO. Nel porto di Gioia Tauro non ci sarà alcuno stoccaggio di materiale chimico bellico: il materiale arriverà a bordo della porta container danese Ark Futura o del norvegese Taiko. Anche questa incertezza in realtà è una misura di sicurezza evidente. Nel porto di Gioia Tauro il materiale chimico sarà trasferito sulla nave americana Cape Ray, con un trasbordo “da nave a nave”, con l’uso delle macchine adoperate per spostare i containers e secondo standard internazionali di sicurezza“, ha spiegato Lupi.

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I TEMPI DELL’OPERAZIONE. Il trasbordo nel porto di Gioia Tauro durerà da 24 a 48 ore, e avverrà all’inizio di febbraio, in ogni caso, presumibilmente entro la prima metà del mese, secondo quanto reso noto dal direttore generale dell’OPCW, Ahmet Uzumcu. La distruzione delle armi chimiche avverrà a bordo della nave statunitense, in alto mare, nei successivi due mesi” e “sarà un’operazione singola, non si ripeterà“.

LE NAVI COINVOLTE. “Ad oggi solo una parte dei container di armi chimiche siriane è stata caricata sulla nave danese” che dovrà portarle in Italia, ha spiegato il ministro degli Esteri Emma Bonino. La Ark Futura ha infatti caricato 27 tonnellate di materiale il 7 gennaio scorso a Latakia e attende per motivi di sicurezza al largo della Siria di poter caricare il resto, una volta che le autorità siriane le avranno trasferite dai depositi al porto. Il mercantile danese salperà poi alla volta di Gioia Tauro scortata da navi militari di Russia, Cina, Danimarca e Norvegia, cui si aggiungerà una nave della marina britannica. Lo spiegamento mostra lo sforzo internazionale e le garanzie che tutti i Paesi coinvolti ci stanno “mettendo la faccia”, per usare una formula più idonea alla politichetta di quartiere. nel frattempo, la nave Usa Cape Ray partirà da Norfolk, in Virginia, nei prossimi giorni e, secondo il Pentagono, impiegherà “due settimane” a raggiungere il Mediterraneo.

DISTRUZIONE E SMALTIMENTO DELLE ARMI CHIMICHE. L’arsenale chimico siriano sarà distrutto in alto mare e in acque internazionali, attraverso un procedimento chimico – l’idrolisi – a bordo della Cape Ray, equipaggiata a tal fine con due sistemi di teatro (field deployable hydrolysis systems), e sulla quale viaggeranno 35 marines e 64 esperti chimici dell’US Army Edgewood Chemical Biological Center. Lo smaltimento del prodotto finale avverrà in Germania (370 tonnellate di scorie), in Gran Bretagna (150 tonnellate). Per i “rifiuti” di processo meno pericolosi, l’OPCW ha indetto una gara d’appalto internazionale destinata alle industrie chimiche civili. Nessuna sostanza tossica verrà gettata in mare, perché questo “è proibito dalla Convenzione sulle armi chimiche“, come ha chiarito il direttore dell’OPCW Ahmet Uzumcu. Tutte le operazioni avverranno alla presenza di ispettori dell’OPCW, che “saranno a bordo della Cape Ray per tutto il tempo dell’operazione“.

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PAESI COINVOLTI. Oltre all’ITALIA, che ha fornito il porto di Gioia Tauro, i Paesi coinvolti nell’operazione con navi, mezzi di terra, personale associati alla missione congiunta Onu-OPCW sono: USA, RUSSIA, GRAN BRETAGNA, FINLANDIA, DANIMARCA, NORVEGIA, GERMANIA e CINA.

COSTI DELL’OPERAZIONE. Per finanziare l’intera distruzione dell’arsenale chimico, secondo il Piano Russo-Americano, è stato costituito un Trust Fund, un fondo fiduciario che ha raccolto finora 12 milioni di Euro, mentre altri 20 milioni sono stati programmati da altre fonti. L’Italia ha contribuito con 3 milioni di euro.

Invece di fare polemiche pretestuose e di fomentare allarmismi vergognosi, i politicanti italiani di ogni ordine e grado dovrebbero valutare un altro aspetto. Con discrezione, il Governo italiano è riuscito ad entrare in un’operazione internazionale riguardante la Siria, un tema da cui l’Italia era stata estromessa e non giocava alcun ruolo. Lo diciamo con la coscienza di non lesinare critiche al Governo e alla ministra degli Esteri, Emma Bonino, che però in questa occasione porta a casa un risultato che dà respiro al Paese sul piano internazionale.

In fondo, per essere ascoltati nella Comunità Internazionale (sul caso “Marò”, per esempio) occorre riacquistare una credibilità e una rispettabilità internazionale che l’Italia ha da tempo dissolto.

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