ESCLUSIVA – India-Marò, quattro misteri coprono interessi inconfessabili tra Italia e India?

Nella storia che riguarda i fucilieri della Marina Militare italiana ci sono aspetti di incredibile opacità, fino a determinare almeno quattro inspiegabili circostanze: siamo sotto ricatto internazionale di uno Stato paria, che ha fatto strame del diritto internazionale, ovvero esiste una rete di interessi non confessabili?

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L’Italia ha molti problemi, alcuni anche di carattere istituzionale, altri di ordine pubblico, perfino gravi. In quattro regioni vige – contrapponendosi ogni giorno alla legge dello Stato – un sistema criminale che, grazie all’osmosi continua con poteri ufficiali, ambisce a sostituire di fatto il controllo del territorio.

Tuttavia, finora alcuno di questi problemi ha comportato effetti sul ruolo e la qualità delle relazioni internazionali del Paese, che è tra i più rispettosi del diritto internazionale, fornisce alle Nazioni Unite un contributo importante, continuo e prezioso alle migliaia di azioni intraprese ogni giorno in giro per il mondo, con proprio personale civile e militare. Anzi, i militari hanno saputo guadagnarsi il rispetto unanime della Comunità internazionale, per l’equilibrio con cui hanno condotto e conducono tutte le operazioni in cui sono impegnati.

È il caso anche di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due fucilieri del Battaglione San Marco della Marina Militare Italiana, impelagati in una storia vergognosa in India, perseguiti dall’accusa di aver ucciso due pescatori indiani del Kerala, in acque internazionali, da quasi due anni e senza che tali contestazioni siano state finora formulate in modo espresso e formalmente accettabile.

Anzi, al contrario, la stessa Corte Suprema indiana ha giudicato prima non competenti le corti statali del Kerala, poi devoluto la competenza a una “Corte Speciale” federale – con una dilatazione giuridica assurda – infine soggiaciuto alla pressione del ministero dell’Interno, perché fossero perseguiti sulla base di una legge indiana – la Sua Act (SUPPRESSION OF UNLAWFUL ACTS AGAINST SAFETY OF MARITIME NAVIGATIONAND FIXED PLATFORMS ON CONTINENTAL SHELF ACT) del 2002 – la legge antipirateria indiana. Ci ripromettiamo di tornare sulla Sua Act in un altro momento.

Oggi siamo in grado di evidenziare quattro misteri di inaudita gravità, che hanno portato la storia dei due Marò del San Marco a soggiacere ancora ai ricatti della magistratura indiana, grazie alla complicità (consapevole o inconsapevole ancora non lo sappiamo) del Governo italiano.

Il presupposto di questa storia, che getta un’ombra di discredito sulle istituzioni italiane (come vedremo non solo il Governo, ma anche la presidenza della Repubblica e la magistratura) è però costituito dalla Legge 130/2011, che attribuì alla Marina Militare il compito di scortare i mercantili italiani operanti in zone soggette a pirateria, contrariamente a quanto accade in tutto i Paesi dell’Occidente, in cui operano società private di sicurezza.

Con i retaggi di socialismo reale che permeano norme e istituzioni in Italia, la Marina Militare fu messa sullo stesso piano di un’efficiente società di vigilanza privata, un’assurdità possibile solo con un Parlamento di nominati e una qualità media infima dei parlamentari tale da fare accapponare la pelle. Ignoranza non solo istituzionale o in diritto costituzionale, ma piuttosto – e troppo spesso – ignoranza tout court. La peggiocrazia legislativa.

Veniamo ai misteri.

Il primo. Davvero è credibile pensare che al ministero della Difesa non siano state valutate le conseguenze del rientro in porto della “Enrica Lexie”, attratta da uno stratagemma della Guardia Costiera indiana, che chiese il riconoscimento dei cadaveri dei due poveri pescatori?

Qual è la catena di comando operativa in tempo reale, per un’attività pericolosa in sé e che negli ultimi anni ha dato filo da torcere nell’Oceano Indiano, dalla Somalia all’India? Non c’era nessun esperto di diritto internazionale marittimo che avvertisse dei pericoli – seppure potenziali, per chi è in buona fede come il team italiano a bordo della petroliera – di una manovra del genere?

