La lezione della Mercedes in Bahrain e le regole “carcerarie” della F1

Parc Fermé

La lotta in famiglia tra Hamilton e Rosberg motivo centrale dell’attenzione degli appassionati, ma la superiorità della Mercedes mostra (ancora una volta) che la Formula 1 è ingabbiata in regole assurde che mortificano la competizione e lo spettacolo, emendando lo scopo sociale a spettacolo di secondo ordine. Oggi Villeneuve e Arnoux rischierebbero la superlicenza, assurdo. E infatti l’audience tv cala …

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Il dominio della Mercedes sul mondiale di Formula 1 sembra inossidabile, dopo solo tre appuntamenti del calendario, articolato in 19 tappe e con il gran finale ad Abu Dhabi dal valore raddoppiato.

Ci sono due lezioni che possiamo imparare da questo inizio “argentato” della F1 2014: la sportività della Mercedes e le regole assurde che ingabbiano la serie in teoria più competitiva dell’automobilismo in un ambito ristretto di competizione, che risulta limitata ai mesi di progettazione. Poi cade il gelo del blocco degli aggiornamenti e chi s’è visto s’è visto.

Le parole e la moderazione di Toto Wolff, Niki Lauda, Paddy Lowe e Aldo Costa – il Quartetto Cetra 3.0 di Stoccarda – fanno trasparire una sportività di fondo che rende merito all’impegno della Mercedes: lasciare liberi i piloti di competere tra loro è segno di maturità industriale, prima ancora che di trasparenza sportiva, un dato di fatto possibile anche grazie all’intelligenza di Nico Rosberg e Lewis Hamilton.

Durerà? E chi può dirlo… Intanto la lezione la Mercedes l’ha impartita agli ipocriti (Red Bull) e agli sfrontati-istituzionali (Ferrari), ma anche ai disorganizzati genetici (Williams) e ai finti ingenui (McLaren). La regola del monastero di Berkley è facile, schematica, facile da comprendere: “correte e vi sarà dato, ma non rompetevi le corna e non sfasciate le monoposto”. Punto e a capo.

Agli altri blasonati un suggerimento: prendere appunti. Lo spettacolo è fatto anche di questo, libertà e intelligenza. Grazie a tutti.

Sul fronte regole assurde, ma vi pare mai possibile che in una serie sportiva professionistica vi siano limitazioni assurde come quella che impone il congelamento dei motori? La competizione è alimentata anche dal benchmarking (copiare le cose altrui, per migliorarle), dalla rivisitazione, dall’evoluzione. È assurdo che in Formula 1 si possa competere solo nella fase di progettazione o poco più. Come se nel calcio si potesse giocare con schemi preordinati o nel tennis non si potessero usare racchette aggiornate dal punto di vista dei materiali o delle tecnologie. Come se la lotta greco-romana si potesse combattere con un solo braccio – destro o sinistro – a giorni alterni, come le targhe. Assurdità.

Ecco perché Montezemolo ha ragione nel lanciare l’allarme. Le regole assurde mortificano la competizione e lo spettacolo, malgrado il Gran Premio del Bahrain sia stato appassionante a tratti. Il dato generale però è che l’audience della Formula 1 diminuisce ovunque – perfino in Germania, patria della Mercedes – e aumenta solo in Gran Bretagna, sia in chiaro che sulle pay tv.

La responsabilità di tutto questo è divisa equamente tra Federazione Internazionale dell’Automobile (Jean Todt, per fare nomi e cognomi), detentore dei diritti commerciali (Bernie Ecclestone) e team, interessati più a spartirsi i denari dei diritti televisivi e delle sponsorizzazioni del brand “Formula 1”, che alla promozione di una serie sportiva moderna, aperta al mondo, con regole chiare, ma senza gabbie carcerarie. Costoro non si sono mai il dubbio che la manna cadente dal cielo potrebbe finire da un momento all’altro.

La ricetta migliore sarebbe anche facile: incrementare la competizione attraverso una deburocratizzazione delle regole, perfino di quelle che colpiscono i piloti al primo contatto senza colpa. In fondo, pensare che Gilles Villeneuve e René Arnoux oggi avrebbero rischiato la superlicenza per il duello di Digione 1979 fa male al senso comune degli appassionati di corse automobilistiche, prima ancora che alla logica della competizione tout court.

Punire i recidivi e i delinquenti delle piste è una cosa, esagerare nel cassare ogni minimo contatto è una sciocchezza degna di questi tempi in cui conformismo e demagogia sono due pilastri della socialità. Anche in Formula 1.

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John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.

Un pensiero su “La lezione della Mercedes in Bahrain e le regole “carcerarie” della F1

  • 10/04/2014 in 13:20:31
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    Le regole della F1 assumono le connotazioni di una vocazione suicida. Basti pensare che è l’unico sport dove è vietato prepararsi e allenarsi in campo: tutto si deve svolgere al simulatore. Per contro, è uno sport fitto di regole e regolette, non di rado aggirabili da chi sa fare meglio il furbo,su pesi, carburante, gomme e altro che mortificano l’abilità dei piloti e dei progettisti. L’autorevole rivista internazionale TIME dedicò, quattro anni fa, la copertina e 6 pagine ai litigi e agli “scandals” della F1.
    Le considerazioni di allora sono in gran parte valide oggi: di questo passo, la F1 ha un futuro?

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