L’agguato di Misterbianco. Il fratricida Luigi Consoli si è costituito ai Carabinieri

Questa mattina è finita la fuga dell’omicida del gelataio della cittadina alle porte di Catania, dove la famiglia Consoli era conosciutissima per via del padre dei due, “u zu Saru”

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Catania – Alla fine forse ha prevalso la ragione, in una serie di eventi in cui la ragione ha dato un clamoroso forfait. Luigi Consoli questa mattina si è costituito ai Carabinieri di Misterbianco. L’accusa che lo attende è quella di omicidio premeditato aggravato dai futili motivi e dal vincolo di parentela. Perché Caino ha ucciso Abele per un cono gelato, una brioche con la granita non venduta, per un supposto diritto di territorio che nega in un solo colpo l’asse portante delle libertà occidentali e il concetto di sacralità della famiglia, non intesa in senso criminale. Famiglia: padre, madre, figli, nella versione tradizionale (una volta non sarebbe stato necessario precisarlo, ma i tempi cambiano…).

Giuseppe Consoli – Pippo per gli amici – è stato ucciso per aver infranto “l’esclusiva di zona” di Luigi, anch’egli gelataio ambulante, anch’egli figlio “do zu Saru” (dello zio Saro, per i lettori non siciliani), fratello, sangue dello stesso sangue. Una follia che non ha niente di occidentale, ma che sembra proiettata – come per effetto di una macchina che attraversi lo spazio oltre le barriere del tempo – dai più reconditi meandri delle società tribali, dove ancora si vive secondo i canoni di una vita in cui la libertà non si conosce o si coniuga in termini di compressione altrui e di prevalenza del più forte. Lo stato di natura hobbesiano.

Giuseppina Pappalardo, la moglie della vittima, è ricoverata all’ospedale Garibaldi di Catania. Ha contribuito – insieme alla figlia – all’individuazione del colpevole di un omicidio folle, ma lucido; incredibile, ma denso di ordinaria violenza endemica; senza fondamento eppur ancorato a idee tribali incatenate all’ignoranza assoluta. Perché pretendere di limitare la libertà altrui – del proprio fratello ancor di più – è il risultato netto di un’ignoranza mitocondriale che va al di là della sconoscenza dei fondamentali del diritto epidermico e dell’economia occidentale, libera, fondata sulla concorrenza.

Luigi in fondo è vittima davvero del sistema, di quel sistema che non l’ha obbligato a studiare, a rompersi le corna sui libri per imparare il minimo indispensabile a una convivenza civile con il minimo di declinazione sostenibile. Occidentale.

Non utilizziamo l’aggettivo “occidentale” a caso e in modo esibito per caso: questa è una storia orientale, in senso filosofico-politico, è una storia che viene dal passato, da quel passato che alla Sicilia (e anche ad altre regioni d’Italia) servirebbe archiviare con la velocità di una saetta, per ridarsi una possibilità, un ruolo migliore e diverso di quello di semplice portaerei strategica nel Mediterraneo sempre centrale negli equilibri geopolitici.

A Luigi Consoli qualcuno avrebbe dovuto spiegare come fare il gelato migliore, per togliere clienti al fratello, o forse entrambi avrebbero potuto essere convinti a mettersi insieme, una scelta più proficua in tempi in cui le microimprese sono anacronistiche e non riescono a giocare un ruolo che non sia più che marginale.

In un sol colpo Luigi ha tolto dal mercato due concorrenti – il fratello e se stesso – in una scelta errata nel “dilemma del prigioniero” per cui è sempre intelligente la scelta della cooperazione, mai quella della sfida frontale e della lotta. Perché la battaglia si può vincere solo con forze preponderanti e la migliore scelta è spesso quella di accordarsi, smussare gli angoli e le incomprensioni, giungere a un compromesso onorevole per tutti e disonorevole per nessuno.

Ma – seppure per motivi diversi e lontani dalla vendita di un gelato o una granita – se non lo comprende Vladimir Putin sulla Crimea, pretendiamo che lo capisse Luigi Consoli di Misterbianco, gelataio ambulante, anzi, ex?

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