Nico Rosberg apre le danze in Australia vincendo davanti a Daniel Ricciardo e Kevin Magnussen

Lewis Hamilton e Sebastian Vettel ritirati, ma i loro compagni di squadra vincenti. Button ai piedi del podio, le Ferrari in grigio-rosso. Peccato Massa, colpito da Kobayashi in partenza. Onore Williams salvo grazie a Bottas. Hülkeberg e le due Toro Rosso a punti. Kvyat, ottimo debutto

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Nico Rosberg, alla guida della Mercedes F1W05, ha conquistato la sua quarta vittoria in Formula 1 aggiudicandosi il Gran Premio d’Australia, dominato dall’inizio alla fine, grazie a una partenza straordinaria sul poleman, il compagno di squadra Lewis Hamilton. Il grande protagonista delle qualifiche di ieri si è mestamente ritirato al 4° giro, per problemi di misfire (accensione).

Il cognome “Rosberg” torna sulla hall of fame del Gran Premio d’Australia dopo 29 anni: fu Keke, il papà di Nico, a iscrivere il proprio nome per il debutto del campionato mondiale di F1 nella terra dei canguri, nel 1985 ad Adelaide. Curiosità: Keke e Nico hanno vinto con una monoposto avente . un motivo di soddisfazione in più, per Nico, che diventa il primo leader della classifica iridata.

La giornata di oggi passerà però agli annali della Formula 1 per i fecondi debutti di Daniel Ricciardo sulla Red Bull e di Kevin Magnussen e Daniil Kvyat. Ricciardo, siciliano di esportazione, porta sul podio un australiano, non era mai accaduto. Per trovarne uno occorre andare indietro nel tempo, fino al 1980, con Alan Jones vittorioso di un “GP d’Australia” ma non valido per il mondiale di F1, con una Williams-Cosworth.

Un risultato che vale ancora di più per le premesse con cui la Red Bull è arrivata in Australia: una serie interminabile di problemi registrati durante i test pre-stagionali. Ricciardo debuttava in “prima squadra”, ma non in assoluto in F1. Il ritiro di Sebastian Vettel al quinto giro mostra però che il lavoro da fare a Milton Keynes è davvero tanto per rimettere “Susie” (il nickname dato dal pilota tedesco alla sua monoposto) in sesto. “Carmela” (chiamiamo noi così la monoposto di Ricciardo) va già come una donna sicula, baldanzosa e irriguardosa.

Il risultato più straordinario è però quello ottenuto da Kevin Magnussen, terzo sul traguardo e “vincitore morale” della gara: quanto meno del suo morale e di quello della McLaren, che esce dall’annus horribilis 2013. Magnussen dimostra che il pensiero laterale di Ron Dennis ha vinto ancora.

Sotto il podio, anche grazie a un guizzo di intelligenza in occasione del dispiegamento della Safety Car, Jenson Button raccoglie punti pesanti in un campionato in cui l’intelligenza sarà fondamentale per arrivare ad Abu Dhabi con chances iridate.

Per Fernando Alonso il quinto posto al traguardo ha il sapore del risotto ai gamberi: un piccolo passo avanti, due indietro. In realtà, nella tombola della F1 questo risultato avrebbe potuto essere diverso con le stesse probabilità (vedasi ritiro di Hamilton e Vettel). Quindi la delusione Ferrari – anche per l’8° posto di Kimi Räikkönen – è comprensibile, ma non è un dato definitivo. Montezemolo lo aveva detto nei giorni scorsi, a noi sembra importante non abbattersi. Soprattutto in considerazione dei problemi al motore – nell’erogazione della potenza – registrati durante la gara. Se vogliamo, possiamo anche vedere un bicchiere mezzo pieno, al posto di quello vuoto di Hamilton e Vettel. Lavorare, lavorare.

Tra Alonso e Räikkönen ci sono Valtteri Bottas e Nico Hülkenberg. Bottas, pur a muro al sesto giro dopo aver passato il finlandese della Ferrari, ha saputo costruire una gara all’attacco e senza timidezza, a dimostrazione del fatto che la competitività della Williams è acerba, ma ricca di contenuto e vitamine. Peccato per Felipe Massa, tamponato da un irruente Kobayashi alla partenza.

Nico Hülkenberg invece, settimo, si sarà ritirato per un buon quarto d’ora nel motorhome della Force India, per ringraziare con adeguate preghiere il proprio Angelo Custode, grazie al quale ha potuto evitare l’ingaggio della Lotus. Anche per la Force India si può parlare di competitività acerba, ma la monoposto c’è e va anche grazie al motore Mercedes.

Infine, per le due Toro Rosso un plauso: entrambe le monoposto a punti, nessuno ci avrebbe scommesso un centesimo giovedì. Ottimo debutto in F1 del russo di Roma, Daniil Kvyat, che si porta il primo punticino a casa. Bene anche Jean-Eric Vergne, che – malgrado qualche ingenuità (una scivolatina all’ultima curva, al 47° giro, ha poi consentito a un rimontante Bottas un sorpasso da mezzo-pollo) – sente una certa pressione sulla propria posizione lavorativa: serve darsi una mossa, se l’è data.

La gara si è in qualche modo decisa alla partenza, con un guizzo di Rosberg su Hamilton, che subito registrava problemi di motore e veniva invitato a ritirarsi dai box. Solo quattro giri il tentativo del campione del mondo del 2008 di mantenere il ritmo, poi la strada dei box si è rivelata inevitabile. A sorpresa.

L’incidente al via ha eliminato l’incolpevole Felipe Massa, ma la Williams è la squadra che può gareggiare presto ad armi pari con la Mercedes. Lo dimostra la gara all’attacco Bottas, che senza quella toccata al muro avrebbe potuto ambire perfino al podio.

La Safety Car, attivata dall’11° al 16° giro, ha fatto risparmiare carburante a tutti, quindi non si sono registrati ritiri per mancanza di carburante. Non sempre sarà così, però prevediamo un ampio ricorso alla vettura di sicurezza, proprio per abbattere i rischi di rimanere a secco, un fatto che sarebbe ridicolo per la massima formula automobilistica.

Se alla Red Bull ridono con moderazione, per aver mostrato un recupero su cui nessuno avrebbe scommesso un dollaro australiano, alla Ferrari sono giustificati gli sguardi persi nel vuoto: i test invernali avevano in qualche modo illuso, occorre lavorare con intensità per capire cosa non va. Nel cambio di tecnica ci può stare anche una momentanea impasse. Se però la delusione si consolidasse sarebbe difficile tenere Alonso a Maranello. E forse anche Räikkönen.

Il primo gran premio della nuova era tubro-verde non ha dato molto spettacolo: la formula consumo mostra un limite serio alla natura delle corse di F1, in uno scenario di uniformità tecnica, di blocco dell’evoluzione dei motori, di elettronica preponderante sulle capacità dei piloti. Forse però FIA, Ecclestone e team hanno bisogno di vedere un crollo dell’audience dei gran premi per rendersi conto che altre strade vanno percorse.

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John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.