Sicilia, la finta pace tra Crocetta e il PD. Raciti: non vincolati a sostenere il governo. Ma dimettersi tutti, no?

Prosegue la saga tra l’ex sindaco di Gela e il suo partito, spaccato all’Ars come mai. Forse sarebbe il caso di commissariare la Sicilia per manifesta incapacità ad autogovernarsi

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Il Pd non è vincolato ad alcuna forma di sostegno a questo governo“, ha dichiarato ai gironalisti dell’AGI il segretario del Pd siciliano, Fausto Raciti (cuperliano), il giorno dopo la nuova prova di forza del governatore Rosario Crocetta che ha distribuito le deleghe, facendo saltare l’ennesimo tentativo di dialogo con il Partito democratico.

Crocetta “si era impegnato – spiega il segretario regionale del Partito Democratico – a un confronto con l’impegno a chiudere l’eventuale accordo domenica. Invece è arrivata questa scelta che dimostra come la sua apertura fosse di facciata. Così all’Ars raccoglierà un partito spaccato e mai così diviso“. Sarà “il primo rimpasto della storia che si conclude con numeri più deboli di quelli precedenti“, commenta Raciti, rappresentando una situazione esplosiva, se l’aggettivo in Sicilia non assumesse significati sinistri.

La spaccatura del PD peraltro è in ottima compagnia, perché si affianca ai problemi interni all’Udc, partito che ha mezzo gruppo all’Ars – compresi il capogruppo, Lillo Firetto, e il presidente della commissione Bilancio, Nino Dina, – che ha già minacciato di sfilarsi.

La soluzione è complessa, perché per Raciti la ricetta per sistemare il profondo disaccordo maturato con la segreteria siciliana del partito (ma non con la direzione nazionale: complimenti…) non passa per l’inserimento di un cuperliano in giunta, ma in una revisione prima dell’avvio dell’attività di governo di tutta la delegazione democrat.  “È tutta la delegazione del Pd che deve essere rivista. Così come la presenza di Fiumefreddo in giunta compromette gravemente il profilo del governo. A queste condizioni noi non ci stiamo“.

Parole, quelle di Raciti, che si devono rapportare a quelle della vicesegretaria regionale del PD, Mila Spicola, che su Twitter spinge il governo Crocetta all’azione.

Ma vista la qualità dell’attività di governo, forse l’azione migliore sarebbe che si dimettessero tutti e si sciogliesse questa esperienza di governo, in cui lo spirito antimafia è “solo una finzione”, solo per citare il giudizio di Nicolò Marino nell’intervista ad Accursio Sabella su LiveSicilia. Parole cui Rosario Crocetta ha risposto da Facebook, in modo sintetico (e non del tutto infondato).

 

 

Ma la spaccatura del PD in Sicilia è l’ennesima dimostrazione dell’immaturità democratica di una società, quella siciliana (ma non è la sola), che forse avrebbe bisogno di una sospensione dei processi di autogoverno per alcuni anni, giusto il tempo per depurare la res publica dalle infiltrazioni criminali: non solo mafiose tout court – che sono sempre il convitato di pietra in Sicilia – ma anche di quelli che Santo Versace chiama i prenditori, ossia gli approfittatori delle risorse pubbliche (burocrati, finti imprenditori, clientes, solo a titolo indicativo).

Forse Confindustria dovrebbe togliere il supporto a una giunta che non ha fatto fare un passo avanti alla Sicilia (con merito o demerito del presidente non sta a noi dirlo, le colpe e le responsabilità non possono mai essere di una persona sola, così come i meriti), perché il rispetto delle istituzioni non passa per i toni roboanti, ma per il rispetto perfino delle procedure basilari dell’attività di governo. E, come Marino spiega nella sua intervista su LiveSicilia, su quel fronte c’è un baratro assoluto, non casuale.

Come possa la classe dirigente siciliana sopportare l’arretratezza, la farraginosità, la marginalità della Sicilia, malgrado sia una terra di straordinarie capacità, amata da chiunque (forse meno dai siciliani che ne conoscono i meandri malefici), è un mistero. Si potrebbe invitare a una “sveglia generale”, ma forse è il sonno di tanti che contribuisce all’imperio di pochi e spesso di non comune ignoranza.

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