Secondo mistero. Di fronte all’arresto di Latorre e Girone – prelevati di forza da militari indiani saliti a bordo della nave italiana con una feroce strumentalizzazione delle norme internazionali – perché non sono stati attivati subito gli strumenti previsti dal Trattato di Montego Bay (UNCLOS, ), ossia il Tribunale di Amburgo, la Corte di Giustizia dell’Aja o un Arbitrato internazionale ad hoc? Sentito su questo punto, l’allora ministro degli Esteri del governo Monti, Giulio Terzi, ha ammesso in modo evasivo che “forse non furono attivati tutti gli strumenti a disposizione”, ma poi ha rifiutato di dare il demerito di queste scelte all’allora capo del Governo, lasciando un’incertezza di fondo: chi fece pressioni per non agire? Le imprese italiane in India?

Terzo Mistero. Nonostante la farraginosità della procedura, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre prima ottennero il trattamento di rispetto riservato a pubblici ufficiali stranieri (con gli arresti domiciliari in una guest house), poi perfino il pio rispetto dei valori religiosi, con il permesso di tornare in Italia per festeggiare il Natale del 2012, sotto il preciso impegno del Governo di farli rientrare in India. Cosa che avvenne regolarmente.

Poi, a seguito dell’indizione di elezioni politiche anticipate per la fine di febbraio 2013, ai due fucilieri del San Marco fu concesso di tornare in Italia per esercitare il diritto/dovere di votare. A quel punto, però, il Governo aveva in segreto preso una decisione strategica: non far rientrare più i due militari in India, visto che la procedura si prolungava senza motivo. Decisione assunta dal ministro degli Esteri pro tempore, Giulio Terzi.

Non sappiamo quali valutazioni strategiche ci fossero dietro la decisione, sappiamo però che all’ultimo momento questo intendimento fu ribaltato per decisione del capo del Governo, Mario Monti, a seguito delle reazioni indiane, il cui governo violò a piè pari perfino la Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche, limitando gli spostamenti dell’ambasciatore in India, Daniele Mancini.

Oggi Terzi ha dichiarato che fu Corrado Passera, allora ministro dello Sviluppo Economico, a premere su Mario Monti perché i militari tornassero in India. Questa situazione portò però a fine marzo del 2013 alle dimissioni polemiche dell’allora ministro degli Esteri, con un Governo in carica per gli affari correnti e in attesa di essere sostituito (solo parecchie settimane dopo) dal governo uscito dalle elezioni (che poi fu quello di larghe intese, presieduto da Enrico Letta, ancora oggi in carica: ma non forse domani…). Tuttavia, il risultato fu che, all’improvviso, Latorre e Girone furono prelevati dalle loro abitazioni e riportati in India in fretta e furia.

Le dimissioni da ministro degli Esteri di Giulio Terzi, comunicate e argomentate alla Camera dei Deputati

Sorge però un quesito legittimo, che chiama in causa il terzo mistero: perché prima che accadesse tutto questo, il pool antiterrorismo di Roma (competente per atti di terrorismo che coinvolgono all’estero cittadini italiani) non chiese il fermo dei due militari, che risultano ancora oggi sospettati dell’omicidio di due persone, ma mai rinviati a giudizio?

Ci risulta, da fonti certe, che nell’Affidavit con cui il governo indiano aveva concesso il rientro in Italia per votare, l’ambasciatore in India, Daniele Mancini, e il ministro Terzi (diplomatico di carriera e di grandissima esperienza e competenza in materia strategica), avessero insistito per inserire una clausola di salvaguardia, che esonerasse il Governo da ogni responsabilità nel casoaltre autorità dello Stato” (la magistratura, come ordine indipendente, ndr) avessero deciso di trattenere i due militari per motivi legali.

Ci risulta che la clausola fu inserita dopo una approfondita negoziazione, probabilmente proprio perché tra la Farnesina e la delegazione in India era stato previsto che i magistrati romani potessero decidere di fermare Girone e Latorre, in considerazione del fatto che, per il diritto internazionale marittimo, il giudice naturale legittimato a decidere su atti criminali commessi su navi in acque internazionali è la magistratura dello Stato di bandiera. La clausola fu probabilmente inserita nell’Affidavit anche grazie alla “collaborazione” indiretta dei funzionari diplomatici indiani, che potrebbero avere l’esatta percezione delle violazioni giuridiche internazionali perpetrate dal proprio governo.

