Jihadisti in Siria: minaccia all’Europa o al Mondo?

Un fenomeno poco conosciuto si è affermato nella guerra in Siria. Un numero significativo di cittadini europei – tra 1.500 e 2.000 persone – militano o aspirano a militare nel fronte islamico qaedista. Non tutti sono musulmani, ve ne sono anche alcuni mossi dall’adrenalina di partecipare a un conflitto per aiutare gli oppressi. Vi sono centri di reclutamento in Europa, con addestramento anche ai confini con la Siria. Un fenomeno da tenere sotto controllo (MGP)

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Nel gennaio 2014, durante la Conferenza Ginevra II rappresentanti di Austria, Belgio, Francia, Italia e Olanda hanno esposto la crescente minaccia che incombe sull’Europa per il significativo numero di  concittadini recatisi in Siria per combattere contro il regime. Gli aspiranti militanti dovrebbero essere fra 1.500 e 2.000, secondo le stime dei Paesi interessati: circa 200 belgi, quasi 500 francesi e fra i 200 e 1.200 britannici.

Con ulteriori indicazioni di Austria, Italia e Olanda è ipotizzato che le modalità dei volontari europei per raggiungere Damasco siano molto simili: da centri di reclutamento in Belgio, Austria e Francia i combattenti europei raggiungerebbero la Turchia per passare in Siria e militare nei fronti qaedisti di  Jabhat al Nusra guidato da Abu Mohamed al Juliani che ha giurato fedeltà al leader di Al Qaeda Ayman al Zawahiri, dello Stato Islamico in Iraq e Sham ( Levante) comandato da Abu Bakr al Baghdadi e gruppi minori. Di certo finora è stata accertata la morte di venti belgi e ventuno francesi.

Da numerose ricerche a più ampio spettro dall’inizio della crisi siriana nel marzo 2011 sino al dicembre 2013 è emersa la difficoltà di acquisire dati affidabili. Le informazioni ottenute vengono incrociate con evidenze che provengono da arresti, morti e scomparsi in modo da raggiungere una forbice di dati contenenti il minimo e il massimo stimato. La ricerca è allargata a tutto il mondo.

Nei Paesi europei e della Comunità degli Stati Indipendenti si individua il più alto numero di volontari con punte:

  • nei Balcani, con Albania, Bosnia e Kossovo che contano 40/ 200 persone;
  • in Belgio, Francia, in Germania con un totale da 80 a 450;
  • nella Comunità degli Stati Indipendenti e nell’ex Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, in linea decrescente Russia, Cecenia, Kazakistan, Ucraina e Kyrgystan contribuiscono con 70/450  persone.

Fra i Paesi islamici i più alti numeri di volontari si trovano, in ordine decrescente, in:

  • Giordania con 110/1.800 persone;
  • Arabia Saudita con 200/900 militanti;
  • Tunisia che conta 150/750 reclutati:
  • Libano con 150/700 elementi;
  • Libia con 250/500 combattenti;
  • Turchia con 50/450 volontari.

I dati più vicini alla realtà indicano un flusso di combattenti stranieri provenienti da oltre settanta Paesi per un numero totale di circa ottomila combattenti la cui maggioranza è attratta da Jabhat al Nusra e l’ Islamic State of Iraq and Levant (ISIS) mentre gruppi minori operano in seno ai jihadisti di Harakat Harar al Sham al Islamiyyaa, Harakat Sham al Islam, Katibat Suqur al Izz, Lawa al Umma e Jaysh al Muhajidin wal Ansar.

L’allarmante fenomeno del reclutamento straniero si presenta in crescita dopo il palese coinvolgimento con il regime damasceno di migliaia di combattenti sciiti provenienti da varie organizzazioni:

  • Hezb’Allah libanese e pasdaran iraniani, a livello di migliaia;
  • iracheni delle Brigate Al Sadr con oltre 1.000 combattenti;
  • militanti jihadisti da minori formazioni palestinesi come il Fronte di Liberazione Palestinese/Comando Generale e il Jihad Islamico Palestinese, con più di 200; tutti interessati a contrastare le formazioni sunnite di matrice salafita, waahabita e deobandi provenienti da Afghanistan, Arabia Saudita e Paesi del Golfo Algeria, Egitto, Giordania, Sudan, Tunisia e Turchia presenti nell’opposizione armata al regime.
La bandiera di Jabhat-Al-Nusra
La bandiera di Jabhat-Al-Nusra

Formazioni queste ultime confliggenti fra loro perché portatrici di agende diverse:

  • Al Nusra intende formare un Califfato nelle aree controllate per diffonderlo nell’intero Paese;
  • ISIS, più internazionalista, vuole riunire Siria e Iraq per farne una base sicura da dove aggredire i Paesi confinanti;
  • i gruppi minori sono divisi fra i trattativisti e quelli contrari a ogni ipotesi diversa dalla guerra ad oltranza.

Il totale costituirebbe meno del 10% dei circa ottantamila dell’intera area dei combattenti dell’opposizione al regime.

L’allarme costituisce indubbiamente una seria minaccia per Paesi che hanno conosciuto importanti organizzazioni terroristiche interne come i movimenti indipendentisti in Irlanda con l’IRA, in Spagna con ETA e in Francia con i Corsi, e formazioni di lunga durata come l’Italia con Brigate Rosse e Prima Linea, la Francia con Action Directe, la Germania con la Rote Armee Fraktion. Minaccia che può essere paragonata a quella derivata dalla teoria USA del “caos costruttivo” pianificata dopo l’11 settembre 2001 e realizzata con le guerre in Afghanistan e Iraq con il fine di attrarre le numerose formazioni terroristiche per depotenziarne l’apparato militare, creando il disastro tuttora reso evidente da quanto continua ad accadere in quei Paesi. E come confermano e ulteriori “guerre umanitarie” in Libia, Mali e Repubblica del Centro Africa  che hanno riproposto quanto ancora accade dopo l’intervento in Somalia. Nessuna guerra è ancora finita.

In compenso l’attivismo militare su iniziativa di USA, U.K., Francia ed estemporanee “Coalizioni di volenterosi” e “Gli amici della Siria” hanno portato conflitti nell’intera striscia Sahel – sahariana dall’Algeria al Corno d’Africa, nella Regione africana dei Grandi Laghi e la crescita esponenziale di una “nebulosa del terrore” frammentata in innumerevoli gruppi tutti finora operanti. I tentativi di riportare la pace dopo avere devastato interi Paesi con la guerra dimostrano come non sempre si vincono le guerre me è ancora più difficile vincere la pace.

© RIPRODUZIONE RISERVATA – ARTICOLO PUBBLICATO IN ORIGINE SU “OSSERVATORIO ANALITICO” CON IL TITOLO “JIHADISTI IN SIRIA. Minaccia Europea o mondiale?“, RIPRODOTTO PER GENTILE CONCESSIONE DEL DIRETTORE SCIENTIFICO

Un pensiero su “Jihadisti in Siria: minaccia all’Europa o al Mondo?

  • 10/02/2014 in 10:22:20
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    Minaccia all’Italia, tanto per cominciare, chè l’anello debole della catena.

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