Marò, oggi la Corte Suprema decide sull’incriminazione (forse), ma l’Italia mantiene una posizione errata
L’udienza potrebbe slittare a domani per il sovrapporsi di questioni interne (adozione di carta d’intentità con dati biometrici). La presenza di Staffan De Mistura legittima un processo illegittimo, che non si deve tenere in India. La “nota verbale” per attivare l’Arbitrato Internazionale è errata nella forma, richiesta per iscritto dall’Articolo 1 dell’Allegato VII all’UNCLOS. Perché tutti questi errori grossolani?
New Delhi – Oggi potrebbe essere il giorno della svolta nella capitale indiana, per l’infinita trafila giudiziaria che coinvolge i due fucilieri della Marina Militare, in forza al Battaglione San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dal febbraio 2012 trattenuti in India dall’accusa di aver ucciso due pescatori indiani al largo delle coste del Kerala. Il giudice Balbir Singh Chauhan si troverà a pronunciarsi su una questione preliminare, ossia se l’incriminazione addotta dall’attorney generale, Goolamhussein Essaji Vahanvati, sia giuridicamente puntuale o meno.
Chauhan ha dato prova di indipendenza ed è molto stimato per la sua fermezza dal tenere la politica lontano dall’aula, ma non c’è dubbio che tutto il processo è politico, un risultato cui ha contribuito pure l’Italia, non sollevando nelle opportune sedi giudiziarie internazionali il conflitto di interpretazione sulla legge da applicare e, soprattutto, sul giudice naturale dei due marò: giudice che è senza ombra di dubbio intaliano, visto che i fatti si sono svolti in alto mare e che l’attività eventualmente criminosa è stata perpetrata su una nave italiana.
Ma anche se si ipotizzasse che la nave fosse entro le acque territoriali indiane, si potrebbe agevolmente dimostrare che mancano i tre presupposti essenziali per l’applicazione della cosiddetta Sua Act:
(1) lo status di privati cittadini di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, presenti sulla “Enrica Lexie” nella qualità di funzionari dello Stato italiano e, per questo soggetti alle immunità funzionali previste dal diritto internazionale consuetudinario (che ha una validità generale e incontestata);
(2) l’illegittimità del comportamento dei due militari componenti il NMP (Nucleo Militare di Protezione) a tutela della nave italiana: le ricostruzioni dei fatti e le testimonianze concordanti anche con il punto nave registrato dai sistemi satellitari inducono a ritenere che i militari espletarono tutte le attività propedeutiche e preventive davanti a un probabile assalto piratesco, lanciando segnali luminosi di segnalazione e raffiche di fucile mitragliatore a scopo dissuasivo, mai mirando al bersaglio vitale degli apparenti pirati;
(3) l’intenzionalità dell’azione che avrebbe causato la morte, se per pura ipotesi si ammettesse che furono effettivamente Latorre e Girone a cagionare la morte dei due poveri pescatori.
La norma del Sua Act evocata dalla pubblica accusa è quella enunciata dall’articolo 3, comma (g), punto (i), nel caso in cui si cagioni la morte di una persona in una nave o in una piattaforma fissa (che comporterebbe il rischio della pena di morte); mentre sarebbe il comma (a) dell’articolo 3 a essere applicato, nel caso di irrogazione di una pena massima di 10 anni.
In entrambi i casi è però illegittimo il processo in India, perché il Sua Act recepisce le norme di un trattato internazionale – la Convenzione di Roma del 10 Marzo 1988 (Convention for the suppression of unlawful acts against safety of maritime navigation) – con l’annesso protocollo previsto per la prevenzione degli atti di violenza verso le piattaforme fisse collocate sulla “piattaforma continentale”, quella parte di mare prospiciente la costa di ogni Stato, ma si atteggia come norma derivata da quella generale, costituita dall’United Nations Convention on the Law of the Sea, l’UNCLOS, che individua lo Stato di bandiera della nave quale legittimato ad agire in sede disciplinare, civile e penale per gli incidenti occorsi in alto mare (articolo 97 UNCLOS).
La presenza in aula dell’inviato speciale del Governo italiano legittima quindi un processo illegittimo ad ogni livello di giudizio: tocca alla Procura di Roma indagare – ed eventualmente rinviare a giudizio – i due militari italiani, che possono essere condannati solo dal Tribunale di Roma.
Né convince l’annuncio di De Mistura di aver consegnato una “Nota Verbale”, come atto propedeutico all’azione giudiziaria volontaria per l’attivazione di un Arbitrato Internazionale, finalizzato a risolvere la questione della giurisdizione, prima che il merito della controversia.
Infatti, l’Allegato VII all’UNCLOS, prevede all’articolo 1 proprio le modalità di attivazione dello strumento giudiziale volontario (l’arbitrato), prescrivendo in modo espresso la forma scritta della comunicazione alla controparte di una controversia:
ANNEX VII. ARBITRATION, Article 1. Institution of proceedings. Subject to the provisions of Part XV, any party to a dispute may submit the dispute to the arbitral procedure provided for in this Annex by written notification addressed to the other party or parties to the dispute. The notification shall be accompanied by a statement of the claim and the grounds on which it is based.
Ne consegue che la “Nota Verbale” trasmessa al governo indiano è un grossolano errore, troppo grossolano per non essere una scelta deliberata. Il segno tangibile che questa controversia non si sta affrontando nel modo dovuto e per ragioni che rimangono davvero inspiegabili e ignote. Ma su cui prima o poi andrà fatta luce, con una commissione parlamentare di inchiesta sull’operato di tutti i responsabili politici che si sono occupati della questione.
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Alcune osservazioni: in realtà l’applicazione del SUA è improponibile a causa dell’Art. 2.1.b che stabilisce che il SUA non si applica a “ship [ ] operated by a State [ ] for police purposes”… anche perché (ahimé)il “fatto” qualora fosse avvenuto, sarebbe avvenuto non in alto mare. Vero è che né sulla zona contigua né sulla Zona Economica Esclusiva l’India potrebbe vantare diritti sovrani (donde l’impossibilità per l’India di applicare il proprio Codice Penale senza ricorrere al SUA). L’impasse “giuridica” è determinata proprio dal comportamento incongruo della Repubblica Indiana che a questo punto potrà cavarsi d’impaccio solo accettando l’ipotesi di un arbitrato internazionale…
Grazie dell’osservazione. Ma rifletta sul fatto che la “Enrica Lexie” non era una “ship[ ] operated by a State [ ] for police purposes”, ma una nave mercantile con a bordo personale militare dispiegato in funzione anti-pirateria, in forza di una legge italiana sbagliata, il DLgs130/2011, che attribuisce il compito di scorta delle navi mercantili italiane alla Marina Militare, invece che a società private di sicurezza, così come avviene in altri Stati occidentali.
Il nodo, dal nostro punto di vista (italiano, intendo) è questo. L’ipotesi dell’arbitrato interviene oggi perché il Governo italiano ha mancato di adire il Tribunale di Amburgo sul diritto del mare o la Corte Penale Internazionale dell’Aja, all’eopoca della violazione della libertà di movimento dell’ambasciatore Mancini, con spregio della Convenzione di Vienna del 1961.