I Talebani e la rivendicazione al contrario: ‘Aereo malese scomparso? Non siamo stati noi’

A dieci giorni dalla misteriosa scomparsa del Boeing 777-200 della Malaysia Airlines, due episodi che sarebbero una beffa, se questo “incidente” non coinvolgesse la vita di 239 persone. I talebani si smarcano dalle responsabilità con una dichiarazione alla Reuters. I cinesi iniziano le ricerche dell’aereo sul proprio territorio anche se i dati divulgati affermano che l’aereo sia andato da tutt’altra parte… 

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Kuala Lumpur/Pechino – Il volo delle beffe, si potrebbe dire, se non stessimo parlando della vita di 239 persone. La Cina ha infatti iniziato solo oggi le ricerche sul proprio territorio del volo Boeing 777-200 della Malaysia Airlines scomparso dai radar nella notte tra il 7 e l’8 marzo scorso. Lo ha annunciato l’agenzia ufficiale Xinhua.

L’ipotesi che l’aereo della compagnia di bandiera malese potesse essere finito su territorio cinese era stata in un primo momento accantonata dalle autorità cinesi, per mancanza di riscontri radar. Invece, resta esclusa dalle indagini compiute dalle autorità cinesi l’ipotesi che qualcuno dei 153 passeggeri cinesi a bordo dell’aereo scomparso potesse avere legami con attività terroristiche o di sabotaggio del volo.

Il Kazakistan ha fatto sapere di non aver avvistato l’aereo. Da Kuala Lumpur l’ambasciatore cinese in Malaysia, Huag Huikang, ha parzialmente spento le polemiche tra Pechino e Kuala Lumpur delle ultime ore, affermando che la Malaysia, pur non avendo i mezzi adeguati, sta “facendo del proprio meglio” nella conduzione delle ricerche.

Ieri, due editoriali comparsi sui maggiori quotidiani cinesi avevano puntato il dito contro gli inquirenti malesi e avevano definito il governo di Kuala Lumpur “incompetente” nelle indagini. Serpeggia, intanto, il malcontento tra i familiari di alcuni dei passeggeri cinesi a bordo del volo MH370, che si trovano dalla scorsa settimana a Kuala Lumpur per seguire da vicino i soccorsi. Alcuni di loro hanno lamentato di essere sottoposti a stretta sorveglianza da parte delle autorità malesi.

Intanto, è arrivata la conferma da parte delle autorità di Kirghizistan e Kazakistan che il volo della Malaysia Airlines non è stato avvistato nello spazio aereo dei due Paesi dell’Asia centrale. La risposta arriva dopo che sabato scorso, in conferenza stampa, il primo ministro della Malaysia, Najib Razak, aveva avallato l’ipotesi che il volo potesse essersi spostato verso nord-ovest – in un’area che può arrivare fino al Kazakistan – a causa di una “azione deliberata” compiuta a bordo del jet.

L’ultimo contatto con il satellite del volo MH370 risale alle 8.11 del mattino di sabato, a oltre un’ora dal previsto arrivo all’aeroporto di Pechino, che doveva essere per le 6.30. Le autorità di Astana hanno confermato all’agenzia Interfax-Kazakistan di non avere ricevuto segnalazioni di attività aeree non registrate dai radar l’8 marzo scorso e hanno sottolineato che prima di entrare nello spazio aereo kazako il volo “avrebbe prima sorvolato altri Paesi sulla rotta“. Un modo per dire: “noi non l’abbiamo visto, ma nel caso non lo hanno visto pure altri“. Una excusatio non petita che suona più che mai come un’auto-accusatio manifesta. Le autorità dell’aviazione civile kazake e kirghise si sono infine dichiarate disposte a collaborare con Kuala Lumpur nonostante non abbiano ricevuto richiesta formale dalla Malaysia.

La seconda beffa, viene dai talebani. Un portavoce ha dichiarato alla Reuters che il movimento dei “giovani studenti islamici” di non avere un avuto alcun ruolo nella vicenda, né di avere informazioni a riguardo. Non si sa se – a tal proposito – l’hanno giurato: sulla testa dei cinesi?

(Credit: AGI)