Terra fuochi, contaminato solo il 2 per cento delle aree sospette

I ministri dell’Ambiente, della Salute e delle Politiche Agricole hanno annunciato un decreto interministeriale ad hoc per impedire l’immissione sul mercato dei prodotti agricoli coltivati nelle aree a rischio, che però costituiscono solo una percentuale limitata delle aree sospette. Analisi del territorio in atto. Stefano Caldoro: “si passa dall’emotività alla razionalità, affrontando l’emergenza“. Ma Carmine Schiavone ne ha parlato già negli Anni ’90 ai magistrati e alla Commissione Antimafia

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Roma – Su un totale di 1.076 km quadrati “mappati”, le aree ritenute “sospette” rappresentano solo il 2%, pari a 21,5 km quadrati (di cui 9,2 destinati all’agricoltura). Ma in attesa che vengano portate a termine, entro tre mesi, ulteriori “indagini dirette”, scatta immediato – sancito da un decreto interministeriale ad hoc – il divieto di vendita ai consumatori dei prodotti ortofrutticoli coltivati nei terreni classificati “a rischio”.

Sono i dati, in parte sorprendenti, di uno screening della cosiddetta Terra dei fuochi, illustrati ieri a Palazzo Chigi nel corso di una conferenza stampa dei ministri delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, della Salute, Beatrice Lorenzin, e dell’Ambiente, Gian Luca Galletti.

I 51 siti per cui risultano necessarie in via prioritaria proposte volte a misure di salvaguardia per garantire la sicurezza della produzione agroalimentare sono suddivisi tra la provincia di Napoli (33 comuni) e quella di Caserta (24), capoluoghi compresi: per arrivare alla mappatura finale si è ricorsi a una definizione dell’indice di rischio.

Il modello scientifico sulla base delle informazioni raccolte ed integrate contiene la classificazione di classi di vulnerabilità dei suoli:

– classe A, “terreno idoneo alla produzione agricola”;

– classe B, “terreno per il quale c’è limitazione a determinate produzioni agroalimentari in determinate condizioni”;

– classe C, “terreno considerato idoneo ad altre produzioni di tipo non alimentare”;

– classe D, “riservata a terreni per i quali c’è divieto di produzioni agricole”.

Per il ministro delle Politiche agricole, Martina, è stato condotto un “lavoro di equipe di soggetti ed enti che, spalla a spalla, hanno lavorato e consentito di entrare nel merito, individuando i siti interessati da sversamento e smaltimento abusivo“.

Galletti, ministro dell’Ambiente, ha parlato di “lavoro difficile, di progetto complesso dal punto di vista tecnico. Garantire la salute dei cittadini, garantire la possibilità di impresa, restituire in tempi brevi all’economia di un’importante regione una parte produttiva importante“. Ora “si passa dall’emotività alla razionalità, affrontando l’emergenza“, ha sottolineato il presidente della Campania, Stefano Caldoro.

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Nelle more delle indagini, l’immissione sul mercato delle singole colture sarà consentita solo a patto che le colture stesse siano state già oggetto di controlli ufficiali con esito favorevole negli ultimi 12 mesi e che siano state effettuati accertamenti, su richiesta e con spese a carico dell’operatore, dall’autorità competente con esito favorevole.

La designazione di una vasta area geografica del Napoletano e del Casertano come ‘Terra dei fuochi’ si deve a un rapporto di Legambiente sulle ecomafie datato 2003. Una denominazione per indicare un fenomeno di smaltimento illegale di rifiuti anche pericolosi e tossici, spesso anche in cumuli, in aree agricole, che venivano dati poi alle fiamme con la conseguente dispersione nell’aria di ingenti quantità di diossina noto fin dagli anni ’80.

Pratiche ricorrenti nell’area compresa tra Qualiano, Giuliano, Orta di Atella, Acerra, Nola, Marcianise, Succivo, Frattaminore, Frattamaggiore, Mondragone, Castel Volturno e Melito. Tanto che Roberto Saviano ne fece il titolo dell’ultimo capitolo di ‘Gomorra’, il libro pubblicato nel 2006. A parlare dell’affare per i clan, soprattutto per i Casalesi, già negli anni ’90 con i Pm e poi con i parlamentari della Commissione Antimafia, fu il pentito Carmine Schiavone, che nelle interviste degli ultimi mesi alla stampa ha affermato di di aver indicato i luoghi degli sversamenti già nel 1997.

Perché il silenzio finora?

(Credit AGI)