Al contrario, dalla procura di Roma non ci fu alcuna azione giudiziaria, in spregio all’obbligatorietà dell’azione penale prescritta dalla Costituzione: e se Girone e Latorre fossero davvero degli assassini? Naturalmente noi lo escludiamo in modo epidermico, ma resta il fatto che ci fu allora una grave lacuna dell’ordinamento giudiziario.

A tal proposito, il presidente della Repubblica, il vice-presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e la ministra della Giustizia hanno responsabilità in vigilando?

Il comportamento dell’ammiraglio Giampaolo di Paola è il quarto mistero di questa storia vergognosa. Da uno dei militari italiani più stimati in campo internazionale, ci si sarebbe aspettato il gesto di Terzi, polemiche dimissioni per imprimere una cesura tra la propria storia di militare e quella di un governo che ha messo in pericolo la vita di due propri sottufficiali, per di più appartenenti alla stessa Forza Armata, la Marina Militare. Tuttavia, seguendo la filiera degli incarichi, il mistero viene svelato: la nomina nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica scioglie ogni dubbio, all’insegna del vero motto italiano, “tengo famiglia”.

L’elenco di misteri dunque qualifica questa storiaccia con un aggettivo: inspiegabile.

Non si spiega perché fu autorizzato il rientro della “Enrica Lexie” in porto, presupposto dell’arresto dei due marò.

Non si spiega la mancata attivazione degli strumenti internazionali di risoluzione delle controversie, predisposti dalla Convenzione di Montego Bay sul diritto marittimo.

Non si spiega il mancato esercizio dell’azione penale da parte della Procura di Roma, nel febbraio 2013, forse il vero motivo delle dimissioni di Terzi, che aveva agito indirettamente (con la clausola speciale inserita nell’Affidavit) per chiudere le porte a un espatrio di Latorre e Girone in modo surrettizio. Si è sentito tradito dalle istituzioni, Giulio Terzi? A precisa domanda, l’ex ambasciatore in Israele, negli Stati Uniti e alle Nazioni Unite non ha voluto rispondere, trincerandosi dietro il “rispetto per le istituzioni”.

Non si spiega il comportamento dell’ammiraglio Giampaolo Di Paola (anche se in parte il mistero potrebbe essere meno…misterioso…).

Infine, su questa vicenda aleggia un mistero paradigmatico, che racchiude i precedenti, ma non ne spiega uno, se non con argumentum a contrario: il comportamento esemplare, riservato, professionale, coraggioso, patriottico, fiducioso nell’Italia e nel Governo dei due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.

Due figli dell’Italia più vera, quella lontana dai centri del potere, dal benessere senza pensieri, dagli agi, se non quei piccoli ricavati attraverso il servizio verso il proprio datore di lavoro – in questo caso lo Stato – e all’insegna della salvaguardia di ideali superiori, quali la difesa della Patria.

È un mistero che forse si può spiegare solo con la battuta di Flavio Briatore durante “Servizio Pubblico” di giovedì 6 Febbraio scorso: “Chiunque va a Roma sembra che rincoglionisca: è la burocrazia”. Una triste verità.

Ci sono interessi inconfessabili dietro questi quattro misteri attorno alla vicenda dei marò? La vicenda meriterebbe una Commissione parlamentare d’inchiesta, ma ancor di più una presa d’atto di decenza da parte di Mario Monti, di Emma Bonino e dell’inviato speciale in India, Staffan De Mistura, che ha fallito su tutta la linea.

Che aspettano le opposizioni a chiedernee le dimissioni? Bisogna affidarsi alla dirompente forza polemica del Movimento 5 Stelle per ottenere chiarezza?

Il Governo, in materia, continua a gettare disdoro sull’Italia, accettando un processo illegittimo e – aspetto incredibile – legittimando l’azione giudiziaria indiana con la presenza di diplomatici di alto livello. Ma siete tutti impazziti davvero a Palazzo Chigi?

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